Presidente eletto e imputato. Il 26 novembre è atteso in tribunale, a Manhattan, dove dovrà ascoltare un giudice determinare la sua condanna per il “caso Stormy Daniels”. Intanto Donald Trump, già passato alla storia come primo ex presidente a essere condannato per reati gravi, ha rivinto le elezioni. I suoi avvocati sono pronti a combattere nei quattro principali processi che lo vedono protagonista. E grazie alla possibilità di nominare il nuovo capo del Dipartimento di Giustizia The Donald potrà influire su alcuni di questi.
I prodromi della battaglia che verrà erano chiari già prima dell’election day. Il 24 ottobre Trump ha affermato che se fosse tornato alla Casa Bianca avrebbe licenziato Jack Smith, il procuratore speciale che ha mosso due delle accuse più gravi: aver organizzato un complotto per ribaltare la sua sconfitta alle elezioni del 2020 e aver conservato illegalmente materiale classificato dopo aver lasciato l’incarico. “Non credo che mi metteranno sotto accusa se licenzio Jack Smith”, ha detto quel giorno il tycoon al conduttore radiofonico conservatore Hugh Hewitt: “Lo licenzierei entro due secondi“, “è un uomo molto disonesto” e “corrotto“. In un’altra intervista, alla radio newyorkese WABC, è andato oltre: “Jack Smith dovrebbe essere considerato mentalmente squilibrato e dovrebbe essere cacciato dal paese”.
L’accusa più grave: cospirazione – Di cosa lo accusa esattamente Smith? In un procedimento incardinato a Washington il procuratore speciale lo accusa di quattro capi d’imputazione per reati gravi, tra cui cospirazione contro gli Stati Uniti e cospirazione per ostacolare un procedimento ufficiale, ovvero aver tentato di sfruttare il violento assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 per tentare di non lasciare la Casa Bianca. Il 1° luglio la Corte Suprema ha concesso una parziale immunità presidenziale a Trump nel processo per l’assalto a Capitol Hill, una franchigia che vale solo per gli atti ufficiali, ossia le azioni prese nei suoi poteri costituzionali, caso nel quale l’immunità è assoluta. Secondo la Corte, invece, Trump non è titolato all’immunità per le azioni prese nelle sue capacità private. La sentenza – la prima dalla nascita degli Stati Uniti che stabilisce che gli ex presidenti possono essere protetti da accuse di natura penale – ha consentito al processo di proseguire ma con forti rallentamenti perché si è dovuto distinguere tra atti ufficiali e atti privati. Negli ultimi mesi la giudice distrettuale Tanya Chutkan, nominata da Barak Obama, ha fissato una serie di scadenze per la presentazione delle istanze tra novembre e dicembre: ora gli avvocati del tycoon potrebbero chiedere di annullare le scadenze, data la sua imminente nomina ufficiale alla Casa Bianca.
I documenti top secret nascosti – In Florida, invece, Smith ha accusato Trump di 40 capi d’imputazione per aver accumulato documenti classificati nella sua tenuta di Mar-a-Lago e ostacolato i tentativi del governo di recuperarli. La giudice distrettuale Aileen Cannon, nominata da Trump nel 2020, ha archiviato il caso sostenendo che il procuratore generale Merrick Garland non aveva l’autorità di nominare Smith, il quale ha chiesto a una corte d’appello di riaprire il procedimento, ma è improbabile che il processo riprenda prima che Trump torni a sedere nello Studio Ovale. Una cosa è certa: Trump nominerà il nuovo capo del Dipartimento di Giustizia, che avrà ampi poteri nella gestione dei casi intentati da Smith tra cui quello di ritirare formalmente tutte le accuse federali che gli pendono sul capo.
