Lavoro & Precari

Caregiver e permessi, per la Cassazione l’assistenza al disabile non si misura col cronometro

di Michelangelo Salvagni *

La giurisprudenza della Corte di Cassazione si è più volte pronunciata sulla tematica dei licenziamenti disciplinari intimati a causa dell’utilizzo improprio dei permessi ex art. 33, l. n. 104 del 1992 per finalità diverse da quelle della cura del disabile (cosiddetto abuso del diritto). In materia, si è sviluppato un orientamento di particolare rigore che fa leva sul “disvalore sociale” della condotta che contrasta col “minimo etico” preteso dal lavoratore funzionalmente collegato, non solo agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, ma anche con quelli che sono connaturati all’appartenenza ad una comunità.

Tra le prime sentenze di legittimità che si sono occupate della questione, si segnala Cass. 4 marzo 2014 n. 4984, che ha trattato il noto caso dell’utilizzo dei permessi ex lege n. 104/1992 per partire in vacanza con degli amici per un lungo fine settimana. Decisione seguita da Cass. 30 aprile 2015, n. 8784, ove il prestatore aveva abusato del diritto utilizzando il permesso per partecipare ad una “serata danzante”. Condotte queste che denotavano una violazione del principio di buona fede nei rapporti con il datore di lavoro tali da integrare l’abuso del diritto (nel tempo questo orientamento si è consolidato con svariate pronunce, sempre della Cassazione).

La giurisprudenza della Suprema Corte, tuttavia, ha delineato negli ultimi anni, alcune “soluzioni” per così dire di “buon senso” nella definizione delle modalità e dei tempi dell’assistenza del disabile, al fine di evitare licenziamenti pretestuosi da parte del datore.

Al riguardo, non può sottacersi che, purtroppo, non sono infrequenti le dinamiche discriminatorie “per associazione”, ove, a volte, il prestatore caregiver è considerato un lavoratore “scomodo” e a bassa produttività in ragione del diritto ad usufruire i permessi per assistenza che lo legittimano ad assentarsi dal lavoro, senza preavviso, secondo le modalità stabilite dalla legge e, non da ultimo, ad utilizzare periodi di congedo straordinario (fino ad un massimo di 24 mesi). Il discrimine fra l’uso corretto del permesso e l’esercizio abusivo dello stesso può quindi rivelarsi “scivoloso” e può causare, se non valutato in maniera corretta rispetto alla tutela sottesa al valore sociale dell’istituto, la compressione di diritti fondamentali del disabile e di colui che se ne prende cura.

La Corte di Cassazione, proprio al fine di scongiurare licenziamenti pretestuosi, ha privilegiato un’indagine di tipo “qualitativo”, piuttosto che “quantitativo”, con riferimento alle modalità della prestazione di assistenza ex art. 33, L. n. 104/92, al fine di verificare se l’assistenza, per così dire parziale, potesse determinare “automaticamente” la fattispecie dell’abuso del diritto. Tale approccio interpretativo è stato inaugurato da Cass. n. 17968 del 2016, in cui è stato osservato che vi è abuso del diritto “ove il nesso causale manchi del tutto” tra assistenza del disabile e assenza dal lavoro, ciò giustificando il recesso per lesione della buona fede del diritto. Successivamente Cass. 31 gennaio 2017, n. 2600, ha affermato che, pur volendo aderire alla tesi che l’assistenza al disabile deve essere continua ed esclusiva, di certo non si può pretendere che essa si espleti ininterrottamente per l’intera giornata.

In seguito, nel solco di tale interpretazione, Cass. 20 agosto 2019, n. 21259 ha affermato che non possa configurarsi abuso del diritto in ragione di una presunta assistenza temporale di tipo parziale in quanto ciò che rileva è che l’assistenza sia prestata anche se non in maniera continuativa per tutta la giornata.

Questo orientamento, che privilegia questa assistenza di “tipo qualitativo”, è stato confermato negli anni successivi e, in particolare, da Cass. 19 giugno 2020, n. 12032, Cass. 12 agosto 2020, n. 16930 e Cass. ord. 25 settembre 2020, n. 20243. I giudici di legittimità, proprio nelle sentenze del 2020, hanno osservato che l’assistenza al disabile non può intendersi “esclusiva” al punto di impedire, a chi la offre, di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita. Altrimenti, vi sarebbe l’effetto paradossale, non previsto dalle norme di riferimento, che il prestatore che fruisce del permesso o del congedo dovrebbe trascorrere, senza interruzioni, l’intera giornata accanto al disabile (e non solo con riferimento allo scarto temporale relativo dell’orario lavorativo), senza potersi dedicare a quelle che sono le proprie necessità o varie incombenze quotidiane, incorrendo sempre in un uso improprio della prestazione assistenziale.

In materia, è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione, con ord. 17 settembre 2024, n. 24130. La Suprema Corte, nel solco del proprio indirizzo della cosiddetta “assistenza qualitativa”, ha affermato che la condotta del lavoratore può essere sanzionata solo ove manchi del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile.

La Cassazione, nella vicenda posta al proprio vaglio, non ha ritenuto che ricorressero gli estremi dell’abuso del diritto in ragione di una asserita parziale assistenza in alcune giornate. In particolare, i giudici di legittimità hanno osservato che, in relazione alle due giornate oggetto di contestazione, la società non aveva tenuto conto di quanto effettivamente accertato e valutato dalla Corte di Appello che aveva giudicato pacifico come, in entrambe le giornate, la lavoratrice “si sia recata presso il luogo di residenza della madre e che ivi sia rimasta per tre ore e mezza il primo giorno e per circa cinque ore e mezza il secondo”.

In conclusione, appare di rilievo il principio stabilito da Cass. 24 agosto 2022, n. 25290, relativa ad un caso analogo, secondo cui i permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992, sono delineati quali permessi giornalieri (tre al mese) e non su base oraria o cronometrica.

* Avvocato giuslavorista a Roma, autore di numerose pubblicazioni e membro di comitati di redazione di varie riviste specializzate in diritto del lavoro e della previdenza sociale. Responsabile del Gruppo Diritto del Lavoro Associazione Nazionale Forense (ANF) di Roma. Membro Commissione Lavoro Ordine Avvocati di Roma. Membro Comitato Direttivo Centro Studi Domenico Napoletano (CSDN) di Roma. Docente Master Diritto del Lavoro presso Università La Sapienza di Roma e in vari Corsi sul Diritto del Lavoro. Relatore e moderatore in vari Convegni su tematiche del Diritto del Lavoro