Puntuale come ogni anno, il nuovo capitolo di Call of Duty è finalmente arrivato e con Call of Duty: Black Ops 6, Activision e Treyarch puntano a ridefinire ancora una volta il mondo degli FPS. Questo nuovo capitolo cerca di mantenere l’essenza dei precedenti titoli Black Ops, ma aggiunge novità interessanti sia per quel che riguarda la campagna che nelle modalità multiplayer, promettendo un’esperienza di gioco immersiva e ricca di adrenalina.
Un single player da pelle d’oca
Guerra, spionaggio, servizi segreti, tradimenti e tantissima azione: durante la campagna di Call of Duty: Black Ops 6 ci ritroveremo catapultati in uno dei migliori film d’azione anni ’90 mai visti.
1991: all’inizio dell’Operazione Desert Storm gli agenti della CIA Troy Marshall e William “Case” Calderon, con il supporto dell’operativa Jane Harrow, vengono inviati al confine tra Iraq e Kuwait per portare in salvo un importante Ministro iracheno. Tuttavia, la missione prende una svolta inaspettata quando scoprono che il Ministro è bersaglio di una forza paramilitare nota come “Pantheon”. Dopo un intenso confronto, il team si prepara per l’estrazione, ma un volto ormai noto della saga, Russell Adler, interviene cambiando radicalmente la situazione. Prima di lasciarsi catturare, Adler lascia un criptico messaggio per un vecchio collega, indicando una misteriosa destinazione.
Sospesi dal servizio, Marshall e Case seguono un indizio che li porta a una vecchia base segreta del KGB in Bulgaria, nota come “la Torre”, per saperne di più su Pantheon. Insieme a nuovi alleati, tra cui un geniale ex-membro della Stasi e un’assassina d’élite, riescono a liberare Adler durante una rischiosa operazione sotto Washington, scoprendo che Pantheon ha interessi ben più ampi, legati a traffici di armi con Saddam Hussein e a progetti altamente segreti della CIA.
Da questo esatto momento prende il via la campagna di Black Ops 6, una storia intensa, a tratti allucinante, incastonata in uno dei periodi storici più fumosi della storia Americana. Questa campagna non è però soltanto una storia ben narrata, poiché vanta diverse innovazioni in termini sia di gameplay che di sviluppo del personaggio.
Partendo dalla “Torre”, la base segreta dalla quale gestiremo il proseguo della storia, un’immensa villa nascosta tra le montagne in Bulgaria. Qui abbiamo modo non solo di interagire e discutere con i nostri alleati, ma anche costruirvi diversi piani di lavoro utili al miglioramento del nostro protagonista: attraverso ognuna di queste aree è possibile sviluppare diversi buff, siano essi legati alle armi, agli equipaggiamenti o alla resistenza personale sta a noi deciderlo in base alle nostre necessità e allo stile di gioco.
La Campagna stessa si struttura attraverso delle missioni che possiamo accettare attraverso la classica lavagna da agente della CIA, ricca di documenti e informazioni. Ogni missione vanta peculiarità uniche e diverse tra di loro, avremo dunque sia l’occasione di operare in solitaria che di partecipare attivamente durante la Guerra in supporto alle forze SAS.
Insomma, Black Ops 6 riesce ad offrire una narrazione comunque ben strutturata, cercando di variare dalla solita “solfa”, sebbene resti sempre incastrata nei binari di un’IA non particolarmente sveglia e un finale già prestabilito.
Comparto multiplayer: tra luci ed ombre
Come già ampiamente anticipato dagli sviluppatori, il vero protagonista del comparto Multiplayer di Black Ops 6 è l’Omnimovement (o Movimento Assoluto): un nuovo sistema di movimento molto più libero, che permette ai giocatori di muoversi in modo più versatile, consentendo di concatenare manovre di combattimento senza interruzioni in qualsiasi direzione. Questa nuova meccanica punta sicuramente a cambiare le carte in tavola in un comparto Multiplayer di Call of Duty che aveva indubbiamente la necessità di essere un po’ rinfrescato.
Certo, movimenti simili sono apparsi nei precedenti capitoli, ma questa è la prima volta che gli sviluppatori hanno integrato una tecnica “creata” dalla community: il celebre Dolphin Dive, rivisitato con un tocco di drammaticità. Esteticamente l’omnimovement regala un bel po’ di teatralità durante le partite, ma quanto va ad influenzare il gameplay stesso?
Non molto, a dirla tutta: dopo una trentina di ore passate a “grindare”, il responso finale è che l’Omnimovement è una dinamica utile in situazioni decisamente particolari ed imprevedibili, ma nel contesto di una qualsiasi partita ciò che conta sono sempre la mira, il posizionamento, la lettura della mappa e il caro buon vecchio “Dolphin Dive”.
Comparto Tecnico
In termini grafici Black Ops 6 funziona senza sbavature, complice il fatto che si tratta comunque di un titolo cross-gen che non mette davvero alla prova le macchine di nuova generazione. Graficamente è dunque stabile, non pecca di stuttering e/o cali di frame di sorta.
Ciò che ci ha lasciati interdetti è la grossa problematica del desync dei server, ossia la discrepanza tra ciò che il giocatore vede nel gioco e ciò che il server sta effettivamente elaborando. Questo può causare problemi come la mancata registrazione dei danni, movimenti dei giocatori che sembrano fuori sincronizzazione o danni che non vengono conteggiati correttamente. Un problema che è riuscito a rendere davvero frustranti determinati game, durante i quali 10 colpi in testa non bastavano ad abbattere un nemico, mentre in altri con due colpi il nemico era già rispedito al suo respawn confuso quanto noi. Ciò non aiuta sicuramente a comprendere al meglio il gioco, a capire quali armi funzionano al meglio e con quali accessori, generando solo frustrazione generale.
