Giustizia & Impunità

“Investimenti truffa”, sequestro da 18 milioni a broker che era stato citato in giudizio da Luca Cordero di Montezemolo

Lo scorso marzo una presunta truffa era emersa perché c’era stata una importantissima richiesta di risarcimento. Oggi emerge che il broker Daniele Migani (a cui Luca Cordero di Montezemolo aveva chiesto 50 milioni di euro citando in giudizio a Londra lui e un altro broker) è stato colpito da un sequestro da 18 milioni di euro, eseguito dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza su ordinanza del giudice per le indagini preliminari Teresa De Pascale nell’inchiesta del pm Giovanni Polizzi. Tra le presunte vittime del broker, che avrebbero perso soldi seguendo le sue indicazioni su investimenti finanziari, ci sarebbe anche il designer di auto Giorgetto Giugiaro, la cantante e produttrice discografica Caterina Caselli, il figlio ed ex presidente della Siea Filippo Nicola Sugar e una serie di imprenditori di vari settori, tra cui farmaceutico e moda.

Le indagini – Le indagini, spiega la Procura di Milano, “hanno permesso di accertare come nella fase di procacciamento dei clienti venisse falsamente presentata l’attività finanziaria svolta dal gruppo come un servizio legittimamente erogato in Italia“. In più, “i clienti venivano profilati come investitori professionali, seppur in assenza di specifiche competenze finanziarie, mediante la sottoscrizione della cosiddetta ‘reverse enquiry’, artatamente predisposta dagli agenti del gruppo societario in parola con il duplice intento di mascherare l’attività abusiva” e “l’operatività esercitata sul territorio nazionale”.

Il broker – Migani, “amministratore di una delle entità giuridiche del gruppo societario a lui riconducibile”, assieme “alla rete di agenti di cui si avvaleva, hanno esercitato” in Italia “attività d’impresa come stabile organizzazione di persone”, anche senza pagare le tasse. Già lo scorso marzo era venuto a galla che la Procura milanese stava indagando su alcune operazioni messe in piedi dal consulente finanziario Migani, con base in Svizzera.

Le denunce – Inchiesta scaturita da denunce di personaggi del mondo imprenditoriale, industriale e dell’economia, che avevano segnalato di aver perso molti soldi seguendo le indicazioni di Migani, che avrebbe garantito sulla carta alti rendimenti sul capitale. La vicenda Montezemolo, che ha citato il broker in giudizio a Londra per alcuni investimenti che gli avrebbero curato e che sono finiti male, rientra, come è stato chiarito, nel contesto dell’indagine milanese, ma non è tra gli episodi contestati nel decreto di sequestro e su cui hanno indagato i pm milanesi. Nel mirino degli inquirenti erano finite anche operazioni col fondo lussemburghese Skew Base Fund, lo stesso di cui si era parlato nella vicenda di Montezemolo.

I danni – Le presunte vittime denunciato di aver subito “un danno patrimoniale complessivo nell’ordine di oltre 50 milioni di euro” . L’indagine è nata dagli esposti, tra il 2020 e il 2024, di sei persone, che “lamentavano di essere stati raggirati da Migani” e dai suoi “collaboratori che, agendo per conto delle società del gruppo elvetico Xy, avevano proposto loro attività di investimento e collocato strumenti finanziari rivelatisi alla fine fallimentari”.

Giugiaro avrebbe perso “12,5 milioni di euro”. Sempre dagli atti risulta che una società di Matteo Cordero di Montezemolo, figlio dell’ex presidente Ferrari, avrebbe subito un danno di oltre 350mila euro, dopo essere stata “sollecitata” ad investire “nel comparto Hfpo complessivi 10 milioni di euro e nel comparto Tangible Credit complessivi 3 milioni di euro”. Il figlio dell’ex presidente della Fiat è stato anche sentito come teste, spiegando che “gli uffici di Londra” della Xy “non gli sembravano essere operativi, tenuto conto dell’assenza di una adeguata struttura tale da gestire i servizi che proponevano”. E ha chiarito che “la XY era sempre rappresentata da Migani e Dalle Vedove” Francesco, entrambi tra i nove indagati in totale e che “in occasione della fissazione degli incontri sostenevano di avere la loro struttura operativa in Svizzera”. Spesso, però, “si recavano in Italia in quanto avevano svariati rapporti con clienti italiani sia legati al mondo dell’imprenditoria che istituzionali”. Sempre negli atti si legge che Migani in passato aveva lavorato “come fisico nucleare al Cern di Ginevra”.