Politica

L’incontro di Meloni con Pinelli è un caso. “Stupore” del Colle, “ignari” i consiglieri del Csm. Pd, M5s e Avs: “Ingerenza del governo”

Il capo dello Stato è stato informato ad appuntamento già preso. Al Consiglio superiore della magistratura, invece, molti lo hanno scoperto dalle agenzie di stampa. È diventato un caso l’incontro tra Fabio Pinelli e Giorgia Meloni. Il vicepresidente del Csm è stato ricevuto ieri a Palazzo Chigi dalla premier. Un faccia a faccia voluto dalla leader di Fratelli d’Italia proprio nella stessa giornata in cui l’Associazione nazionale magistrati teneva la sua assemblea pubblica a Bologna. Un evento organizzato proprio dopo gli ultimi attacchi del governo alle toghe. È anche per questo motivo se quello della premier viene considerato da più parti come uno atto politico, duramente contestato dall’opposizione: il Movimento 5 stelle, il Pd e l’Alleanza Verdi Sinistra parlando di “ingerenza” dell’esecutivo per “intimidire l’ordine giudiziario“. Solo l’ultima puntata di uno scontro continuo tra poteri dello Stato, deflagrato nelle ultime settimane a causa delle sentenze relativa alla politica migratoria. Ma andiamo con ordine.

Il faccia a faccia – Nel pomeriggio di lunedì 4 novembre l’avvocato scelto dal partito di Matteo Salvini è entrato a Palazzo Chigi senza essere notato dai cronisti. A dare notizia dell’incontro è stato un breve comunicato della Presidenza del Consiglio che inserisce “la visita” di Pinelli “nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti Istituzioni“. Dicono che il faccia a faccia fosse in programma da tempo. In realtà, però, dell’incontro non c’era traccia nell’agenda ufficiale della presidente del consiglio, diffusa ai cronisti. Segno che evidentemente non si è trattato di una visita organizzata con tutto questo anticipo.

Lo “stupore” del Colle – Di sicuro c’è solo che l’incontro Meloni e Pinelli ha provocato profondo “stupore” al Quirinale. L’avvocato eletto dalla Lega a Palazzo dei Marescialli, infatti, è “soltanto” il vicepresidente del Csm. Il presidente, come è noto, è Sergio Mattarella, massimo garante dell’autonomia della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato. Dell’incontro tra Pinelli e Meloni, però, pare che il Quirinale sia stato informato solo due giorni fa, quando l’appuntamento era stato già preso. Ma si è trattato di una comunicazione informale: il vicepresidente del Csm ha semplicemente informato il capo dello Stato che si sarebbe recato da Meloni. Ma non c’è stato alcun accordo sul contenuto dell’incontro. E tanto meno sui metodi usati per renderlo pubblico. Ecco perchè l’inquilino del Colle è rimasto “stupito” quando ha appreso del comunicato di Palazzo Chigi. Una nota che conferiva istituzionalità al faccia a faccia. Non esattamente un esempio di correttezza istituzionale.

Il Csm all’oscuro – Certamente sono stati tenuti all’oscuro del meeting tra Meloni e Pinelli molti consiglieri di Palazzo dei Marescialli. Per questo numerosi togati considerano quella di Pinelli come un’iniziativa autonoma del vice presidente. Fonti vicine al vertice del Csm cercano di buttare acqua sul fuoco e parlano di “un normale incontro istituzionale come quelli che lo stesso Pinelli ha già avuto con altri rappresentanti delle istituzioni”. In ogni caso è un fatto che un colloquio come quello di ieri ha pochi precedenti negli ultimi anni. “Mi sbaglierò ma a memoria non ricordo di una convocazione del vicepresidente del Csm da parte del presidente del Consiglio. Grave la convocazione. Grave che Pinelli l’abbia accettata. Il silenzio del Guardasigilli non sorprende”, è il commento di Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia del Pd, il primo politico a contestare la vicenda.

Una giornata particolare – La polemica, però, non è legata solo al fatto che il numero due dell’organo di autogoverno delle toghe sia stato convocato dalla principale esponente del potere esecutivo. La visita di Pinelli a Palazzo Chigi, infatti, arriva nello stesso giorno in cui l’Anm, il sindacato delle toghe, ha tenuto la sua assemblea pubblica a Bologna. Un segno di vicinanza ai giudici di quel distretto, attaccati dalla premier in persona dopo aver rinviato alla Corte Ue il nuovo decreto sui Paesi sicuri del governo. Proprio mentre la Presidenza del Consiglio diffondeva il comunicato con cui dava notizia dell’incontro tra Pinelli e Meloni, tra l’altro, i giudici di Catania dichiaravano illegittimo lo stesso provvedimento in tema di immigrazione. Una decisione che ha provocato la reazione di Matteo Salvini: negli stessi istanti in cui Pinelli imboccava l’uscita di Palazzo Chigi, il leader del Carroccio si produceva nell’ennesimo attacco ad “alcuni giudici comunisti“, che sarebbero colpevoli di non applicare le leggi, rendendo l’Italia un “Paese insicuro“.

Il canovaccio del governo – L’uso dell’aggettivo “alcuni” da parte di Salvini sembra indicare una sorta di canovaccio ormai seguito da vari esponenti di governo: non sono tutti i giudici a fare il male del Paese, ma solo alcuni, quelli “comunisti” appunto. Non è un caso che Meloni abbia fatto trapelare sui giornali un concetto molto simile: lei non intende dialogare solo con “chi fa politica con la toga addosso“. Esiste, invece, una proficua collaborazione con tutti gli altri. E pazienza se a rappresentare questi ultimi sia proprio Pinelli, scelto dalla Lega per fare il vicepresidente del Csm dopo aver difeso alcuni big del Carroccio. Noto, tra l’altro, perché in passato ha usato la sua poltrona nel plenum del Consiglio per attaccare la categoria dei magistrati inquirenti. È in questo clima che la premier accelera sulla separazione delle carriere in magistratura. Una riforma che modificherà anche il Csm e sul quale il governo punta al primo via libera entro la fine dell’anno.

Opposizione all’attacco – Oltre a destare lo “stupore” del Quirinale, il faccia a faccia Meloni-Pinelli ha provocato anche la reazione dell’opposizione. Secondo il Movimento 5 stelle si tratta dell’ennesima “ingerenza di un governo che le sta provando davvero tutte per condizionare ed intimidire l’ordine giudiziario, in assoluto spregio del principio della separazione dei poteri e della correttezza tra le istituzioni”. Secondo Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, “non può inoltre passare inosservata la condotta della presidente del Consiglio, che ha scelto di prendere parte a un incontro inopportuno, perseguendo una linea di conflitto continuo con la magistratura, con l’evidente intento di comprometterne l’indipendenza“. Per Filiberto Zaratti di Avs, invece “la destra gioca allo sfascio. Non era mai accaduto prima d’ora che il vicepresidente del Csm venisse convocato dal presidente del Consiglio”.