La crisi interna alla maggioranza costringe Olaf Scholz a ritardare la partecipazione al vertice europeo a Budapest e non andrà a Baku alla 29ma Conferenza mondiale sul clima. Il defenestrato Christian Lindner sarà sostituito dal sottosegretario nel cancellierato Jörg Kukies, consigliere finanziario e suo stretto collaboratore. Dei quattro ministri liberali rimane, ai trasporti, solo Volker Wissing che ha lasciato la FDP per restare come indipendente e guadagna anche il dicastero della Giustizia al posto di Marco Buschmann che ha chiesto al Presidente di essere sollevato dall’incarico, insieme a Bettina Stark-Watzinger che sarà sostituita dall’attuale ministro dell’Agricoltura Cem Özdemir. Steinmeier lo ha ratificato questo pomeriggio, affiancato dai ministri uscenti, dal neo nominato Jörg Kukies e da Olaf Scholz. Per quanto rara, l’interruzione di una legislatura è prevista dalla Costituzione tedesca. Steinmeier procederà come prevede l’articolo 68 della Carta costituzionale. “E’ la fine della coalizione, non la fine del mondo” ha commentato indicando ai partiti che “non è il tempo di tattiche e scaramucce […] è il tempo di ragione e stabilità […] la Germania ha bisogno di una maggioranza e di un Governo stabili”. Robert Habeck ha però ribadito che sino ad allora il Governo non è di transizione ma a tutti gli effetti in carica. Non ha nascosto la delusione per una fine “tanto logica quanto inutile a questo punto” quando sul tavolo c’erano proposte per ripianare il bilancio che non avrebbero intaccato il freno al debito. Aveva già perorato che è il momento peggiore, non solo per le elezioni negli USA, ma prima dell’approvazione del bilancio, lasciando la Germania incapace di operare proprio quando la situazione economica lo richiede urgentemente.
I prossimi passi – Scholz intende porre a metà gennaio la fiducia al Parlamento per vedersela negare ed aprire la strada allo scioglimento del Parlamento entro 21 giorni da parte del Presidente della Repubblica e a nuove elezioni entro 60. Concretamente entro fine marzo, probabilmente già nella prima metà del mese. È un passo che fecero anche Willy Brandt nel 1972 ed Helmut Kohl nel 1983, e ancora Gerhard Schröder nell’autunno 2005. I primi due rafforzarono con le nuove elezioni i loro gruppi parlamentari, al contrario Schröder perse dando il via ai 16 anni di cancellierato di Angela Merkel (CDU). Scholz ha annunciato poi di voler portare all’approvazione entro Natale tutte le leggi che “non tollerano ritardi”. Tra queste l’attuazione del sistema europeo comune di asilo, la stabilizzazione delle pensioni e le misure immediate per il rilancio industriale, che dovranno passare in entrambi i rami del Parlamento. Il calcolo di Scholz è di guadagnare tempo fino a marzo sperando che rafforzando il suo ruolo di leadership, alla fine la SPD possa sovvertire i sondaggi e superare la AfD. Per questo ha però anche bisogno di CDU/CSU, pur mettendo in conto che essa intervenga nelle leggi da approvare.
L’ultimatum – Più voci dall’opposizione si sono però levate perché Scholz eviti tatticismi e ponga subito la questione di fiducia. Friedrich Merz (CDU) gli ha chiesto di procedervi entro la settimana prossima, accelerando i tempi per nuove elezioni già a gennaio. Lo stesso ha fatto anche Sahra Wagenknecht (BSW): “Il caos personale nel governo mostra che nuove elezioni non possono essere rinviate”. Sulla stessa linea Alice Weidel (AfD). I Linke hanno registrato il totale fallimento del Governo, irridendo però alla richiesta di nuove elezioni immediate da parte della CDU, registrando che se volesse fare una nuova grande coalizione non ne avrebbe bisogno. Steinmeier potrebbe infatti in via teorica anche non seguire la richiesta di sciogliere il Bundestag, il Parlamento può alternativamente proporre un nuovo Cancelliere che abbia una maggioranza. È un’ipotesi irrealistica adesso perché CDU/CSU e FDP non ce l’hanno ed è escluso che accettino, se mai ci fossero, i voti della AfD. Il Parlamento stesso altrimenti, ai sensi dell’art 67 della Costituzione, avrebbe potuto anche sfiduciare di propria iniziativa Scholz. Una soluzione alla crisi fuori dalle urne potrebbe dunque essere plausibile solo se CDU, SPD e Verdi intessessero un accordo. Steinmeier sarebbe allora tenuto a nominare il nuovo Cancelliere indicatogli dal Bundestag.
