Una crisi industriale “senza precedenti”. Dal teatro Lirico di Milano, la Cgil usa queste parole per descrivere il momento che sta vivendo l’Italia. Di fronte ai mille delegati provenienti da tutto il paese, il segretario confederale Pino Gesmundo elenca i numeri di questa crisi che hanno portato alla proclamazione dello sciopero generale del 29 novembre. Meno 14,2 per cento per l’automotive con livelli di produzione che si attestano a poco più di 300mila vetture a fronte del milione promesso da Stellantis. Meno 11,6 per cento nella fabbricazione di attrezzature e macchinari. Meno 10,8 per cento del tessile. Meno 10,1 per cento nella metallurgia. E dietro a questi numeri ci sono le persone che rischiano il posto di lavoro. Le 300 lavoratrici e lavoratori della “Perla” di Bologna, i 1.200 della Glencore di Portovesme, i 180 di Foundry di Avezzano, i 2980 della raffineria Isab di Priolo, i 1.517 delle centrali ENEL di Brindisi e Civitavecchia, i 300 della cartiera di Fabriano, i 480 della Berco di Ferrara, i 300 della Prysmian di Battipaglia.

“Siamo di fronte a una vera e propria crisi di sistema” attacca Gesmundo ma il “governo italiano sta cercando di mascherare la sua inerzia e l’assenza di un progetto coerente per le politiche industriali, continuando a promuovere una narrazione positiva che enfatizza i record raggiunti dall’economia nazionale”. Un’assenza di visione che si intravede nella scelta di “tagliare gli incentivi di 4,6 miliardi al fondo automotive” come racconta il segretario della Fiom Cgil di Torino Edi Lazzi. Tra la platea del teatro lirico ci sono poi i delegati del mondo dell’industria dolciaria che lamentano “paghe troppo basse che superano di poco i 1000 euro al mese”. Condizioni che diventano ancora peggiori nelle aziende in subappalto. E poi ci sono i lavoratori “atipici” che denunciano come nella manovra si “deregolarizza ancora di più il precariato”. Infine ci sono gli edili che puntano il dito contro l’inerzia del governo sul tema delle morti sul lavoro. Per tutti questi motivi è “arrivato il momento di una vera e propria rivolta sociale – conclude il segretario generale Maurizio Landini – perché avanti così, non si può più andare”.

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