“Manipolò le elezioni in Georgia” – Non è finita qui. Nell’agosto 2023 Fani Willis, procuratore distrettuale della contea di Fulton, ha accusato Trump di aver tentato di sovvertire le elezioni del 2020 in Georgia tentando di manomettere il processo di certificazione dei voti. Il procedimento è rimasto paralizzato per mesi in fase pre-processuale, dopo che Willis è stata accusata di avere un conflitto di interessi derivante dalla sua relazione con un procuratore a cui aveva affidato il caso. Un giudice ha respinto la richiesta di toglierle il caso, ma Trump ha impugnato la sentenza congelando per mesi tutti i procedimenti. Trump nell’agosto del 2023 fu arrestato per quel caso e la foto segnaletica fece il giro del mondo.
Ora l’esito dell’appello, atteso non prima del 2025, potrebbe risultare irrilevante: anche se Willis dovesse continuare a seguire il caso, Trump potrebbe tentare quantomeno di sospendere le accuse. Non esiste giurisprudenza certa in grado di rispondere alla domanda se un procuratore statale come Willis possa perseguire un presidente in carica, ma Trump potrà contare su una convinzione giuridica diffusa, secondo cui i presidenti godono di ampia immunità dai procedimenti giudiziari durante il mandato. In ogni caso, in base al principio secondo cui gli interessi nazionali prevalgono su quelli statali, i tribunali potrebbero non consentire a un procuratore statale di perseguire accuse penali contro un presidente in carica.
L’unica condanna: il caso Stormy Daniels – In uno solo dei processi che lo vedono imputato, Trump è stato condannato. È quello in corso a New York, nel quale a maggio il neo-presidente è stato giudicato colpevole di 34 capi di imputazione per aver falsificato documenti delle sue attività private per coprire un pagamento in denaro a Stephanie Clifford, pornostar nota come Stormy Daniels. L’ultima sentenza era attesa per il 18 settembre, ma due settimane prima il giudice Juan Merchan aveva rinviato la quantificazione della pena a dopo le elezioni. Ora Trump è atteso in tribunale il 26 novembre ma Merchan è chiamato a pronunciarsi il 12 novembre sulla possibilità che i verdetti di colpevolezza possano reggere alla luce della decisione della Corte Suprema sull’immunità presidenziale: anche se a New York Trump non è stato condannato per atti compiuti nelle sue funzioni di presidente, i suoi avvocati sostengono che le prove utilizzate per condannarlo sono comunque in contrasto con quella sentenza.
Se poi il 26 il giudice dovesse procedere con la condanna si troverà nella condizione senza precedenti di decidere se imporre fino a 4 anni a un imputato in procinto di insediarsi alla Casa Bianca. Se scegliesse per la prigione, i suoi avvocati potrebbero sostenere che, data l’età e la mancanza di precedenti penali, il neo-presidente non dovrebbe varcare la soglia del carcere e in ogni caso difficilmente sarebbe tenuto a scontare la pena prima della fine del mandato nel 2029. Se invece Merchan optasse per una pena alternativa, i legali del tycoon cercherebbero di dimostrare che i doveri costituzionali e gli impegni previsti dalla carica lo esimono dallo scontarla.
Le cause civili – Dulcis in fundo ci sono le cause civili. Sempre a Manhattan Trump è stato condannato a pagare oltre 450 milioni di dollari per aver alterato i dati relativi al suo patrimonio e il valore delle sue proprietà immobiliari per ottenere tassi favorevoli da banche e assicuratori. Il tycoon ha impugnato la sentenza e attende l’esito dell’appello. Deve anche 88 milioni alla giornalista E. Jean Carroll, per aver abusato di lei nel camerino di un grande magazzino negli anni ’90 e per poi averla diffamata quando ha reso pubblica la vicenda: per entrambi i casi si attendono i verdetti d’appello. Sempre per l’assalto a Capitol Hill, infine, i poliziotti feriti dalla folla e i membri del Congresso fuggiti per paura gli hanno fatto causa per danni, sostenendo che è legalmente responsabile della violenza.