Alle urne – Nelle proiezioni elettorali la CDU è data al 34%, seguita dalla AfD al 17% ed a ruota la SPD col 16%. I verdi arriverebbero all‘11% e BSW al 6%. La FDP avrebbe solo il 4% e resterebbe fuori dal nuovo Bundestag. Da un esperimento per l’arte di compromesso si passerebbe ad un altro perché la CDU dovrebbe allearsi con SPD e Verdi, essendosi già dimostrata impraticabile un’alleanza con BSW in Sassonia. La Germania è dunque governabile solo a condizione di compromessi.
Le ragioni della crisi – La coalizione tra SPD, Verdi e FDP saltata ieri era stata una novità a livello nazionale, ma aveva un precedente in Renania Palatinato. Il 7 dicembre 2021 i tre partiti sottoscrissero il contratto di Governo dal titolo “Osare più progresso”. Emblematico era stato un selfie su Instagram con Annalena Baerbock, Robert Habeck, Volker Wissing e Christian Lindner col commento “nella ricerca di un nuovo governo esploriamo i punti in comune e i ponti per superare le divisioni. E trovarne anche qualcuno. Tempi emozionanti”. La FDP cercava nuove opzioni oltre un’alleanza con la CDU e Christian Lindner alla presentazione della “coalizione per il futuro” lodò: “Abbiamo conosciuto Olaf Scholz durante le trattative. Lo abbiamo sperimentato come un leader forte”. Di tanta fascinazione non c’era più traccia mercoledì sera, quando Lindner ha accusato Scholz di “rottura calcolata” della coalizione semaforo (detta così dai colori dei partiti). “È dimostrato dalla sua dichiarazione attentamente preparata”, ha lamentato ed ha rincarato oggi parlando di “delusione umana” e di scelta decisiva di direzione anche nella cultura politica. Finché ci sono stati soldi si erano potute superare le differenze programmatiche all’interno della maggioranza, il suo riassunto. Effettivamente Scholz ha annunciato di aver cacciato Lindner con un discorso che non poteva essere stato improvvisato, accusandolo di ripetuta “violazione di fiducia” e dicendo “non voglio più sottoporre il Paese a questo tipo di comportamento”. Lindner, pretendendo di dettare le regole ai partner, ha scelto di cercare di salvare il partito, sacrificando la partecipazione al Governo.
La chiave della rottura d’altronde è proprio il bilancio, non solo integrativo per il 2024, ma soprattutto quello preventivo per il 2025 che il Bundestag avrebbe dovuto votare il 29 novembre. La FDP si opponeva decisamente ad un alleggerimento al freno del debito, mentre SPD e Verdi lo ritengono preferibile per coniugare le esigenze di coesione sociale, rilanciare l’economia e continuare a supportare l’Ucraina. Si tratta in buona sostanza di calmierare i prezzi energetici dell’industria, assicurare posti di lavoro in quella automobilistica e dei suoi fornitori, introdurre il premio agli investimenti proposto da Robert Habeck e aumentare l’aiuto all’Ucraina. È lo stesso Cancelliere che lo ha fatto trasparire dichiarando che la Germania è il Paese europeo meno indebitato, ma che l’articolo 115 della Costituzione ammette uno sforamento straordinario in situazioni di necessità. Ha esplicitato ancora giovedì che non si possono contrapporre le spese per l’Ucraina -già circa 30 miliardi- alle altre. Un colloquio giovedì col capo dell’opposizione Friedrich Merz per assicurarsi l’appoggio ad un finanziamento solido di provvedimenti per rafforzare economia e difesa si è però concluso dopo 25 minuti con aperture solo in caso chiedesse subito la fiducia.
Le reazioni – La Presidente del parlamento europeo Roberta Metsola ha manifestato preoccupazione: “L’Europa non è forte senza una Germania forte”. Il Segretario Generale della NATO Mark Rutte ha dato fiducia a Scholz: “Lo conosco molto bene; nei prossimi mesi farà in modo che la Germania continui a svolgere il suo ruolo sulla scena politica globale”. La presidentessa del sindacato DGB Yasmin Fahimi, ex politica della SPD, ha pienamente appoggiato l’operato di Scholz: “Christian Lindner si è reso da solo un rischio nazionale per uno stabile e buono sviluppo”.
