Il settore attende con impazienza l'introduzione del Decreto sulla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) attualmente in stallo alla Commissione Europea, un documento cruciale che consentirebbe alle aziende di organizzare la gestione del fine vita dei prodotti, favorendo il riciclo e il riutilizzo dei rifiuti tessili
“Il settore tessile-moda italiano punta con decisione sull’economia circolare, ma per raggiungere gli obiettivi ambientali chiede regole chiare per gestire i rifiuti tessili“. È questo l’appello lanciato al termine del convegno “La transizione circolare del tessile made in Italy”, organizzato da SAFE e dai consorzi Retex.Green e Re.Crea a Ecomondo, la fiera della green economy di Rimini. L’industria tessile italiana, che nel 2023 ha fatturato oltre 102 miliardi di euro, è consapevole del suo impatto ambientale ed è pronta ad impegnarsi per una gestione più sostenibile dei rifiuti e un’economia circolare. Tuttavia, mancano regole chiare per gestire i rifiuti tessili, che in Italia potrebbero ammontare a circa 14 chili pro capite per un totale di 1 milione di tonnellate annue. Il settore attende con impazienza l’introduzione del Decreto sulla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) attualmente in stallo alla Commissione Europea, un documento cruciale che consentirebbe alle aziende di organizzare la gestione del fine vita dei prodotti, favorendo il riciclo e il riutilizzo dei rifiuti tessili.
“La grande disponibilità di materiali riciclati data dagli obiettivi dell’EPR si integrerà con la necessità di garantire contenuto riciclato nei prodotti, data dal nuovo regolamento sull’ecodesign“, ha spiegato Pietro Luppi, esperto di economia circolare tessile, ad Ecomondo. “Oggi il recupero dei rifiuti tessili si basa su aspettative di riutilizzabilità del 50%, ma quando i volumi aumenteranno, il riciclaggio diventerà cruciale”. “Stiamo sviluppando sistemi innovativi di riconoscimento automatico delle fibre”, ha aggiunto Massimiliano Marin, responsabile tessile di SAFE. “Ma ci sono ancora criticità tecniche da superare, come la gestione dei tessuti con più fibre o con elevate percentuali di elastomeri”.
Al momento, infatti, oltre al tradizionale riciclaggio “fiber-to-fiber”, si stanno aprendo nuove opportunità per le fibre tessili riciclate, in particolare nel settore automotive, edile e dell’isolamento termoacustico. Ma non solo: ci sono infatti anche aziende del settore che intanto si sono mosse in autonomia e hanno già approntato processi di riciclo. Come ad esempio, Calzedonia, il brand italiano leader nel settore della calzetteria e del beachwear, che ha presentato proprio ad Ecomondo LIFE RE-TIGHTS, un’iniziativa ambiziosa che mira a rivoluzionare il ciclo di vita dei collant, trasformandoli da rifiuti a nuove risorse. Il progetto si pone l’obiettivo di trovare una soluzione innovativa per il riciclo dei collant post-consumo: grazie a una tecnologia avanzata e a un impianto pilota, l’azienda è in grado di recuperare il 100% della poliammide dai collant usati, mantenendone inalterata la qualità. Questo progetto, che ha ottenuto i fondi del programma europeo Life, mira quindi a chiudere completamente il ciclo di vita dei collant, raccogliendoli nei punti vendita, trasportandoli agli stabilimenti e rigenerandoli in nuovi prodotti.
“La circolarità è il futuro del nostro settore e rappresenta un’opportunità per differenziare il Made in Italy, ma è fondamentale che la normativa di riferimento sia in linea con le esigenze del mercato e che ci sia un dialogo costante per affrontare insieme queste sfide”, si aggiunge Roberto Tognoli, direttore del consorzio Re.Crea, nato da un paio d’anni per volontà di imprenditori aderenti a Camera Nazionale della Moda Italiana. “Seguendo la normativa europea che sta per essere finalizzata, occorre che le imprese del Made in Italy continuino ad utilizzare materie prime di alta qualità che garantiscano la durabilità dei capi”, puntualizza Tognoli.
Da qui l’appello al legislatore: “Ora tutto si gioca sugli atti delegati che la Commissione Europea dovrà redigere“, ha avvertito Mauro Chezzi, vicedirettore di Sistema Moda Italia. “Nel dialogo con la Commissione puntiamo a ottenere prescrizioni in grado di valorizzare il know-how della filiera e il ruolo dei produttori nella trasformazione sostenibile”. In attesa del Decreto EPR, il settore si sta già muovendo: “Abbiamo messo sotto controllo la filiera creando una rete di trasportatori, punti di stoccaggio e impianti di trattamento”, ha concluso Giuliano Maddalena, Ceo di SAFE. “Ma per fare il salto di qualità serve il quadro normativo adeguato”.