“Credo sia perfettamente normale che vi sia questa interlocuzione, che non vulnera nessuna prassi o legge dello Stato”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio minimizza la portata della visita di Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, alla premier Giorgia Meloni, avvenuta lunedì senza un preventivo confronto tra Pinelli e il capo dello Stato Sergio Mattarella, che del Csm è presidente. L’iniziativa è stata accolta con “stupore” dal Colle, che già in passato aveva fatto trapelare fastidio per alcune uscite infelici dell’avvocato eletto in quota Lega. Ma Nordio in questo senso nega l’evidenza: “Non credo ci sia un’irritazione del Quirinale. Ho incontrato anche io ieri il vicepresidente Pinelli e l’interlocuzione è periodica, perché, soprattutto in questo momento di riforme, abbiamo interlocuzioni con Pinelli, Csm, Consiglio nazionale forense e altre associazioni”.

Orlando: “Cosa si sono detti?” – Se gli incontri tra Pinelli e Nordio possono considerarsi routine, però, una convocazione del vicepresidente del Csm da parte della presidente del Consiglio non lo è affatto, tanto che non era mai avvenuta da quando entrambi occupano le rispettive cariche. Il faccia a faccia, peraltro, è avvenuto in un momento delicatissimo nei rapporti tra politica e magistratura e nelle stesse ore in cui l’Associazione nazionale magistrati protestava in assemblea pubblica a Bologna contro gli attacchi (anche personali) arrivati dalla maggioranza sulla questione migranti. Tutte particolarità sottolineate dal deputato Pd ed ex ministro della Giustizia Andrea Orlando: “Gli incontri tra presidente del Consiglio e vicepresidente del Csm sono una prassi così costante e diffusa che un giornale di destra (Libero, ndr) per smentirmi cita ben due precedenti, uno del 2006 e l’altro degli anni Ottanta. In entrambi i casi in un clima ben diverso nei rapporti tra governo e Csm. Che si sono detti Meloni e Pinelli?”, scrive.

Il vicepresidente: “La mia porta è aperta”Martedì 14 consiglieri del Csm, tutti i togati esclusa la corrente di destra di Magistratura indipendente, hanno chiesto spiegazioni a Pinelli sui contenuti della visita, che sottolineano di aver “appreso dalla stampa“, affinché l’organo di autogoverno delle toghe “possa avere contezza di un passaggio tanto rilevante istituzionalmente“. Il mattino successivo il vicepresidente ha risposto offrendo, in sostanza, di ricevere in privato chiunque voglia saperne di più: “Come ben sapete, la mia presenza in sede è costante e le mie porte sono sempre aperte per ciascuno di voi. Sono quindi ben lieto di poter interloquire con chi manifestasse ancora interesse per l’incontro istituzionale da me avuto con il presidente del Consiglio dei ministri, del quale avevo informato il Quirinale (per quanto all’ultimo momento, ndr) nonché i componenti del Comitato di presidenza“, cioè il procuratore generale e la prima presidente della Cassazione. “Sin d’ora voglio rassicurare che si è ovviamente trattato di un incontro programmato nell’ambito di una corretta e istituzionale relazione tra organi dello Stato”, sostiene Pinelli.

I consiglieri chiedono un incontro formale – La disponibilità del presidente a fornire spiegazioni nella propria stanza, però, non ha soddisfatto i consiglieri “ribelli”, che hanno contro-risposto chiedendo un incontro collettivo e formale di fronte a tutti i componenti dell’organo, possibilmente già mercoledì, dopo la seduta settimanale del plenum. “La vicenda ha un rilievo politico-istituzionale che non può essere ricondotta a un gesto di cortesia tra componenti del Consiglio”, ragiona un togato. E il giudice GiovanniCiccioZaccaro, segretario della corrente progressista di Area, affonda: “Il vicepresidente non può limitarsi a chiarire modalità e contenuto dell’incontro con ai singoli consiglieri nella sua stanza. I magistrati italiani devono, nonostante tutto, essere sicuri che il Csm serve non solo per scegliere il dirigente di un ufficio, ma soprattutto per difendere autonomia e indipendenza della giurisdizione. Spero che Pinelli abbia ribadito questo semplice concetto alla presidente Meloni. Tutto il resto mi interessa poco”, afferma.

I retroscena sull’incontro – Sono proprio i contenuti dell’incontro, però, a destare maggiore inquietudine tra le toghe. Nel comunicato di palazzo Chigi, infatti, la visita di Pinelli era collocata “nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti istituzioni”. In un retroscena del Messaggero, pubblicato il giorno successivo, si sosteneva che Meloni avesse voluto lanciare un segnale ai “giudici politicizzati” in una momento di altissima tensione, mostrandosi pronta a collaborare con quelli che invece “si tengono alla larga da invasioni di campo“, rappresentati, evidentemente, da Pinelli. L’avvocato leghista, d’altronde, finora ha interpretato il suo ruolo in modo ben poco super partes, atteggiandosi più o meno apertamente come alfiere degli interessi della maggioranza. E, secondo una fonta di governo citata dalla Stampa, quest’ultima gli ha chiesto conto del peso delle “correnti rosse” (Area e Magistratura democratica) all’interno di palazzo Bachelet e in particolare della Sezione disciplinare, il tribunale interno dei magistrati. Dall’entourage di Pinelli la risposta a queste ricostruzioni è una laconica nota: “Dall’incontro è emerso che la presidente del Consiglio ha fiducia nella magistratura e non è in nessun modo interessata alle polemiche”.

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