Il mondo economico chiede elezioni rapide. Il presidente dell’Istituto economico Ifo, Clemens Fuest, che aveva già lodato il documento programmatico con cui Lindner spronava a mantenere il freno al debito, si è rammaricato della fine della coalizione tra accuse vicendevoli, ma ha auspicato nuove elezioni rapide. Analogamente il presidente della Confindustria Siegfried Russwurm “ora abbiamo bisogno di un nuovo Governo efficace con una propria maggioranza parlamentare il più rapidamente possibile”; il Presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) Manuel Fratzscher ha definito “arrischiata” la fine del Governo adesso, ma “probabilmente il minore dei mali rispetto al protrarsi della paralisi politica ed economica”. Nei social sono già apparsi i primi meme. Un sondaggio ARD registrato mercoledì prima del crac registra già una maggioranza del 53% favorevole ad elezioni anticipate, anche se un 40% avrebbe auspicato la fine regolare della legislatura. Per il ritorno alle urne il 60% all’est ed il 52% all’ovest. L’85% del campione insoddisfatto del lavoro del Governo e solo un 14% dà una pagella positiva. Singolarmente valutati, Scholz e Lindner nella statistica appaiono a parimerito, insieme a Alice Weidel (AfD), solo al quinto posto col 19%.
Il rendiconto – Un giudizio inclemente se si considera che il semaforo ha saputo confrontarsi con lo scoppio della guerra in Ucraina e la crisi energetica, stabilizzando i prezzi della corrente e recuperando lo shock inflazionistico, avviando poi con successo la riconversione energetica. Il Governo Scholz ha effettivamente realizzato molti dei suoi impegni come l’innalzamento del salario minimo, la parziale liberalizzazione della cannabis e la legge sulla autodeterminazione anagrafica del sesso, è riuscito ad avere anche i voti dell’opposizione per un fondo straordinario di 100 miliardi per l’esercito. Ha però subito una dura perdita di immagine con l’indiscrezione anzitempo del progetto di legge sul passaggio a riscaldamenti più favorevoli all’ambiente e la bocciatura del bilancio nel 2023 da parte della Corte costituzionale. La perdita della sua popolarità è stata drastica, tuttavia, per due anni di fila di recessione economica; accompagnati dalla litigiosità interna che ne hanno determinato il disgregamento. Un’occorrenza già capitata in passato due volte sempre a causa della FDP, il 27 ottobre 1966 ritirandosi dal governo di Ludwig Erhard (CDU) che dovette cedere il comando al compagno di partito Kurt Georg Kiesinger e nel 1982 quando Otto Graf Lambsdorff provocò la caduta di Helmut Schmidt (SPD) e la FDP appoggiò quindi la sfiducia costruttiva in favore del cancellierato di Helmut Kohl.
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Governo tedesco in crisi, cosa succede ora: ipotesi, suggestioni e la certezza di Scholz che vuole prendere tempo per restare in sella
La crisi interna alla maggioranza costringe Olaf Scholz a ritardare la partecipazione al vertice europeo a Budapest e non andrà a Baku alla 29ma Conferenza mondiale sul clima. Il defenestrato Christian Lindner sarà sostituito dal sottosegretario nel cancellierato Jörg Kukies, consigliere finanziario e suo stretto collaboratore. Dei quattro ministri liberali rimane, ai trasporti, solo Volker Wissing che ha lasciato la FDP per restare come indipendente e guadagna anche il dicastero della Giustizia al posto di Marco Buschmann che ha chiesto al Presidente di essere sollevato dall’incarico, insieme a Bettina Stark-Watzinger che sarà sostituita dall’attuale ministro dell’Agricoltura Cem Özdemir. Steinmeier lo ha ratificato questo pomeriggio, affiancato dai ministri uscenti, dal neo nominato Jörg Kukies e da Olaf Scholz. Per quanto rara, l’interruzione di una legislatura è prevista dalla Costituzione tedesca. Steinmeier procederà come prevede l’articolo 68 della Carta costituzionale. “E’ la fine della coalizione, non la fine del mondo” ha commentato indicando ai partiti che “non è il tempo di tattiche e scaramucce […] è il tempo di ragione e stabilità […] la Germania ha bisogno di una maggioranza e di un Governo stabili”. Robert Habeck ha però ribadito che sino ad allora il Governo non è di transizione ma a tutti gli effetti in carica. Non ha nascosto la delusione per una fine “tanto logica quanto inutile a questo punto” quando sul tavolo c’erano proposte per ripianare il bilancio che non avrebbero intaccato il freno al debito. Aveva già perorato che è il momento peggiore, non solo per le elezioni negli USA, ma prima dell’approvazione del bilancio, lasciando la Germania incapace di operare proprio quando la situazione economica lo richiede urgentemente.
