Vennero a prendere le famiglie con genitori dello stesso sesso e stetti zitto perché mi stavano antipatiche.
La citazione potrebbe apparire a un primo sguardo sproporzionata oppure, secondo un altro punto di vista, propagandistica e volta a suscitare un clamore e un allarme del tutto privi di fondamento. Ma il rischio opposto è quello di non imparare nulla dalla Storia, peraltro recente, e di non avere né il tempo né la voglia di documentarsi sul presente: bisognerebbe infatti ricordare ad ogni piè sospinto che quel che sta avvenendo oggi è scritto e certificato e rientra in un piano d’azione che le estreme destre europee stanno perseguendo all’unisono e che a sua volta trae ispirazione dai movimenti alt-right americani, da Steve Bannon in giù.
Nel 2018 il Forum del Parlamento Europeo pubblicò infatti uno studio intitolato “Restoring the natural order” (“Ristabilire l’ordine naturale”, esiste anche in Italiano tradotto da Snoq Torino), nel quale venivano evidenziati i percorsi comuni che le destre europee si apprestavano a compiere per far arretrare i diritti sessuali e riproduttivi nel nostro Continente: nel mirino c’erano innanzitutto l’aborto, il matrimonio egualitario, le filiazione same-sex e le persone trans con i loro percorsi di affermazione di genere. Fatta eccezione per il matrimonio egualitario – che nel nostro Paese peraltro non è previsto – tutto il resto è stato oggetto d’attacco nell’azione di governo di questi anni.
E se le unioni civili non son state toccate, probabilmente è perché da un lato è stata considerata una partita a perdere; dall’altro potrebbero aver pensato che un istituto che di per sé crea una discriminazione tra coniugi di serie A che accedono al matrimonio e altri di serie B che si devono accontentare delle unioni civili fosse il male minore e aiutasse in qualche misura la loro narrazione. Per quanto riguarda l’aborto suscita sicuramente meno reazioni ed ottiene effetti similari renderlo quasi inaccessibile nelle Regioni da loro governate anziché toccare la legge nazionale e rischiare proteste di piazza.
Il gruppo che persegue queste finalità si riunì a Verona nel 2019 nel tristemente famoso “Congresso delle Famiglie” e questo fatto suscitò una reazione fortissima che diede luogo a un’imponente contromanifestazione organizzata da chi invece aveva a cuore la libertà di scelta e la difesa dei diritti sotto attacco. Da allora però è come se quella capacità di reazione si fosse in qualche modo spenta. Come valutare diversamente la mancata ribellione di massa seguita all’approvazione della legge Varchi che ha criminalizzato “universalmente” la gestazione per altre e altri e con ciò stesso le famiglie che negli anni si sono formate grazie a quel percorso riproduttivo, i loro figli e le loro figlie?
E torniamo così all’incapacità di leggere i segnali che la storia ci manda: sottovalutare, da parte di chi non è direttamente toccato, la portata di quell’attacco è un modo per non vedere il piano inclinato sul quale ci si è avviati e non capirne le potenziali conseguenze. Esattamente quel che è avvenuto nel secolo scorso.
Questa linea di pensiero si è evidenziata con chiarezza nell’azione del Ministero della Famiglia, della Natalità (sic) e delle Pari Opportunità con l’ossessivo richiamo del modello “tradizionale” di famiglia come unico possibile e ammesso e la conseguente discriminazione di tutti gli altri. Un modo per solleticare gli istinti più feroci della parte più radicalizzata dell’elettorato di riferimento e pagare il prezzo dei patti pre-elettorali ai movimenti No-Choice, da Provita alle (sedicenti) femministe Gender Critical che, dopo aver insieme esultato per la nomina di Roccella a ministra, oggi plaudono alla legge sulla criminalizzazione universale della GPA e ai tentativi ricorrenti di cancellare le carriere alias per studenti in transizione da parte del ministro dell’Istruzione.
Ma le forme familiari, lungi dall’uniformarsi al modello unico, sono in continua evoluzione: per proporre un altro tipo di riflessione è partita ieri la campagna “Ritratti di famiglia” (www.ritrattidifamiglia.info) che, partendo da un dato di realtà certificato dall’Istat, sottolinea che le famiglie sono tutte diverse ma devono aver riconosciuti uguali diritti. Una campagna che mette insieme una rete di associazioni e organizzazioni della società civile e il lavoro della Agenzia “Comunicattive” per sostenere la libertà delle persone rispetto a una scelta che attiene alla sfera più intima: quella della propria famiglia e del modello al quale eventualmente rifarsi.