Lavoro & Precari

Solo la Cisl firma il rinnovo del contratto per le funzioni centrali della pa. Cgil e Uil: “Gli aumenti coprono solo un terzo dell’inflazione”

Rottura totale tra i sindacati sul rinnovo del contratto 2022-24 del comparto Funzioni centrali, che interessa 195mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici tra cui Inps e Inail. Il testo, che prevede un incremento retributivo medio di 165 euro per tredici mensilità, è stato firmato solo dalla Cisl-Fp e dai sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, non da Fp-Cgil e Uil-Pa. I segretari generali di queste ultime, Serena Sorrentino e Sandro Colombi, attaccano: “Oggi il governo e l’Aran si prendono la responsabilità di scegliere la via della rottura di una trattativa ancora in corso, che lasciava ancora margini per migliorare un testo che non dà risposte adeguate alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto”. E parlano di “una forzatura“, sia perché la convocazione di oggi non era sulla chiusura del confronto ma sulla prosecuzione della trattativa sia alla luce dell’incontro convocato per lunedì a palazzo Chigi “tra i cui temi c’è anche la vertenza dei settori pubblici”.

“Non comprendiamo – proseguono – perché, nonostante la discussione sulla legge di Bilancio e sulle risorse da destinare al lavoro pubblico sia ancora in corso, si sia sentita la necessità di accelerare i tempi della trattativa, fino allo strappo con due delle organizzazioni sindacali più rappresentative. Nelle prossime settimane continueremo le assemblee per spiegare le ragioni della nostra valutazione alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto in tutto il Paese e sarà l’occasione per ribadire le motivazioni che ci portano allo sciopero del prossimo 29 novembre. Lavoratrici e lavoratori dei settori pubblici, che svolgono funzioni essenziali, meritano risposte su salari adeguati e non di subire la pesante ingiustizia di vedere riconosciuto solo un terzo dell’inflazione record registrata nel 22/24“. L’aumento di retribuzione ammonta infatti al 5,8%, 10 punti in meno rispetto a quel che servirebbe per compensare la perdita di potere d’acquisto cumulata nel triennio 2022-2024.

Secondo l’Aran le sigle firmatarie raggiungono la maggioranza del 54,6%. Il contratto prevede un incremento retributivo medio di 165 euro al mese, per tredici mensilità. Tra le principali novità, la possibilità della settimana corta, su quattro giorni: in via sperimentale e volontaria mantenendo le 36 ore settimanali. Il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, fa sapere che “Nel testo proposto ai sindacati c’è una dichiarazione congiunta in cui si dispone che le parti torneranno a incontrarsi, dopo la definitiva approvazione ed entrata in vigore della legge di Bilancio, qualora la stessa sia approvata con modifiche rispetto ai contenuti attualmente noti, ove si renda necessaria una revisione delle disposizioni contrattuali”.