I prossimi passi – Scholz intende porre a metà gennaio la fiducia al Parlamento per vedersela negare ed aprire la strada allo scioglimento del Parlamento entro 21 giorni da parte del Presidente della Repubblica e a nuove elezioni entro 60. Concretamente entro fine marzo, probabilmente già nella prima metà del mese. È un passo che fecero anche Willy Brandt nel 1972 ed Helmut Kohl nel 1983, e ancora Gerhard Schröder nell’autunno 2005. I primi due rafforzarono con le nuove elezioni i loro gruppi parlamentari, al contrario Schröder perse dando il via ai 16 anni di cancellierato di Angela Merkel (CDU). Scholz ha annunciato poi di voler portare all’approvazione entro Natale tutte le leggi che “non tollerano ritardi”. Tra queste l’attuazione del sistema europeo comune di asilo, la stabilizzazione delle pensioni e le misure immediate per il rilancio industriale, che dovranno passare in entrambi i rami del Parlamento. Il calcolo di Scholz è di guadagnare tempo fino a marzo sperando che rafforzando il suo ruolo di leadership, alla fine la SPD possa sovvertire i sondaggi e superare la AfD. Per questo ha però anche bisogno di CDU/CSU, pur mettendo in conto che essa intervenga nelle leggi da approvare.
L’ultimatum – Più voci dall’opposizione si sono però levate perché Scholz eviti tatticismi e ponga subito la questione di fiducia. Friedrich Merz (CDU) gli ha chiesto di procedervi entro la settimana prossima, accelerando i tempi per nuove elezioni già a gennaio. Lo stesso ha fatto anche Sahra Wagenknecht (BSW): “Il caos personale nel governo mostra che nuove elezioni non possono essere rinviate”. Sulla stessa linea Alice Weidel (AfD). I Linke hanno registrato il totale fallimento del Governo, irridendo però alla richiesta di nuove elezioni immediate da parte della CDU, registrando che se volesse fare una nuova grande coalizione non ne avrebbe bisogno. Steinmeier potrebbe infatti in via teorica anche non seguire la richiesta di sciogliere il Bundestag, il Parlamento può alternativamente proporre un nuovo Cancelliere che abbia una maggioranza. È un’ipotesi irrealistica adesso perché CDU/CSU e FDP non ce l’hanno ed è escluso che accettino, se mai ci fossero, i voti della AfD. Il Parlamento stesso altrimenti, ai sensi dell’art 67 della Costituzione, avrebbe potuto anche sfiduciare di propria iniziativa Scholz. Una soluzione alla crisi fuori dalle urne potrebbe dunque essere plausibile solo se CDU, SPD e Verdi intessessero un accordo. Steinmeier sarebbe allora tenuto a nominare il nuovo Cancelliere indicatogli dal Bundestag.
Alle urne – Nelle proiezioni elettorali la CDU è data al 34%, seguita dalla AfD al 17% ed a ruota la SPD col 16%. I verdi arriverebbero all‘11% e BSW al 6%. La FDP avrebbe solo il 4% e resterebbe fuori dal nuovo Bundestag. Da un esperimento per l’arte di compromesso si passerebbe ad un altro perché la CDU dovrebbe allearsi con SPD e Verdi, essendosi già dimostrata impraticabile un’alleanza con BSW in Sassonia. La Germania è dunque governabile solo a condizione di compromessi.
