Sontuosa, inaspettata e quasi nostalgica la vittoria del Milan al Bernabeu, per 3 a 1 contro il Real Madrid. Oltre il risultato, che tiene ampiamente in corso per gli ottavi, c’è la prestazione maiuscola della squadra di Fonseca in Champions League, che di fatto annulla il Real Madrid e che anzi, avrebbe meritato forse un […]
Sontuosa, inaspettata e quasi nostalgica la vittoria del Milan al Bernabeu, per 3 a 1 contro il Real Madrid. Oltre il risultato, che tiene ampiamente in corso per gli ottavi, c’è la prestazione maiuscola della squadra di Fonseca in Champions League, che di fatto annulla il Real Madrid e che anzi, avrebbe meritato forse un risultato anche più rotondo per le occasioni avute.
Parte forte e bene il Milan, con Leao titolare dopo panchine e polemiche e con Reijnders in gran crescita: i rossoneri si difendono con ordine e non rinunciano ad attaccare un Real che non ha nella solidità difensiva la sua arma migliore. Al dodicesimo i rossoneri passano anche in vantaggio con Thiaw che di testa su calcio d’angolo anticipa tutti. Poi certo, il Real è il Real, quello che perde 2 a 0 col Borussia e poi decide di rifilargli cinque gol in scioltezza: a una squadra del genere sarebbe meglio non concedere ingenuità come quella di Emerson Royal, che nel tentativo di fermare un’azione pericolosa va giù in scivolata in area: un invito a nozze per Vinicius che trova le gambe di Royal e la rete sul rigore che batte lui stesso con un cucchiaio. Ma al netto delle differenze e del fattore campo è tutto un altro Milan rispetto a quello visto contro il Monza, contro il Napoli e nelle gare di Champions precedenti: un Milan con personalità e cattiveria, che ruba palla a centrocampo e nella ripartenza punisce il Real con Morata, in tap in su una respinta corta di Lunin.
La reazione del Real è scomposta, disordinata e tutta affidata alla giocata dei singoli, che sì, sarebbe pure lecito visto che i singoli sono Mbappé, Bellingham e Vinicius, ma i difensori rossoneri concedono poco e niente e quando non sono Thiaw e Tomori ad arginare gli attacchi dei blancos ci pensa un Maignan ritornato monumentale. E non cambia la situazione nella ripresa: il Real fa possesso e cerca il merletto, il Milan si difende senza grossi patemi e con grande attenzione e sfodera la sciabola quando il fianco blancos, sempre il destro, è scoperto. Leao torna devastante, tanto più se non ha Dani Carvajal a contrastarlo, e quando al 73esimo si beve Militao vede Reijnders in area e gli offre il pallone del tre a uno che batte Lunin.
Un’uscita un po’ troppo avventurosa di Maignan permette al Real di accorciare le distanze con Rudiger, ma il fuorigioco millimetrico di Rodrigo porta il Var ad annullare la rete e far tirare un sospiro di sollievo ai rossoneri, che potrebbero chiudere addirittura sul 4 a 1 con un’azione fotocopia del terzo gol, ma stavolta confezionata da Theo e Loftus Cheek, con esito diverso per la parata di Lunin. La vittoria è meritatissima, la serata rossonera da ricordare: dai tifosi ovviamente, da Fonseca che la vince con le sue idee, da Leao, si vedrà se da includere alla voce precedente. Di certo la gara del Bernabeu può fare da spartiacque nella stagione del Milan, di Fonseca, di Leao: non esattamente in questo ordine. O forse sì.
Juventus ancora da pari, Bologna ancora beffato
Juve molto meglio rispetto alla gara con lo Stoccarda, ma a Lille arriva solo un pareggio. I bianconeri stavolta giocano e creano tanto, ma passano i francesi con l’oggetto del desiderio bianconero Jonathan David, che sfrutta una cosa a metà tra l’assist splendido di Zhegrova e il buco clamoroso della difesa. Poi Conceicao si conquista un rigore alla sua maniera e Vlahovic lo trasforma, ma la Juve non riesce a completare la rimonta, cogliendo il settimo pareggio su quindici partite disputate in stagione.
Ancora un’amarezza invece per il Bologna, sconfitto in casa dal Monaco nei minuti finali: ancora una volta gli emiliani sono generosi, collezionano occasioni, ma per la quarta volta su quattro gare giocate finora in Champions non segnano e vengono puniti da Kehrer, restando con un solo punto, nella zona di classifica che vale l’uscita dalla competizione.