Un alleato propone le elezioni anticipate, il cancelliere lo licenzia, il terzo componente del governo annuncia il voto in primavera. Risultato: la coalizione semaforo di Olaf Scholz non c’è più. Ed è l’unico dato certo di una giornata politica che in Germania ricorderanno per molto tempo. L’inizio della crisi è certificata dalle parole del ministro delle Finanze Christian Lindner. Alla delicatissima riunione del comitato di coalizione presso la Cancelleria a Berlino, il titolare dell’Economia non ha proposto una via di fuga, né una soluzione alle enormi difficoltà di bilancio: l’unico suggerimento, secondo quanto riferito dalla Bild, è stato quello di indire nuove elezioni ad inizio 2025. La replica di Scholz? Netta: ha rifiutato la proposta del voto anticipato e ha licenziato Christian Lindner. La notizia è stata confermata da Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere tedesco. Dopo la decisione di Scholz, tuttavia, nella riunione si è discusso di diversi scenari: una delle opzioni più probabili, a quanto pare, è proprio quella di elezioni anticipate ad inizio marzo 2025. Ipotesi che diventa qualcosa di molto simile alla realtà poco dopo, quando a prendere la parola davanti alla stampa è stato Robert Habeck, vice cancelliere e presidente dei Verdi: “Noi procederemo in modo ordinato alle nuove elezioni e in primavera la Germania voterà“. Una ricostruzione che non spiega le dichiarazioni di Olaf Scholz.
Scholz: “Chiederò fiducia in Parlamento a gennaio” – Il cancelliere, infatti, si è presentato in conferenza stampa e ha spiegato i motivi che lo hanno portato a defenestrare il suo ministro delle Finanze. Prima, però, ha annunciato che chiederà un voto di fiducia in Parlamento a gennaio. “Mi sento obbligato a fare questo passo per evitare danni al Paese – ha spiegato Scholz – Abbiamo bisogno di un governo efficace che abbia la forza di prendere le decisioni necessarie per il nostro Paese”. Riguardo Lindner, invece, il cancelliere ha dichiarato che il ministro “ha perso la mia fiducia“. Nella fattispecie, Scholz gli ha imputato la rottura della coalizione, spiegando che ha rifiutato “un’offerta generosa”. “Devo ribadirlo ancora una volta – ha detto – Il ministro federale delle Finanze non è disposto ad attuare questa offerta a vantaggio del nostro Paese. Non voglio più sottoporre il nostro Paese a questo tipo di comportamento“. E ancora: “Chiunque entra a far parte di un governo deve agire in modo serio e responsabile. Deve essere pronto a scendere a compromessi nell’interesse di tutti i cittadini. Ma non è di questo che si preoccupa Christian Lindner. A lui importa della sua clientela – ha aggiunto Scholz – Ha a cuore la sopravvivenza a breve termine del suo partito”.
L’alternativa del Cancelliere – Nel pieno della crisi di governo, il cancelliere tedesco si è poi rivolto al leader dell’opposizione della Cdu Friedrich Merz per cercare velocemente soluzioni comuni. ”Ora cercherò molto rapidamente un dialogo con lui”, ha dichiarato Scholz, che ha detto di voler offrire al leader della Cdu l’opportunità di lavorare insieme in modo costruttivo sulle questioni “che sono cruciali per il nostro Paese: il rapido rafforzamento della nostra economia e la difesa”. Poi ha aggiunto: “E ora abbiamo bisogno di chiarezza su come possiamo finanziare solidamente la nostra sicurezza e la nostra difesa nei prossimi anni senza mettere a rischio la coesione del Paese. Si tratta di prendere la decisione – ha concluso – di cui il nostro Paese ha bisogno ora, cercherò di dialogare su questo con l’opposizione responsabile“.
La risposta di Lindner – “Purtroppo Olaf Scholz ha dimostrato di non avere la forza di dare al nostro Paese un nuovo inizio” ha risposto Christian Lindner, che ha detto la sua sul licenziamento. “Invece – ha aggiunto – da questo pomeriggio il Cancelliere federale ha chiesto che io sospenda il freno al debito nella Legge fondamentale. Non potevo accettare“. Lindner quindi ha accusato il leader della coalizione di aver proceduto ad un “calcolata rottura del governo”, partendo il paese “nell’insicurezza”. Nella sua ricostruzione di quanto accaduto, Lindner ha spiegato che il cancelliere aveva “posto l’ultimatum” di rinunciare al freno al debito. Le legge sul pareggio di bilancio che per costituzione impone alla Germania il pareggio dei conti, cavallo di battaglia del ministro. Lindner ha poi affermato che le proposte di Scholz sono “opache e non ambiziose”, aggiungendo che il proprio contributo – il documento sulla svolta economica – non sia stato preso in considerazione neppure come “consulenza”.
“Non so se il governo è ancora in carica” – Che il clima fosse diventato ancora più ostile e che la crisi fosse vicina a essere irreversibile, del resto, lo si è capito nel pomeriggio, quando il presidente della Cdu e leader dell’opposizione, Friedrich Merz, ospite ad un evento organizzato dall’associazione StartUp, ha bollato come “molto probabile” la fine dell’attuale coalizione del governo tedesco formata da Spd, Verdi e Spd. “Non so da un’ora se il governo è ancora in carica”, ha risposto Merz a una domanda sullo stato della coalizione, parlando anche della possibilità di nuove elezioni e del 9 marzo del prossimo anno come una data realistica per le urne anticipate. Negli stessi minuti ha parlato anche Lars Feld, consigliere capo di Lindner: a suo dire, la coalizione di governo con Spd e Verdi è destinata a crollare se non saranno accettate le linee guida presentate da Lindner per le misure di politica economica e finanziara. “Il documento di Lindner non è solo un altro documento finalizzato alla prossima campagna elettorale. Se non sarà possibile raggiungere compromessi con la Spd e i Verdi che implementino parti sostanziali delle proposte avanzate, la coalizione di governo sarà sull’orlo del collasso”, ha dichiarato Feld in un’intervista a Cicero.