Le ragioni della crisi – La coalizione tra SPD, Verdi e FDP saltata ieri era stata una novità a livello nazionale, ma aveva un precedente in Renania Palatinato. Il 7 dicembre 2021 i tre partiti sottoscrissero il contratto di Governo dal titolo “Osare più progresso”. Emblematico era stato un selfie su Instagram con Annalena Baerbock, Robert Habeck, Volker Wissing e Christian Lindner col commento “nella ricerca di un nuovo governo esploriamo i punti in comune e i ponti per superare le divisioni. E trovarne anche qualcuno. Tempi emozionanti”. La FDP cercava nuove opzioni oltre un’alleanza con la CDU e Christian Lindner alla presentazione della “coalizione per il futuro” lodò: “Abbiamo conosciuto Olaf Scholz durante le trattative. Lo abbiamo sperimentato come un leader forte”. Di tanta fascinazione non c’era più traccia mercoledì sera, quando Lindner ha accusato Scholz di “rottura calcolata” della coalizione semaforo (detta così dai colori dei partiti). “È dimostrato dalla sua dichiarazione attentamente preparata”, ha lamentato ed ha rincarato oggi parlando di “delusione umana” e di scelta decisiva di direzione anche nella cultura politica. Finché ci sono stati soldi si erano potute superare le differenze programmatiche all’interno della maggioranza, il suo riassunto. Effettivamente Scholz ha annunciato di aver cacciato Lindner con un discorso che non poteva essere stato improvvisato, accusandolo di ripetuta “violazione di fiducia” e dicendo “non voglio più sottoporre il Paese a questo tipo di comportamento”. Lindner, pretendendo di dettare le regole ai partner, ha scelto di cercare di salvare il partito, sacrificando la partecipazione al Governo.
La chiave della rottura d’altronde è proprio il bilancio, non solo integrativo per il 2024, ma soprattutto quello preventivo per il 2025 che il Bundestag avrebbe dovuto votare il 29 novembre. La FDP si opponeva decisamente ad un alleggerimento al freno del debito, mentre SPD e Verdi lo ritengono preferibile per coniugare le esigenze di coesione sociale, rilanciare l’economia e continuare a supportare l’Ucraina. Si tratta in buona sostanza di calmierare i prezzi energetici dell’industria, assicurare posti di lavoro in quella automobilistica e dei suoi fornitori, introdurre il premio agli investimenti proposto da Robert Habeck e aumentare l’aiuto all’Ucraina. È lo stesso Cancelliere che lo ha fatto trasparire dichiarando che la Germania è il Paese europeo meno indebitato, ma che l’articolo 115 della Costituzione ammette uno sforamento straordinario in situazioni di necessità. Ha esplicitato ancora giovedì che non si possono contrapporre le spese per l’Ucraina -già circa 30 miliardi- alle altre. Un colloquio giovedì col capo dell’opposizione Friedrich Merz per assicurarsi l’appoggio ad un finanziamento solido di provvedimenti per rafforzare economia e difesa si è però concluso dopo 25 minuti con aperture solo in caso chiedesse subito la fiducia.
Le reazioni – La Presidente del parlamento europeo Roberta Metsola ha manifestato preoccupazione: “L’Europa non è forte senza una Germania forte”. Il Segretario Generale della NATO Mark Rutte ha dato fiducia a Scholz: “Lo conosco molto bene; nei prossimi mesi farà in modo che la Germania continui a svolgere il suo ruolo sulla scena politica globale”. La presidentessa del sindacato DGB Yasmin Fahimi, ex politica della SPD, ha pienamente appoggiato l’operato di Scholz: “Christian Lindner si è reso da solo un rischio nazionale per uno stabile e buono sviluppo”.
Il mondo economico chiede elezioni rapide. Il presidente dell’Istituto economico Ifo, Clemens Fuest, che aveva già lodato il documento programmatico con cui Lindner spronava a mantenere il freno al debito, si è rammaricato della fine della coalizione tra accuse vicendevoli, ma ha auspicato nuove elezioni rapide. Analogamente il presidente della Confindustria Siegfried Russwurm “ora abbiamo bisogno di un nuovo Governo efficace con una propria maggioranza parlamentare il più rapidamente possibile”; il Presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) Manuel Fratzscher ha definito “arrischiata” la fine del Governo adesso, ma “probabilmente il minore dei mali rispetto al protrarsi della paralisi politica ed economica”. Nei social sono già apparsi i primi meme. Un sondaggio ARD registrato mercoledì prima del crac registra già una maggioranza del 53% favorevole ad elezioni anticipate, anche se un 40% avrebbe auspicato la fine regolare della legislatura. Per il ritorno alle urne il 60% all’est ed il 52% all’ovest. L’85% del campione insoddisfatto del lavoro del Governo e solo un 14% dà una pagella positiva. Singolarmente valutati, Scholz e Lindner nella statistica appaiono a parimerito, insieme a Alice Weidel (AfD), solo al quinto posto col 19%.
