I sondaggi suggerivano un testa a testa tra Donald Trump e Kamala Harris. Secondo le tre principali agenzie di statistica – Nate Silver, FiveThirtyEight e Allan Lichtman – la vicepresidente godeva perfino di un leggero vantaggio nel voto popolare, anche se per arrivare alla Casa Bianca non serve neppure la maggioranza assoluta degli elettori, perché contano i grandi elettori dei singoli Stati. Invece l’ex presidente sorprende ancora incassando (con lo spoglio verso la conclusione) quasi 68 milioni di voti. Kamala – quando mancano ancora i dati definitivi – si assesta intorno ai 63 milioni, 5 in meno del suo rivale.
Nel 2020 quando perse le elezioni contro Joe Biden, Trump ottenne poco più di 74 milioni di voti, ben sotto l’asticella degli oltre 81 milioni incassati dal suo rivale. Quattro anni fa andò alle urne il 66,6% del corpo elettorale. Nel 2016, l’anno della prima incoronazione per il tycoon, l’affluenza fu al 60,1%: The Donald strappò la presidenza contro ogni pronostico alla favorita Hillary Clinton. Ma s’insediò alla Casa Bianca ottenendo circa 3 milioni di voti in meno della segretaria di Stato: 62 milioni e 984mila voti contro 65 milioni e 853mila. Nella percentuale dei consensi, Hillary vinse in confronto con il 48,18%, superando il 46,09% di Trump. Da notare il trend dell’affluenza: in salita nell’arco di un decennio.
Nel 2012, l’anno della vittoria di Barack Obama sul repubblicano Mitt Romney, andò al voto il 58,6% degli elettori, in calo di 3 punti rispetto alla tornata precedente. Anche 12 anni fa la somma del voto popolare premiò i democratici con quasi 66 milioni di preferenze, mentre i repubblicani si fermarono a poco meno di 61 milioni: Barack ottenne 51,06%, lo sfidante Romney il 47,20%.
Rispetto al 2008, Obama però aveva perso per strada circa 4 milioni di elettori. Nell’anno del primo mandato aveva conquistato infatti più di 69 milioni di voti, staccando di 10 milioni il repubblicano John McCain, sostenuto da poco meno di 60 milioni di elettori.
In termini assoluti, dunque, bisogna tornare al 2004 per vedere un candidato repubblicano incassare più voti di un democratico. Quell’anno George W. Bush fu premiato da 62 milioni di elettori statunitensi, il suo rivale democratico John Kerry perse le elezioni con 59 milioni di consensi: 3 milioni in meno rispetto all’uomo del Gop. Vent’anni dopo, Donald Trump staccherebbe Kamala Harris di circa 5 milioni di voti. Malgrado le profezie dei prestigiosi sondaggisti, che davano la candidata democratica in vantaggio nel voto popolare.