Come si è arrivati alla rottura – I socialdemocratici tedeschi lo hanno ammesso ormai esplicitamente già domenica scorsa: la coalizione di Olaf Scholz è “in fiamme”. Ad accelerare i tempi di una fine dell’alleanza, data per possibile solo all’approvazione definitiva del bilancio in calendario il 14 novembre, è stato un documento con delle nuove proposte di Lindner, che ha fatto infuriare gli alleati. ‘Svolta economica e giustizia generazionale’, il titolo di un elenco di misure in 17 pagine maturato nel clima teso della guerra consumata a suon di vertici e iniziative contrapposte che hanno messo sotto gli occhi di tutti lo sgretolamento della squadra del cancelliere nei giorni scorsi. Lindner ha proposto, fra l’altro, il taglio di due punti delle tasse sulle società, una sostanziale retromarcia sulle politiche climatiche che stanno a cuore agli ecologisti, tagli sui benefit legati al reddito di cittadinanza e l’eliminazione del sussidio per i Laender dell’Est. Col suo foglio, trapelato venerdì scorso a quanto parrebbe contro i suoi piani, il ministro ha sfidato gli alleati anche sul piano simbolico: è stata la Sueddeutsche Zeiutng a ricordare infatti che nel 1982 fu un’iniziativa simile a decretare la fine del governo social-liberale di Helmut Schmidt. Solo che all’epoca, ha sottolineato il giornale, i liberali potevano contare di allearsi coi conservatori: ad oggi per un’opzione del genere, invece, mancano i numeri. L’Fdp langue nei sondaggi al 4%, sotto la soglia di sbarramento del Bundestag, dopo essere praticamente scomparso alle elezioni amministrative nei Laender dell’Est.
Tutti (o quasi) contro Lindner – “Al momento nessuno vuole azzardare una previsione su quando si terranno esattamente le prossime elezioni. Ma non si può negare che la coalizione sia in fiamme in questo momento”, ha commentato domenica scorsa la copresidente dei socialdemocratici Saskia Esken, ad Amburgo, in una convention di partito, dove le proposte di Lindner sono state respinte in blocco. “In generale, i punti che ha elencato non possono essere realizzati nella coalizione”, ha aggiunto. Sulla stessa linea il leader Lars Klingbeil: se l’obiettivo è quello di “rendere i ricchi più ricchi” mentre la classe media lavoratrice deve avere salari più bassi, lavorare più a lungo e ricevere pensioni più magre in seguito, l’Spd “non sarà d’accordo in nessun caso”. Lindner è stato invece lodato dai conservatori di Friedrich Merz, secondo il quale “la direzione è giusta“, anche perché le misure sarebbero copiate da loro. Per l’Unione è assolutamente chiaro che il governo è alla fine, e il governatore bavarese Markus Soeder ha chiesto di tornare immediatamente al voto. La precarietà estrema dell’alleanza rosso-verde-gialla che ha preso il Paese in mano dopo l’era Merkel è del tutto evidente. Non è ancora detto però che Scholz e Habeck vogliano far cadere l’esecutivo: oltre alle indiscrezioni su un possibile voto il 9 marzo, c’è anche l’opzione di un governo di minoranza. Certo è che “il burn out politico del governo”, come lo ha definito un liberale, non potrebbe esplodere in un momento peggiore: fra le guerre che dividono l’elettorato, la crisi economica e l’incubo di un’America ostile guidata da Donald Trump, che è appena tornato ad attaccare la Germania e i Paesi europei accusandoli di “derubare” gli Stati Uniti.
Lindner, amico nemico – Alleato ribelle: così è definito il ministro delle Finanze Christian Lindner, l’enfant terrible che fece saltare le trattative della coalizione “giamaica” (con Verdi e Cdu) nell’era Merkel. E che da settimane ha inasprito i toni con i colleghi di governo a causa delle durissime sconfitte elettorali nei Laender dell’est e dei sondaggi federali che danno l’FDP al 4% e dunque fuori dal parlamento alle prossime elezioni. La mossa di Lindner era quanto meno temeraria. Ancor di più nella Berlino stordita dal successo di Donald Trump, che rappresenta per la Germania una nuova enorme sfida. I socialdemocratici e i verdi sono infatti dell’idea che il cambio radicale a Washington imponga ai tre partiti arrivati ai ferri corti di restare in sella, per dotare i tedeschi di un bilancio e difendersi dalle conseguenze (che saranno anche economiche) delle elezioni americane. I liberali propendevano invece per la linea contraria: proprio il voto degli Usa impone ai tedeschi di cambiare rotta subito, reagendo alla crisi con una stretta sui conti. La crisi però matura da mesi. E nel vertice decisivo, in corso dalle 18, fin dalle prime battute era trapelato che il leader dei liberali pensava di lasciare il governo senza un accordo sul suo pacchetto per la “Svolta economica”, mentre i ministri della Giustizia e dei Trasporti, pure in quota Fdp, erano contrari e avrebbero spinto per restare. Ma il ministro ha avuto il sostegno del gruppo parlamentare al negoziato di stasera, clamorosamente fallito. Settimane fa, una fonte autorevole dell’SPD aveva chiarito che i socialdemocratici avrebbero fatto capire chi detta la linea nella coalizione del Kanzler, senza escludere una cacciata dei liberali. È quello che è accaduto. Spd e Verdi potrebbero decidere di andare avanti con un governo di minoranza? Si capirà nelle prossime ore.