Le microplastiche stanno trovando rifugio in luoghi del corpo umano che credevamo intoccabili: i testicoli, lo sperma, il liquido follicolare, le tube uterine, l’endometrio e persino la placenta. L’idea che questi minuscoli frammenti che nascono dalla degradazione dei nostri rifiuti di plastica, possano insinuarsi in spazi così profondi e personali del nostro organismo è allarmante: non solo influenzerebbero la nostra salute, ma anche quella delle future generazioni. Un’eredità indesiderata
per i bambini che ancora devono nascere che si troveranno già a fare i conti con un problema di salute che non hanno scelto, minacciati dalle microplastiche negli organi riproduttivi degli adulti.
Che si intende per microplastiche? Per l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, si tratta di frammenti di plastica con una misura compresa tra 0.1 µm o 0.5mm, ovvero con dimensioni inferiori ai 5 millimetri, che si originano principalmente dalla degradazione di oggetti plastici di uso quotidiano, come bottiglie, imballaggi o tessuti sintetici, oppure sono microgranuli contenuti in cosmetici prodotti in Paesi in cui sono stati ancora vietati. Science Direct ha reso noto lo studio “Microplastiche rilevate in tre tipi di organi riproduttivi femminili mediante spettroscopia micro-Raman” (ottobre 2024) pubblicato sulla rivista Ecotoxicology and Environmental Safety. La ricerca rivela come le microplastiche, soprattutto di dimensioni inferiori a 20 μm e costituite dai polimeri PE, PP e PE-co-PP, siano state individuate negli organi riproduttivi femminili – principalmente come fibre, frammenti e pellicole – utilizzando la spettroscopia micro-Raman su un campione di 60 donne. In particolare, sono state rinvenute nella parete uterina, nelle cisti ovariche e nelle tube uterine in 43 dei 60 campioni di tessuto analizzati.
Questi risultati sollevano interrogativi cruciali sugli effetti delle microplastiche sullo sviluppo fetale, tanto che i ricercatori sottolineano nelle conclusioni: “Questo studio conferma la presenza di MP nel sistema riproduttivo femminile e offre dati a supporto di ulteriori ricerche sulla loro potenziale tossicità riproduttiva”
La placenta ha un ruolo critico nella protezione del feto, e la presenza di particelle estranee potrebbe influenzare lo sviluppo degli organi e il sistema immunitario. Ma le preoccupazioni si rivolgono anche alla salute maschile: “I rapporti suggeriscono che l’esposizione alle microplastiche possono compromettere la motilità e la qualità degli spermatozoi negli uomini, danneggiando potenzialmente la fertilità maschile e minacciando il successo del concepimento” si legge nel documento. Una vasta letteratura scientifica, riportata dai ricercatori, sta dimostrando come le particelle di plastica di dimensioni microscopiche siano in grado di attraversare le membrane cellulari, raggiungendo diversi organi all’interno del corpo umano (Yong et al., 2020). Questo fenomeno viene segnalato da tempo anche dai redattori de Il Fatto Quotidiano, con scoperte che non smettono di sconcertare. Le microplastiche sono presenti in campioni biologici di ogni tipo: dalla placenta (Weingrill et al., 2023; Ragusa et al., 2021) all’endometrio (Sun et al., 2024; Qin et al., 2024), dal liquido follicolare (Grechi et al., 2023) al sangue (Leslie et al., 2022), senza dimenticare i testicoli e perfino lo sperma (Zhao et al., 2023; Montano et al., 2023; Hu et al., 2024).
Per la scienza la principale via di ingresso delle microplastiche nell’organismo umano è rappresentata dall’alimentazione. Le loro dimensioni ridotte e la loro ubiquità nell’ambiente ne facilitano la diffusione nelle acque, nell’aria e nel suolo, contaminando così la catena alimentare e, inevitabilmente, gli esseri umani.
La scoperta di microplastiche negli organi riproduttivi femminili e persino nei testicoli umani mette in luce un fatto inquietante: le future generazioni devono affrontare un “ospite indesiderato” ancor prima di nascere. Continuano a insinuarsi anche in luoghi remoti della terra. Lo studio “Le microplastiche si accumulano negli organi interni dei pinguini?” del 2024 le ha ritrovate negli organi interni degli ignari e indifesi Pinguini dell’isola di Svenner, nella remota Antartide. Le potenziali conseguenze dell’accumulo di microplastiche nei tessuti animali e umani sono molteplici e preoccupanti: dall’infiammazione allo stress ossidativo, alle disfunzioni riproduttive fino alle alterazioni del sistema immunitario del feto e del suo sviluppo durante la gravidanza. La plastica è ampiamente utilizzata nella società moderna, con una produzione globale che raggiunge circa 400,3 milioni di tonnellate all’anno, come ha evidenziato Plastics Europe per il 2023. Questa contaminazione invasiva ci ricorda quanto sia urgente agire, adottando interventi ambientali mirati per proteggere il nostro corpo e il pianeta. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato una serie di ricerche per comprendere meglio i rischi delle microplastiche sulla salute, riconoscendo che si tratta di una minaccia ambientale in espansione. Anche le comunità scientifiche e mediche continuano a investigare per comprendere appieno le conseguenze sanitarie di questa presenza indesiderata.
Tuttavia, il problema è reale e richiede un cambiamento immediato, sia a livello personale che politico, per salvaguardare la salute delle generazioni future umane e animali. Come possiamo ridurre l’esposizione e la produzione di microplastiche? Possiamo iniziare sostenendo politiche ambientali zero waste, con un impegno personale o attraverso associazioni, per ridurre – o meglio, eliminare – l’uso di plastica monouso e la sua disgregazione nell’ambiente. Scegliere sempre materiali alternativi e riutilizzabili è di certo poi una strategia efficace.
Un altro accorgimento utile è evitare prodotti domestici che contengono microgranuli, che spesso finiscono negli scarichi e, quindi, nei corsi d’acqua. Inoltre, optare per una dieta vegetale può essere una scelta più sicura oltre che salutare e con un minor impatto ambientale, soprattutto se privilegiamo frutta, verdura e cereali da agricoltura biologica e naturale.
Infine, un gesto semplice ma potente: raccogliere i rifiuti plastici quando ci capita di vederli in boschi, parchi, spiagge o lungo le strade. Portare con sé un paio di guanti riutilizzabili per raccogliere la plastica abbandonata è un piccolo atto di gentilezza per il pianeta, che fa bene anche alla nostra salute.
La lista è lunga, e sta a ognuno di noi aprire gli occhi e trovare nuovi modi per ridurre la dispersione plastica, diffondere consapevolezza e fare la nostra parte per un mondo più pulito.