A un anno e poco più di 8 mesi dalla notte tra il 25 e 26 febbraio 2023, quando le onde hanno schiantato un caicco proveniente dalla Turchia sulle secche a pochi metri dalla riva provocando quello che è stata chiamata la strage di Cutro – 94 morti, di cui 34 bambini, decine di dispersi e di famiglie distrutte – la Procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per i sei militari; quattro della Guardia di finanza e due della Capitaneria di porto; accusati di aver contribuito a provocare il naufragio del “Summer Love. Come scrive la Gazzetta del Sud la richiesta avanzata dal pm Pasquale Festa è stata depositata nella cancelleria del giudice per l’udienza preliminare davanti al quale gli imputato dovranno.
A rischiare il processo, con l’accusa di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, sono Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa della Guardia di finanza di Crotone e del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia; Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale di comando e controllo tattico del Roan; Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto; Nicola Nania, ufficiale di ispezione in servizio al Centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo della Guardia costiera di Roma e Francesca Perfido, ufficiale di ispezione della Capitaneria di porto di Reggio Calabria.
L’inchiesta, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, avrebbe fatto luce sulle presunte “inerzie” e “omissioni” compiute nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023 che avrebbero causato la strage in mare. L’unica indagine arrivata a processo è quella sui presunti scafisti, con una condanna a 20 anni in rito abbreviato.
In particolare a Lopresti viene contestato di avere disposto, la sera del 25 febbraio, dopo che l’Agenzia europea “Frontex” avvistò il “Summer Love”, l’uscita in mare di un’unità costretta poi a tornare per le condizioni meteo marine avverse. L’ufficiale, inoltre, avrebbe anche chiesto al Gruppo aeronavale di Taranto, al cui comando c’era un altro degli indagati, Nicolino Vardaro, l’invio del pattugliatore “Barbarisi”, fermo a Crotone, pur sapendo che l’unità non era in servizio proprio a causa delle avverse condizioni meteo. Al comandante Lippolis, all’epoca a capo del Roan di Vibo Valentia, viene attribuito il fatto di non avere preso le redini dell’operazione e di non avere richiesto il supporto della Capitaneria di porto, facendo così accumulare ritardi nell’attivazione dei soccorsi. E ancora: al capo turno della Guardia di finanza Grillo viene addebitato il fatto di non avere comunicato le difficoltà di navigazione dei mezzi marittimi. A Vardaro di avere ordinato l’uscita in mare del pattugliatore Barbarisi in ritardo rispetto a quando ha ricevuto la segnalazione, mentre Nania e Perfido sono ritenuti responsabili di non avere qualificato l’evento come ricerca e soccorso in mare e al solo Nania di non avere localizzato il caicco. Accuse tutte respinte dagli indagati.
Il rapporto di Frontex riferisce che quella notte, nella sua sala di monitoraggio a Varsavia, c’erano due funzionari italiani, uno della Guardia di finanza, l’altro della Guardia costiera, in “contatto costante” con il Centro di coordinamento internazionale di Roma (Icc), quello a cui Frontex è tenuta a inviare immediata segnalazione per qualunque imbarcazione sospetta, proprio in funzione delle attività di contrasto all’immigrazione illegale, oltre a informare la il coordinamento della Guardia costiera a Roma. L’Icc con sede nel Comando aeronavale della Guardia di finanza a Pratica di Mare (Roma) è coordinato da una cabina di regia al ministero dell’Interno. Sei ore prima del naufragio, tutti erano a conoscenza del contenuto della segnalazione di Frontex. Che ha tenuto a ribadire come non spetti a lei decidere se classificare un evento come operazione di polizia per il contrasto all’immigrazione illegale (law enforcement) o come attività di ricerca e soccorso (search and rescue – Sar).
Dopo un anno di indagini, una cosa è certa: nella linea di comando tutta italiana cui spettava decidere, si è a dir poco sottovalutato il contenuto di quella segnalazione. Alle 3:48 della notte di Cutro, le stesse condizioni del mare, in peggioramento da ore, spingono le Fiamme gialle a rientrare. Al contrario, nessuna operazione di soccorso viene attivata, lasciando che le onde, alte fino a due metri, spingessero i migranti sulle fatali secche. Avrebbe dovuto attivarsi la Guardia costiera con i suoi mezzi, capaci di operare in “condizioni meteo-marine avverse” e in grado di fare la differenza. Ma non uscirono. Solo alle 6:50 le Fiamme gialle sarebbero arrivate via mare sul luogo della strage.
A fianco dei militari si è schierato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che ha espresso “pieno sostegno” ai militari e, nel contempo, “piena fiducia nell’operato della magistratura”. Intanto a Crotone, lo stesso sostituto procuratore Festa, nella requisitoria al processo che li vede imputati, ha chiesto la condanna di tre presunti scafisti del caicco “Summer Love“, accusati di avere agevolato la gestione dei passeggeri a bordo.