Lavoro & Precari

Beko gela l’Italia dopo l’acquisto di Whirlpool: “Tre stabilimenti in perdita, valutiamo la chiusura”. A rischio oltre 1000 posti di lavoro

Il settore freddo e lavaggio sono in rosso sistematico e quindi la “presenza” andrà “ulteriormente valutata” per “evitare altre perdite di cassa”. In altri termini: si pensa alla chiusura di tre stabilimenti italiani. Beko Europe – controllata dalla turca Arçelik – gela il governo dopo aver acquisito le attività di Whirlpool in Europa e mette a rischio almeno 1000 posti di lavoro tra i 4.400 dipendenti in Italia, esclusi gli interinali. In discussione ci sono in particolare gli stabilimenti di Cassinetta di Briandronno, Siena e Comunanza. Anche se i turchi hanno chiarito la loro “volontà di collaborare” con l’esecutivo e i sindacati per “allinearsi sui prossimi passi”. L’allusione alle chiusure è tuttavia limpida dalla presentazione del contesto di mercato durante l’incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy con il ministro Adolfo Urso, che ha quindi “invitato l’azienda a presentare a breve un piano industriale” che “preveda maggiori investimenti” in Italia per “scongiurare la chiusura di stabilimenti”, anche usando gli strumenti previsti dall’esecutivo per “gestire al meglio eventuali ridimensionamenti occupazionali e produttivi”.

Le chiusure e i punti interrogativi
La prima indiziata, come detto, è la catena del freddo che ha il suo hub italiano a Varese, dove si producono frigoriferi a incasso. Lo stabilimento di Cassinetta di Briandronno occupa 2.087 persone con circa 800 operai impegnati sui frigo e altri addetti ai forni a incasso e microonde. La preoccupazione è altissima anche per Siena, dove i 300 dipendenti assemblano congelatori a pozzetto, un prodotto in crisi da tempo che ha conosciuto una ripresa minima solo durante gli anni del Covid. Un business, quello della refrigerazione, che durante la riunione al ministero l’azienda ha definito “stabilmente in perdita nonostante i massicci investimenti”. Interrogativi anche su Comunanza, nelle Marche, dove i 332 dipendenti si occupano di lavatrici e lavasciuga. Beko ha un sito simile in Romania, aperto nel 2019, e diverse fabbriche in Turchia. Così la capacità produttiva è in “eccesso”, ha spiegato l’azienda, rispetto alla domanda e c’è la “forte concorrenza” dei produttori asiatici.

Fiom e Uilm: “Si completa il disimpegno, meritiamo rispetto”
“Le lavoratrici e i lavoratori pretendono rispetto – ribattono Barbara Tibaldi e Pino Gesmundo, rispettivamente segretaria nazionale Fiom-Cgil e segretario confederale Cgil – Oggi l’azienda prospetta chiusure annunciate di fatto negli scorsi mesi, a causa della riduzione del 50% dei volumi produttivi per la concorrenza con il mercato asiatico, di perdite consistenti di utili anche nel 2024 e dell’utilizzo di meno del 40% della capacità installata degli stabilimenti italiani”. Quindi sottolineano come con gli eventuali addii nel nostro Paese rimarrebbe solo la linea del cooking (Melano e l’altra linea di Cassinetta), oltre al centro per ricambi di Carinaro (Caserta). “Riteniamo si stia per completare il piano di disimpegno dall’Italia”, rimarcano. In allarme anche la Uilm: “Chiediamo a Beko e al governo di discutere un piano di rilancio. Siamo pronti ad affrontare anche temi difficili, purché però si scongiurino chiusure e licenziamenti”, dice Gianluca Ficco, componente della segreteria nazionale, ricordando che i sindacati chiedono da tempo un tavolo di settore per “restituire competitività alla nostra industria oggi sotto attacco di una agguerritissima concorrenza internazionale”.

Era già tutto scritto
Al netto delle difficoltà del mercato, i sindacati avevano lanciato l’allarme quasi un anno fa, quando Arçelik ha chiuso l’accordo con Whirlpool per la nascente Beko Europe poiché era lampante la presenza di stabilimenti “doppioni” che assemblano prodotti simili a quelli che escono dalle fabbriche italiane. Non solo: l’intesa prevedeva “sinergie” sui costi per oltre 200 milioni di euro. Da qui l’allarme dei metalmeccanici che avevano detto in chiaro come acquisizioni di questo tipo “comportano forti rischi industriali e occupazionali, a causa delle ottimizzazioni dei costi”. La reazione di Urso era stata all’acqua di rose: un incontro al ministero con i vertici europei e mondiali di Beko e l’esercizio di una norma del golden power approvata in Consiglio dei ministri. Tanto blanda che, ad appena sei mesi di distanza dalla sua approvazione, l’azienda la sta già bypassando.

L’addio a Polonia e Gran Bretagna
Appena una sessantina di giorni dopo la mossa del governo, del resto, Arçelik aveva messo nero su bianco in una relazione del 30 luglio sul secondo trimestre 2024 che avrebbe lavorato sulla complementarietà e la riduzione degli stabilimenti-fotocopia, annunciando già il taglio di 2mila impiegati nel triennio e sinergie che avrebbero portato a un impatto da 300 milioni di euro per anno nel prossimo quinquennio. Poi ha subito chiuso due stabilimenti in Polonia e uno in Gran Bretagna spiegando che non erano sostenibili. Adesso il mirino è puntato sull’Italia. Il disimpegno di Whirlpool e i relativi problemi erano chiari dal 2022 quando la multinazionale statunitense aveva avviato la sua “revisione strategica” e il governo Draghi era rimasto muto per mesi, nonostante le richieste dei sindacati all’allora ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Il rischio era di finire in mano a una grande multinazionale del settore che avrebbe tolto di mezzo un concorrente e ottimizzato le performance in un mercato in forte difficoltà. Una crisi annunciata, insomma. Ora è arrivato il conto.

X: @andtundo