Il rendiconto – Un giudizio inclemente se si considera che il semaforo ha saputo confrontarsi con lo scoppio della guerra in Ucraina e la crisi energetica, stabilizzando i prezzi della corrente e recuperando lo shock inflazionistico, avviando poi con successo la riconversione energetica. Il Governo Scholz ha effettivamente realizzato molti dei suoi impegni come l’innalzamento del salario minimo, la parziale liberalizzazione della cannabis e la legge sulla autodeterminazione anagrafica del sesso, è riuscito ad avere anche i voti dell’opposizione per un fondo straordinario di 100 miliardi per l’esercito. Ha però subito una dura perdita di immagine con l’indiscrezione anzitempo del progetto di legge sul passaggio a riscaldamenti più favorevoli all’ambiente e la bocciatura del bilancio nel 2023 da parte della Corte costituzionale. La perdita della sua popolarità è stata drastica, tuttavia, per due anni di fila di recessione economica; accompagnati dalla litigiosità interna che ne hanno determinato il disgregamento. Un’occorrenza già capitata in passato due volte sempre a causa della FDP, il 27 ottobre 1966 ritirandosi dal governo di Ludwig Erhard (CDU) che dovette cedere il comando al compagno di partito Kurt Georg Kiesinger e nel 1982 quando Otto Graf Lambsdorff provocò la caduta di Helmut Schmidt (SPD) e la FDP appoggiò quindi la sfiducia costruttiva in favore del cancellierato di Helmut Kohl.
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Accordo Sinner-Wada: tre mesi di squalifica. Colpi bassi e futuro: ha scelto la strategia più razionale. Primo posto a rischio? Gli scenari
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "I vigliacchi di Hamas ancora una volta esibiscono ostaggi, ma si mostrano a volto coperto. Perché sono dei codardi. Sono protagonisti di un’azione terroristica che dimostra la loro impossibilità di proporsi come uno Stato". Lo dice Maurizio Gasparri.
"O i palestinesi si liberano di questa setta di terroristi vigliacchi o non potranno essere interlocutori della comunità internazionale. Non si può parlare di due popoli e di due Stati quando c'è uno stato democratico, un popolo perseguitato, Israele e gli israeliani, e c'è un popolo palestinese che si fa comandare da questi vili criminali, che si nascondono perché non hanno il coraggio di mostrare il loro volto da assassini al mondo intero", aggiunge il presidente dei senatori di FI.
Roma, 15 feb. (Adnkronos) - Non saranno sempre "una cosa bellissima", come diceva l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ma le tasse restano stabilmente nella top ten dei temi 'divisivi' del centrosinistra. L'ultima accesa discussione, e non è certo la prima volta, è scoppiata sulla patrimoniale. Un 'evergreen', dall'Ulivo al campo largo. Che adesso vede, appunto, coinvolti Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e tutto il fronte alternativo al centrodestra.
A far (ri) scoppiare la polemica è stato lo stesso Fratoianni che, ad un convegno sui sistemi fiscali si è rivolto ai compagni di viaggio, seduti al suo fianco per ascoltare le relazioni del premio nobel Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz e dell'economista Hayati Ghosh. "Mi rivolgo a voi: verrà presto il momento di formulare una proposta per l’alternativa e bisogna dire che per una patrimoniale sulle grandi ricchezze è arrivato il momento, non si può rinviare", ha detto il leader di SI a Schlein e Conte.
Da lì, il dibattito è partito incontenibile. Ai leader di sinistra, c'è da dire, è arrivato l'abbrivio di Stiglitz che, citando il Papa, ha sottolineato: "Le tasse sono uno strumento importante per proteggere i poveri". Ma a sinistra non c'era certo bisogno dell'endorsement di un premio Nobel per accendere la miccia sul fisco. I più 'nostalgici' ricordano la mossa elettorale di Rifondazione comunista. Correva l'anno 2006, il partito di Nichi Vendola era al governo (quello con Padoa Schioppa ministro) e per le elezioni pensò di riempire le città con i manifesti con la foto di un panfilo e lo slogan preso da una telenovela degli anni '70: 'Anche i ricchi piangano'. Da lì a poco la stagione dell'Ulivo arrivò al capolinea.
