A Bruxelles la commissione Libe (libertà civili, giustizia e affari interni) ha audito l’austriaco Magnus Brunner, in cerca di conferma per il ruolo di commissario agli Affari interni e Immigrazione. Tante le domande sul Protocollo Italia-Albania, vaghe le risposte. “Troppo presto per pronunciarmi”, ha risposto Brunner. Che ha tentato strenuamente l’equilibrio tra l’interesse per “l’esperimento” già manifestato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il rispetto dei diritti fondamentali che, dice, “non è negoziabile”.

Provano a scuoterlo i centristi del gruppo Renew Europe: “L’accordo tra Italia e Albania aggira il nuovo Patto europeo che dobbiamo attuare”. Niente da fare. “Ritengo che dobbiamo essere aperti a cose nuove e anche quest’esperienza andrebbe esaminata”, è stata la risposta di Brunner. Del resto, ha aggiunto, “L’organizzazione internazionale per le migrazioni e l’Agenzia Onu per i rifugiati, l’Unhcr, accompagnano questo protocollo”. Per Brunner si tratta di una “questione nazionale” alla quale “però sono interessato. Quel che conta è che vi sia una attuazione conforme alla normativa e il diritto internazionale deve essere rispettato”. Niente di nuovo, insomma. Il conflitto tra i decreti del governo Meloni e l’ordinamento europeo, sollevato ormai da innumerevoli pronunce dei tribunali italiani, non sembra entrare nelle stanze della nuova Commissione Ue. L’ambiguità del nuovo commissario è la stessa riscontrata nelle parole dei portavoce che in questi mesi hanno risposto alla stampa internazionale: si ribadisce la necessità di rispettare i diritti fondamentali, ma niente giudizi sulla strategia dell’Italia. Un paradosso visto che il l’accordo tra Roma e Tirana vede proprio nelle direttive europee, e nelle pronunce della Corte di Giustizia Ue, il principale ostacolo ai centri albanesi.

Così tocca accontentarsi di mezze frasi, come quelle servite all’eurodeputata del Pd Cecilia Strada. Che a Brunner ha chiesto di esporsi sull’ipotesi che l’Unione europea si doti in futuro di una normativa che contempli i cosiddetti hub per migranti in Paesi terzi: “Per difendere il rispetto del diritto Ue, si impegna a escluderli?”. “Dobbiamo poter decidere chi può restare e chi deve andarsene, non devono farlo gli scafisti”, risponde il commissario designato. “E servono attività innovative per contrastare questi traffici e tutelare chi invece ha diritto alla protezione”. Dunque? Dopo la solita manfrina sul rispetto dei diritti fondamentali, finalmente Brunner precisa: “Intendo il concetto di hub di rimpatrio solo per persone la cui richiesta è stata respinta e che in base a quella decisione devono lasciare il paese”. Non il “modello Albania”, quindi, che invece trasferisce i migranti per operare lì anche le procedure d’asilo e l’esame accelerato delle domande di protezione. Come già evidenziato dalla Commissione Ue, l’Unione non ha ad oggi una normativa che consenta una soluzione simile. E stando a quel che dice Brunner non sarebbe nemmeno un obiettivo da perseguire.

Rimpatri, dunque, la vera parola chiave di questa audizione di fronte alla Commissione Libe. Segno di un Parlamento Ue che sull’immigrazione ha una sensibilità diversa. “Non c’è contraddizione tra protezione delle frontiere esterne dell’Ue e il rispetto dei diritti fondamentali”, assicura Brunner. Ma la priorità restano i rimpatri: “Sono tante le persone che non possono restare e tuttavia non rientrano nei loro Paesi”, ha detto promettendo presto una proposta normativa e l’implementazione dei partenariati coi Paesi terzi. Quanto al nuovo Patto migrazione e asilo, approvato a maggio e operativo dal giugno 2026, il commissario si è detto disponibile a lavorare per anticipare l’attuazione di alcuni elementi. Un punto che interessa al governo Meloni che considera il Protocollo con l’Albania un’anticipazione del Patto. Ma anche qui le chiacchiere stanno a zero, perché i tempi non saranno comunque tali da sbloccare il conflitto tra i decreti del nostro governi e la normativa Ue attualmente vigente. Se qualcuno si attendeva una presa di posizione chiara sulla strategia italiana, a Bruxelles non è arrivata.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

I nuovi Re di Roma

di Il Fatto Quotidiano 6.50€ Acquista
Articolo Precedente

“Non conosco il caso di questo cittadino italiano”: la gaffe su Regeni della commissaria designata Šuica (in Ue dal 2013)

next
Articolo Successivo

Nomine Ue, ‘rimandato’ il commissario di Orbán: da Várhelyi nessuna garanzia su diritti Lgbtqi e aborto. Per lui altre domande scritte

next