Una settimana per costruire un’alternativa. Dopo che con una “mossa unilaterale” l’azienda Berco ha avviato una procedura di licenziamento (e deciso lo stop al contratto integrativo) per 480 operai della fabbrica di Copparo, in provincia di Ferrara, si apre qualche spiraglio per i lavoratori a rischio esubero. Nel corso del vertice al Ministero delle imprese e del Made in Italy tra sindacati, azienda e il ministro Adolfo Urso, i licenziamenti sono stati per ora ‘congelati’, almeno per sette giorni.

L’azienda ferrarese, nata proprio a Copparo e ora parte dell’universo del colosso tedesco Thyssenkrupp, produce componenti e sistemi sottocarro per macchine movimento terra cingolate e le relative attrezzature per la revisione e la manutenzione. Nello stabilimento in provincia di Ferrara lavorano circa mille dipendenti, quindi la procedura di licenziamento interesserebbe quasi la metà degli assunti. Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm avevano immediatamente dichiarato lo stato di agitazione e invitato i lavoratori a uscire dalla fabbrica, e ora rilanciano: “Non abbiamo ancora una soluzione, non c’è il ritiro della procedura, ma abbiamo sette giorni di tempo per verificare se ci sono le condizioni affinché l’azienda ritiri questa procedura. Se invece andrà avanti, vuol dire che ha un suo disegno che prescinde dal territorio, dai lavoratori e dalle lavoratrici, cosa che non accetteremo in nessun modo“, avverte Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil.

Per ora, la scure dei licenziamenti resta, con il rischio che sia stato soltanto guadagnato qualche giorno di tempo. “Thyssenkrupp decida: o c’è e rilancia, oppure si apra una nuova discussione sul futuro industriale di questa azienda e del territorio”, rivendicano dalla Fiom-Cgil. Tutto rinviato al 14 novembre, data del nuovo incontro in sede ministeriale: “L’obiettivo – spiegano dal ministero con una nota – è favorire un confronto tra le parti rispetto alla situazione aziendale e in grado di superare l’attuale procedura di licenziamento collettivo. Questo è il primo confronto nazionale su una vertenza che, ovviamente, è importante a livello territoriale, ma lo è anche per la politica industriale del nostro paese, perché riguarda un settore strategico che attraversa un periodo di crisi legata a vicende geopolitiche. È necessario quindi porre il confronto sui binari giusti”, ha affermato il ministro Urso.

Fuori dal ministero in presidio intanto a protestare c’erano un centinaio di lavoratori a rischio licenziamento, chiedendo garanzie sul proprio futuro occupazionale: “Sono in Berco da quando ero giovane, da quasi trent’anni”, spiega un lavoratore che porta e mostra una bandiera che raffigura “Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo: “Quest’opera è rivoluzionaria, simbolica delle lotte dei nostri nonni e dei lavoratori per conquistare quei diritti che oggi le multinazionali ci vogliono cancellare. Mi sento messo da parte, dove lo trovo un nuovo lavoro a oltre 50 anni?”, rivendica.

Non è il solo: “Sono stata tra le prime donne a essere assunta, nel ’99, ho passato degli anni positivi, ma gli ultimi sono stati una sofferenza, c’era sempre qualcosa per cui dover scioperare e lottare”. Ora la storia si ripete: “Sembra come trovarsi in un’Olimpiade: ogni quattro anni tutto si ripete e rischiamo di perdere il lavoro, siamo stanchi, esausti“, racconta un altro lavoratore, delegato Rsu Fiom Cgil nello stabilimento di Copparo. Ma a temere per il loro futuro sono anche gli operai di Castelfranco Veneto, dove si trova un altro stabilimento Berco: “Per ora da noi i licenziamenti (inizialmente 70 erano quelli previsti, ndr) sono stati fermati, ma c’è stato lo stop al contratto integrativo. Chiaro però che se passa il disegno dell’azienda, arriveranno presto anche da noi”. Anche perché, spiegano i lavoratori, con un taglio drastico del personale, il futuro di Berco sarà segnato.

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