Trump ha vinto le elezioni. Anzi, i “Democratici” le hanno perse.
Il mondo è ripiombato in un nuovo incubo: Donald 2.0. Sembra un film (dell’orrore?), ma è la realtà, così come ci appare, se ci pare.
L’angoscia di una fetta importante di opinionisti, elettori e persone comuni è condivisibile. Un negazionista della scienza climatica a capo del mondo è la ricetta perfetta per aumentare quello che sofisticati scienziati definiscono “rischio esistenziale”, ma che in realtà possiamo banalmente chiamare “estinzione del genere umano.” L’umanità è un treno in corsa verso il precipizio ecologico. Le politiche di Trump terranno saldamente il piede sull’acceleratore.
Tuttavia, non capisco tutta questa grande sorpresa e scalpore. Parafrasando Bernie Sanders “non dovrebbe sorprendere che un Partito Democratico che ha abbandonato la classe sociale meno abbiente e potente si accorga che la classe meno abbiente e potente lo ha abbandonato”. La vittoria di Trump è solo un’inevitabile conseguenza di un sistema politico ed economico moralmente corrotto, diseguale, ingiusto, genuflesso agli interessi politici delle fasce più potenti della società. Ma soprattutto: i “democratici” non si sono resi conto che il genocidio dei bambini di Gaza sarebbe diventato anche il loro suicidio (elettorale)?
Chiarisco subito un punto: i margini di differenza nelle preferenze a Trump e Harris sono state ampie. Naturalmente c’erano ben altre questioni (economiche e sociali) che hanno spinto le comunità latine e i settori meno abbienti degli Stati Uniti a non votare per Kamala e i “Democratici.”
Ma il genocidio di Gaza c’entra. C’entra eccome. La tragedia dei Palestinesi sotto le bombe “made in Usa” non è altro che il simbolo più lampante dell’ipocrisia di un partito che ha tradito gli elettori su numerose altre tematiche.
L’approccio della campagna elettorale della Harris su Gaza è stato simile a quello adottato su altre questioni, in termini di ignorare in modo sistematico le preoccupazioni psicologiche, economiche e sociali delle fasce meno abbienti della popolazione. La riluttanza di Kamala a non rinunciare all’invio di armi a Israele e perpetrare il genocidio dei palestinesi è stata indicativa di un più ampio fallimento nel fare un appello convincente alla parte più attiva del Partito Democratico. Come su Gaza, sull’immigrazione, sull’economia e su altri temi, la sua campagna è sembrata più concentrata a persuadere le élite e i repubblicani moderati che a motivare la base e a coinvolgere nuovi elettori giovani e apassionati.
Inoltre, in Michigan sembra che il genocidio di Gaza abbia fatto davvero la differenza.
Qualche mese fa un sondaggio della CBS News ha mostrato che l’opposizione agli aiuti militari a Israele è un tema molto sentito: il 61% degli adulti americani chiedevano la fine dei trasferimenti di armi a Israele, compreso il 77% dei democratici. Questo potrebbe aver giocato un ruolo importante negli stati in bilico.
La candidata palestinese Rashida Tlaib, alle cronache per aver esposto cartelli con le scritte “criminale di guerra” e “colpevole di genocidio” al Premier israeliano Netanyahu – mentre molti altri deputati tributavano fragorosi applausi – ha ottenuto il 69,7% di voti nel suo distretto. Alcuni elettori coscienziosi potrebbero aver pensato “preferisco il suicidio che votare per un genocidio”. Chi può biasimarli?
Le armi statunitensi inviate a Israele dai “democratici” hanno contribuito al massacro di oltre 15.000 bambini. Ora a Gaza ci sono più bambini amputati che in qualsiasi altra parte del mondo. Trattenete le lacrime di fronte a questo video di un bambino palestinese addormentato, abbracciato alla tomba di sua madre, se potete. Si, “preferirei il suicidio che votare per un genocidio”. La tragica ironia è invece che i “democratici” hanno commesso un suicidio pur di non rinunciare a continuare un genocidio.