(Adnkronos) - Eppure l'idea del 'prelievo forzoso' sulla quale i progressisti sono messi da sempre all'indice dagli avversari politici non è una idea di sinistra. A inventarlo, in Italia, è il governo Nitti nel 1919 per far quadrare i conti traballanti. Ma lo fa anche Mussolini, dopo la guerra in Etiopia, nel '36. Per gli stessi motivi. Eppure è sempre a sinistra che si guarda (e si polemizza) quando si parla di tasse. Silvio Berlusconi ha costruito una campagna anti sinistra, una costante della sua carriera politica, sin quando parlava del prelievo "con il favore delle tenebre" a proposito del 6xmille retroattivo sui conti correnti imposto dal governo Amato nel '92 per arginare le falle dei conti pubblici.
E le polemiche su Matteo Renzi e l'Imu? "Elimineremo noi, perché gli altri hanno fatto la finta, la tassa sulla prima casa, l'Imu agricola e sugli imbullonati", annunciò l'allora premier all'assemblea del Pd, finendo nel mirino con l'accusa di 'berlusconismo'. Ma gli esempi sono tanti, anche più recenti. Alle elezioni del 2022 Enrico Letta lanciò la proposta della dote ai 18enni, un capitale di circa 10mila euro da spendere in formazione, casa o per avviare una attività. "Sarà finanziata con la tassa di successione per i patrimoni plurimilionari", spiegò il segretario del Pd, subito accusato di voler introdurre la patrimoniale in maniera surrettizia.
A distanza di anni i progressisti si trovano ancora, sempre, alle prese con la discussione sul fisco e sulle varie ricette per le tasse. Con Schlein che oggi dice: "Non è un tabù un intervento sui grandi patrimoni", indicando però una soluzione "almeno a livello europeo" sulle orme di quella suggerita dal presidente brasiliano Lula al G20. E Conte che invita a parlare di tasse ma "in modo intelligente", per "contrastare il capitalismo parassitario".
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Nella giornata di oggi, 15 febbraio, presso i locali della federazione provinciale del Pd in corso Mazzini, si è svolto l’incontro fra la delegazione del Partito democratico, composta da Vittorio Pecoraro, segretario provinciale, Rosi Caligiuri, segretaria cittadina, e Francesco Alimena, capogruppo Pd in Consiglio comunale, con il sindaco di Cosenza, Franz Caruso". Lo spiegano in una nota congiunta gli stessi Pecoraro, Caligiuri e Alimena.
"Nell’esprimere il proprio sostegno all’esperienza amministrativa, il Partito democratico, ribadendo la propria unità, ha rappresentato al sindaco la sua proposta per il completamento della giunta con l’indicazione dell’avvocata Maria Locanto quale vicesindaca", proseguono i dem.
"Il sindaco ha ascoltato la valutazione del Pd e, nel rispetto delle proprie prerogative, si è riservato di esaminare con attenzione tale richiesta. L’indicazione di Maria Locanto è l’espressione del territorio ed è stata formulata a livello cittadino, provinciale e regionale del Partito, nonché dalle rispettive rappresentanze istituzionali. La scelta di Maria Locanto testimonia in modo chiaro l’unità del Pd, essendo presidente provinciale del Partito e avendo sempre lavorato con equilibrio e senso di responsabilità per la crescita della nostra comunità", sottolineano ancora gli esponenti Pd.
(Adnkronos) - "La delegazione del Pd ha, nel contempo, espresso al Sindaco la volontà di un impegno unitario perché la riorganizzazione della giunta non si espliciti soltanto attraverso una mera sostituzione assessorile ma sia opportunità per un rilancio strategico dell'azione amministrativa, affinché la seconda metà della consiliatura possa essere la fase di pieno compimento della attuazione del programma di governo su cui la maggioranza degli elettori cosentini ha espresso fiducia nella proiezione del progetto "Cosenza 2050'", concludono i dirigenti dem.
