Se qualcuno crede che Wall Street in queste settimane stia scendendo per l’incertezza politica causata da Trump, farebbe meglio a ricredersi. Vero, dai primi di ottobre il magnate è in ascesa nei sondaggi; tuttavia la continua forza del dollaro dimostra che l’estremismo politico non spaventa i mercati. La borsa è (moderatamente) preoccupata solo dalle misure economiche annunciate. Trump intende:

a) tornare al protezionismo commerciale degli anni ’30;
b) abbassare le tasse ai ricchi e alle corporations, aumentando il deficit pubblico;
c) deportare 12 milioni di immigrati clandestini.

Ecco alcune conseguenze economiche attese:
– I dazi causeranno un ritorno dell’inflazione. La Fed reagirà alzando i tassi d’interesse.
– Il deficit pubblico assorbirà buona parte del risparmio di famiglie e imprese: la scarsità di risparmio metterà pressione sui tassi di interesse.
– L’espulsione degli immigrati renderà scarsa la manodopera, mettendo pressione sui salari, i costi produttivi, i prezzi, quindi i tassi d’interesse.

Tutto fa pensare a un forte aumento dei tassi d’interesse. Infatti, anticipando, in ottobre i tassi di mercato sono vistosamente saliti. La borsa non ama i tassi elevati: perciò – nonostante le promesse di sgravi fiscali – scende. Il dollaro forte conferma. Tuttavia, i mercati ignorano l’estremismo politico di Trump a loro rischio e pericolo. Se non obiettassero ai regimi autoritari, dovrebbero almeno temere i costi di transizione. L’impressione invece è che molti, in America, sottovalutino la pericolosità del signor Trump.

Sul piano economico, nel medio-lungo periodo, la de-globalizzazione (a) – se attuata – colpirebbe i commerci, quindi la produttività e il Pil in molti Paesi. Negli Usa, un’aggravante sarebbe il caos produttivo generato dall’espulsione dei migranti. Il debito pubblico, poi, andrebbe su traiettorie insostenibili. Le crisi finanziarie – negli Usa e nei Paesi in via di sviluppo indebitati – non tarderebbero a manifestarsi.

Sul piano politico, solo recentemente gli intellettuali, i politici, e i media americani hanno cominciato ad attribuire a Trump l’aggettivo che gli compete: “fascista”. La presa di coscienza della sfida democratica negli Usa è appena all’inizio. Viceversa, Trump si prepara da anni.

In caso di sconfitta, i trumpiani disconosceranno il risultato elettorale. Come nel 2020. Ma stavolta hanno un piano e un’organizzazione dedicata, che sul territorio si avvale di migliaia di avvocati, coordinatori, gruppi d’azione. Trump si limita a martellare che i democratici possono vincere solo con le frodi; e denuncia ogni giorno, a sproposito, un aspetto diverso del processo elettorale.

L’alleato Elon Musk, proprietario di X (Twitter), ha investito decine di milioni in una campagna di fake news che mira a screditare il processo elettorale. Gli uffici elettorali tentano di ribattere, di chiarire come stanno le cose, ma sono sopraffatti da ondate di disinformazione sui social; alle quali, secondo l’Fbi, contribuisce anche la Russia. Per me il quadro è chiaro: i trumpiani violeranno la legge fino alla violenza, ‘se necessario’. Al tempo stesso, useranno la legge in modo fraudolento con l’aiuto di personaggi compiacenti, nel Congresso, nella Corte Suprema, fra i giudici, ai vertici di alcuni Stati, per rubare la Presidenza. La situazione sarà ancor più esplosiva se i margini di Harris (come dicono i sondaggi) saranno minimi. A livello internazionale, c’è anche il rischio che qualcuno tenti nuove avventure militari, o aggravi quelle in corso.

In caso di vittoria elettorale, Trump ha annunciato quattro anni di forzature antidemocratiche. Dopo l’insediamento (20/1/2025) scatenerà una tempesta contro i “nemici interni”: politici, giornalisti, finanzieri, oppositori, alcuni dei quali ha indicato per nome. E vuole espellere “rapidamente” 12 milioni di immigrati illegali che vivono negli Usa. Con tutti i prevedibili corollari: la ricerca casa per casa di chi si nasconde, la delazione nei luoghi di lavoro e negli ospedali, la separazione dei figli dalle madri senza permesso di soggiorno, ecc. Lo scopo dell’operazione è politico: creare un clima di “noi e loro”, che diventerà “noi” contro di “loro” non appena qualche immigrato reagirà con la violenza.

Una doppia domanda a questo punto si pone.
1. Davvero Trump intende sovvertire l’ordine costituzionale? davvero è disposto a “usare la Guardia Nazionale o … l’esercito”, fino a sparare sugli americani?
2. Glielo lasceranno fare?

Il fascismo ha quasi sempre conquistato il potere con l’intimidazione, la seduzione e l’ambiguità, non con la forza. Nella fase ascendente sia Mussolini che Hitler ricevettero le chiavi del potere esecutivo da chi li considerava macchiette manipolabili ai propri fini. Entrambi avevano chiaramente annunciato le proprie intenzioni.

Il candore in questi casi serve a: (1) diffondere i nuovi dis-valori; (2) stimolare l’auto-organizzazione dei seguaci; (3) selezionare una classe dirigente fedele. Al tempo stesso, i leader fascisti lasciano credere che la loro sia pura retorica… per evitare reazioni dello Stato. Nel primo mandato Trump si circondò di repubblicani che ne frenarono l’estremismo (non così stavolta). Quei collaboratori hanno rivelato molte cose: in una occasione Trump chiese di sparare su dei manifestanti. Insomma, Trump fa sul serio.

Glielo lasceranno fare? Prendiamo lo scenario più estremo. Il presidente Trump ordina all’esercito di intervenire. Trattandosi di una iniziativa anticostituzionale, solo due generali obbediscono; gli altri restano nelle caserme… ma senza contrastare i generali trumpiani; e vengono immediatamente sostituiti. Morale della favola, la Storia insegna: non è facile contrastare un fascista che diventa Capo dell’Esecutivo.

In conclusione: l’elezione di oggi sarà decisa dalle scelte fatte oggi dagli elettori indecisi. Queste scelte non sono più rilevabili dai sondaggi. Ma se negli ultimi giorni avremo visto un forte indebolimento del dollaro, vorrà dire che i mercati (gli elettori) cominciano a temere l’estremismo politico: Harris potrebbe vincere. In caso contrario, Trump è favorito.

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