La cosiddetta “stanza dell’ascolto”, assegnata alle associazioni anti-abortiste all’interno dell’ospedale Sant’Anna di Torino e inaugurata tra le polemiche a settembre, non ha mai aperto. Nel centro ostetrico e ginecologico, la sala in cui i movimenti pro-vita dovrebbero fornire assistenza e far cambiare idea alle donne incinte che vorrebbero interrompere la gravidanza, non è ancora entrata in funzione, nonostante la cerimonia e i proclami: “La rivoluzione delle culle procede sulla strada della libertà e della autodeterminazione della donna e delle famiglie”, aveva dichiarato il 9 settembre l’assessore regionale alle politiche sociali del Piemonte, Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), forte sostenitore dei movimenti antiabortisti. Rivoluzione in stand by: la stanza sarà chiusa ancora per qualche tempo per via dei lavori di ristrutturazione.

“Sulla cosiddetta ‘Stanza dell’ascolto’ avevamo ragione noi: la stanza antiabortista non è mai stata nemmeno un solo giorno aperta. È solo il frutto di propaganda fatta sulla pelle delle donne con soldi pubblici”, dichiarano Elena Ferro e Anna Poggio della Cgil insieme a Laura Onofri di “Se non ora quando”. Un anno fa le due organizzazioni avevano presentato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per chiedere l’annullamento della convenzione tra l’azienda ospedaliera e l’associazione Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la vita “G. Foradini” di Rivoli. Tuttavia a gennaio i giudici amministrativi non hanno sospeso l’efficacia dell’atto perché i locali destinati ai pro-vita non erano ancora pronti e quindi non c’era l’urgenza di decidere. A settembre le rappresentanti del sindacato avevano poi fatto un sopralluogo dimostrando che la stanza, al quarto piano di una palazzina dietro la struttura ospedaliera, era ancora inagibile.

Di fronte alla concessione di uno spazio pubblico ai pro-vita, associazioni femministe e opposizione denunciano le carenze della sanità pubblica: ad esempio, sempre all’interno del Sant’Anna, il Centro Nascite, “strumento vero e concreto di attenzione, supporto, sostegno professionale alle donne in gravidanza, è chiuso da un anno perché i locali erano inagibili e dovevano essere ristrutturati”, ricordano Ferro, Poggio e Onofri. Mancano inoltre “tanti laboratori, cosa che rende se possibile ancora più grave la scelta di riservare uno spazio ad associazioni che hanno la missione statutaria di combattere contro la legge 194/1978” sull’interruzione volontaria della gravidanza, affermano le tre consigliere regionali di Alleanza verdi sinistra, Alice Ravinale, Valentina Cera, Giulia Marro.

Attenzione anche all’utilizzo del denaro pubblico stanziato dalla giunta Cirio in questi anni al Fondo Vita Nascente, un totale di quasi 2,5 milioni di euro di cui 400mila euro nel 2022, 940mila nel 2023 e ancora nel 2024: “Da tre anni la Regione Piemonte eroga fondi ad associazioni che ne dispongono senza criteri oggettivi, senza alcuna trasparenza, senza un controllo rigoroso”, denunciavano pochi giorni fa i consiglieri M5s Sarah Disabato, Alberto Unia e Pasquale Coluccio. Disabato ha richiesto e ottenuto i documenti e le rendicontazioni presentate alla Regione dalle associazioni destinatarie degli aiuti finanziari: “I rendiconti non sono esaurienti, ma abbiamo trovato dati interessanti, ricevute di affitti o il pagamento di rate del mutuo – spiega la consigliera, che valuta l’idea di presentare un esposto alla procura della Corte dei conti –. Sembra che le associazioni anti-abortiste abbiano erogato aiuti in maniera incontrollata. Noi riteniamo che debba essere la Regione ad adottare misure strutturali di aiuto alle donne e alle famiglie, non le associazioni”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Cristina Guarda, Ppe e destra negano all’eurodeputata neomamma di audire Fitto da remoto. “Metsola trovi una soluzione”

next
Articolo Successivo

Essere musulmani in Europa è più difficile: i dati del report Ue. “Uno su due è vittima di discriminazione”. Ma in Italia va un po’ meglio

next