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Oggi si vota in 101 province per il congresso di Azione, un esercizio organizzativo molto complesso, ma necessario per riportare i partiti a essere quello che erano: luoghi di confronto democratico sulle idee e sulla linea politica. Siamo molto felici di come è andato". Lo dice Carlo Calenda.
"Ringrazio tutti i militanti, gli iscritti, i garanti congressuali e le persone che in questi mesi si sono attivati per tenere viva e rendere più forte la nostra comunità", aggiunge il leader di Azione.
Sanremo, 15 feb. - (Adnkronos) - “Tradizione, italianità e vicinanza sono valori del Festival di Sanremo e anche di Generali che li applica nel quotidiano per essere partner dei nostri clienti e costruire insieme il loro futuro”. Lo ha detto Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia, dal famoso e ormai iconico ‘Balconcino’ dell’Agenzia di Sanremo “che idealmente rappresenta tutte le piazze, tutti i balconcini, tutti i luoghi dove tutta la nostra eccezionale rete di agenti opera tutti i giorni per progettare il futuro” con gli italiani". "Proprio “la rete di 2mila agenzie e 20mila colleghe e colleghi presenti sul territorio, è il cuore del nostro business - sottolinea Monacelli - È grazie a loro se riusciamo a tenere fede alla nostra ambizione, che è quella di essere ‘Partner di Vita’ delle persone, in ogni momento rilevante, accompagnandole, con la consulenza di valore, a fare scelte consapevoli e responsabili con l’obiettivo di proteggere il loro futuro e il futuro delle persone che stanno loro a cuore”.
Per il terzo anno consecutivo “siamo felicemente presenti a Sanremo” con vista sull’Ariston “perché vogliamo essere dove succedono le cose che contano - aggiunge Marco Oddone, Chief Marketing & Distribution Officer di Generali Italia - Milioni di persone seguono Sanremo ogni sera e noi vogliamo essere vicini agli Italiani, nei vari momenti di vita, anche in un momento leggero, come si vede nello spot che abbiamo lanciato in questa occasione: mentre ‘tutti cantano Sanremo’, ci sono persone che prendono decisioni importanti della loro vita e noi, con i nostri agenti siamo loro vicini”. Con Sanremo “è scoccata una vera e propria scintilla - racconta Oddone - C’è una condivisione di valori: tradizione, passione, ma anche innovazione, con nuovi linguaggi dedicati a tutte le generazioni. Abbiamo raccontato il Festival con la voce di Caterina Ferioli, protagonista della nuova serie TV Belcanto, che è diventata portavoce di una prospettiva privilegiata sul Teatro Ariston attraverso i social, per coinvolgere ed entusiasmare persone di tutte le età. Un racconto a 360 gradi - conclude - da una prospettiva unica sull’Ariston al quale siamo molto felici di dare il nostro contributo”.
Generali ha partecipato anche al FantaSanremo con la lega #BalconcinoGenerali per accogliere tutte le persone che sceglieranno di giocare durante i giorni della kermesse all’iniziativa social più popolare, coinvolgente e divertente.
Torino, 15 feb. - (Adnkronos) - “Sui dazi la storia dimostra che fanno male a tutti, anche a chi li impone. Poi naturalmente colpiscono di più i paesi che hanno una forte capacità di esportazione, quindi può essere che l’Italia sia un pochino più colpita di altri Paesi come primo impatto. Ma non dimentichiamo che l’Italia ha sempre dimostrato una capacità molto elevata di riorientare le proprie esportazioni in funzione dell’andamento dai mercati e dei prezzi. Quindi io sono abbastanza ottimista sulla capacità dell’Italia di minimizzare o comunque contenere i danni che possano derivare da questa guerra delle tariffe che si preannuncia". Lo ha affermato il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, a margine del congresso Assiom Forex in corso a Torino." Naturalmente - osserva - nessun paese riuscirà a sfuggire al fatto che una guerra delle tariffe fa sempre male a tutti".
Palermo, 15 feb. (Adnkronos) - Sono in corso verifiche dell'Ambasciata italiana a Bogotà sulla presunta morte del boss Giovanni Motisi, inserito nella lista dei latitanti mafiosi più pericolosi. La Procura di Palermo ha allertato i poliziotti del Servizio centrale operativo. A lanciare la notizia è il sito del giornale 'Gente'. Secondo il settimanale sarebbe morto di tumore in una clinica di Cali. Motisi aveva fatto perdere le sue tracce dal 1998.