Diritti

Essere musulmani in Europa è più difficile: i dati del report Ue. “Uno su due è vittima di discriminazione”. Ma in Italia va un po’ meglio

In Europa un musulmano su due è vittima di razzismo e discriminazione nella vita quotidiana ma l’Italia a pari merito con la Grecia registra uno dei tassi più bassi tra i Paesi dell’Unione coinvolti nell’indagine: 34%. Un dato più basso rispetto all’Austria (71%), alla Germania (68%) o alla Finlandia (63%). Una percentuale, tuttavia, che va […]

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In Europa un musulmano su due è vittima di razzismo e discriminazione nella vita quotidiana ma l’Italia a pari merito con la Grecia registra uno dei tassi più bassi tra i Paesi dell’Unione coinvolti nell’indagine: 34%. Un dato più basso rispetto all’Austria (71%), alla Germania (68%) o alla Finlandia (63%). Una percentuale, tuttavia, che va letta alla luce di altri due numeri: nel nostro Paese la consapevolezza degli organismi per la parità è tra le più basse (17%) e le segnalazioni sono pressoché inesistenti in Austria e in Italia, rispettivamente il 3% e il 2%. Sono le cifre raccolte nel rapporto “Essere musulmani in Ue”, redatto dall’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali che ha intervistato 9.604 musulmani in tredici paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svezia. I dati sono stati raccolti dall’ottobre 2021 all’ottobre 2022, prima degli attacchi di Hamas del 7 ottobre contro Israele e della guerra che ne è seguita nella Striscia di Gaza e in Libano. L’indagine evidenzia che in tutti gli Stati presi in esame donne, uomini e bambini musulmani sono presi di mira per la loro religione, per il colore della loro pelle e per il loro background etnico o di immigrati.

Le tabelle fornite dall’Ue dimostrano che c’è stato un forte aumento del razzismo contro i musulmani dall’ultima edizione dell’indagine del 2016 (39%), soprattutto per quanto riguarda il mercato della lavoro e degli alloggi. Considerando i cinque anni precedenti ecco la fotografia che ne esce. Nella maggior parte dei casi i musulmani subiscono discriminazioni nella ricerca di un’occupazione (39%) o sul luogo di lavoro (35%), un dato in aumento rispetto al 31 e al 23% di otto anni fa. Ciò ha un effetto a catena su altri ambiti della vita, quali l’alloggio, l’istruzione o l’assistenza sanitaria. Non è un caso che chi crede nella religione islamica abbia il triplo delle probabilità di abbandonare la scuola prima del tempo, rispetto alla popolazione generale dell’Ue (30% rispetto al 9,6%). Un dato che cammina insieme con il tasso di povertà: il 31% delle famiglie musulmane intervistate fatica ad arrivare a fine mese, rispetto al 19% delle famiglie in generale, mentre la probabilità di vivere in alloggi sovraffollati è doppia (40% contro 17%).

Tonando alla questione delle discriminazioni il rapporto precisa che i giovani, le persone con un’istruzione superiore, le persone con disabilità, così come le persone che indossano abiti tradizionali o religiosi o che si identificano come una minoranza (ad esempio lgbtqi o con disabilità), subiscono maggiori discriminazioni: chi tra loro proviene dai Paesi africani a sud del Sahara, sono costretti a sopportare livelli di razzismo più elevati rispetto a chi arriva dal Nord Africa, dalla Turchia o dalla Siria. A pagarne le conseguenze sono per lo più le donne che indossano abbigliamento religioso rispetto a chi non lo usa soprattutto nella ricerca di un lavoro (45% rispetto al 31%). La percentuale sale al 58% nel caso delle giovani (16-24 anni).

“Stiamo assistendo – spiega la direttrice dell’Agenzia Fra, European Union Agency for fundamental rights, Sirpa Rautio – a un preoccupante aumento del razzismo e della discriminazione nei confronti dei musulmani in Europa. Ciò è alimentato dai conflitti in Medio Oriente e aggravato dalla disumanizzante retorica antimusulmana che vediamo in tutto il continente. Invece di seminare divisioni nelle nostre società, dobbiamo garantire che tutti nell’Ue si sentano sicuri, inclusi e rispettati, indipendentemente dal colore della pelle, dalla provenienza o dalla religione”.

Numeri che rischiano persino di essere sottodimensionati se si tiene conto che la maggior parte dei musulmani non denuncia alcun episodio di discriminazione o razzismo perché pensa che la situazione non cambierebbe: solo il 6% delle vittime ha segnalato discriminazioni o ha sporto denuncia nell’anno precedente l’indagine e pochissime hanno segnalato gli incidenti a un organismo per le pari opportunità (4%).

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Nella foto in alto | La comunità islamica di Roma festeggia la fine del Ramadan nelle piazza della città (aprile 2024)