La questione desync è una problematica che ci auguriamo venga sistemata nel breve periodo, per garantire a tutti la migliore esperienza possibile.
Mappe, Armi e Modalità di Gioco
La qualità dell’esperienza di gioco in Call of Duty dipende da due elementi chiave: la struttura delle mappe e la rosa delle armi disponibili e Black Ops 6 ha centrato l’obiettivo con entrambi. L’XM4 è al momento la nostra arma di punta in quasi tutte le situazioni, soprattutto se utilizzata con 8 accessori grazie alla wildcard “Gunfighter”. I fucili d’assalto la fanno in generale da padrone in questo roster di 16 mappe che ne valorizzano sicuramente le caratteristiche, mentre gli SMG si rendono utili soltanto in un paio di mappe o in modalità di controllo come Postazione.
Una nota positiva va anche ai perk: se ne vengono equipaggiati tre della stessa categoria, si ottiene un buff dato dalla Categoria Combattiva e, sebbene alla fine i perk migliori siano sparsi tra le diverse categorie, Stratega si è rivelato il migliore tra tutti soprattutto per salire di livello velocemente.
Quasi tutte le mappe disponibili sono un piacere da giocare sia in solitaria che in team e ce ne sono davvero per tutti i gusti: al chiuso, all’aperto, in ambienti sia cittadini che rurali. Insomma, un po’ di tutto per i gusti di tutti. Il level design può inizialmente dare l’idea di una mancata simmetria, ma è evidente che questa scelta sia pensata per consentire ai giocatori di riuscire a ribaltare sempre la situazione, ruotando ed aggirando gli avversari (e sì, i “camper” qui non hanno assolutamente vita facile).
Come ormai da tradizione in casa Call of Duty i respawn sono il costante incubo al Day One, una problematica che avevamo preventivato e che si è ripresentata puntualmente. Essere intrappolati al proprio respawn non è esattamente una delle esperienze più tranquille e bilanciate, ma anche questa consueta sbavatura verrà gradualmente sistemata riportando un sentore di pace nella mente dei giocatori.
Nulla di nuovo sul fronte delle modalità di gioco, fatta eccezione per la modalità Esecuzione, un deathmatch “diversificato” dove i giocatori dovranno proteggere un proprio compagno marcato come obiettivo VIP sulla mappa, che diventerà la preda più ambita dai nemici. Insomma, poca novità sotto questo aspetto, ma del resto: squadra che vince non si cambia, le modalità di Call of Duty ci piacciono già così come sono, senza troppi stravolgimenti.
Se dobbiamo trovare un’altra sbavatura al comparto Multiplayer è sicuramente legata alla povertà di operatori e di skin a loro dedicate sbloccabili tramite sfide, un dettaglio che comunque attrae i giocatori e che avremmo apprezzato fosse più ricco e diversificato.
Zombie che ti passa!
Anche la modalità “fiore all’occhiello” di casa Treyarch, Zombie, brilla di luce propria. Che si decida di affrontare l’avventura da solo o di unire le forze con tre amici o perfetti sconosciuti, una cosa è certa: verremo catapultati in una frenetica fuga dall’avamposto sull’isola di Terminus o nei labirintici vicoli di Liberty Falls. La modalità Zombi riporta in vita i non-morti attraverso un sistema a round, dove completare obiettivi e missioni è fondamentale per progredire nel gioco.
La modalità Zombi unisce la progressione tipica della cooperazione a un gameplay robusto, incentivando i giocatori con obiettivi e missioni da completare, oltre a zone da esplorare liberamente. Il sistema di Omnimovement, insieme a un gunplay impeccabile, offre un’alternativa avvincente sia per il single player che per il multiplayer tradizionale.
Le sfide si intensificano con ondate di nemici sempre più insidiose e creature inedite, mentre il ritorno di elementi classici come i distributori di potenziamenti (Pack-a-Punch e Perk-a-Cola) consente di spendere l’Essenza accumulata eliminando i mostri. Ogni tentativo di fuga si trasforma rapidamente in un’escalation di sfide e orrori, mettendo alla prova anche i giocatori più esperti.
Tuttavia, un tutorial per i principianti sarebbe utile, poiché la quantità di informazioni da apprendere—modifiche, potenziamenti, consumabili, essenza, materiali e gadget da scoprire, oltre a quest e segreti (e chi non ama gli easter egg?) può risultare opprimente. Chi è già esperto nel caos della decomposizione troverà sicuramente divertente mettere alla prova le proprie abilità in questo frenetico mondo.
In Conclusione
Activision e Treyarch sono riusciti a confezionare un’ottimo prodotto che viene sostenuto egregiamente da tutti e tre i suoi pilastri: una Campagna al cardiopalma, un Multiplayer dinamico ed adrenalinico e una modalità Zombie appagante e positivamente soffocante. Al netto di qualche sbavatura nel comparto tecnico online come il desync dei server e i respawn imprecisi, Call of Duty: Black Ops 6 riesce nell’intento di spingere a competere, a comprendere l’omnimovement e le mappe, divertendo a 360 gradi tra le diverse modalità e coinvolgendo al punto giusto.