La crisi interna alla maggioranza costringe Olaf Scholz a ritardare la partecipazione al vertice europeo a Budapest e non andrà a Baku alla 29ma Conferenza mondiale sul clima. Il defenestrato Christian Lindner sarà sostituito dal sottosegretario nel cancellierato Jörg Kukies, consigliere finanziario e suo stretto collaboratore. Dei quattro ministri liberali rimane, ai trasporti, solo Volker Wissing che ha lasciato la FDP per restare come indipendente e guadagna anche il dicastero della Giustizia al posto di Marco Buschmann che ha chiesto al Presidente di essere sollevato dall’incarico, insieme a Bettina Stark-Watzinger che sarà sostituita dall’attuale ministro dell’Agricoltura Cem Özdemir. Steinmeier lo ha ratificato questo pomeriggio, affiancato dai ministri uscenti, dal neo nominato Jörg Kukies e da Olaf Scholz. Per quanto rara, l’interruzione di una legislatura è prevista dalla Costituzione tedesca. Steinmeier procederà come prevede l’articolo 68 della Carta costituzionale. “E’ la fine della coalizione, non la fine del mondo” ha commentato indicando ai partiti che “non è il tempo di tattiche e scaramucce […] è il tempo di ragione e stabilità […] la Germania ha bisogno di una maggioranza e di un Governo stabili”. Robert Habeck ha però ribadito che sino ad allora il Governo non è di transizione ma a tutti gli effetti in carica. Non ha nascosto la delusione per una fine “tanto logica quanto inutile a questo punto” quando sul tavolo c’erano proposte per ripianare il bilancio che non avrebbero intaccato il freno al debito. Aveva già perorato che è il momento peggiore, non solo per le elezioni negli USA, ma prima dell’approvazione del bilancio, lasciando la Germania incapace di operare proprio quando la situazione economica lo richiede urgentemente.

I prossimi passi – Scholz intende porre a metà gennaio la fiducia al Parlamento per vedersela negare ed aprire la strada allo scioglimento del Parlamento entro 21 giorni da parte del Presidente della Repubblica e a nuove elezioni entro 60. Concretamente entro fine marzo, probabilmente già nella prima metà del mese. È un passo che fecero anche Willy Brandt nel 1972 ed Helmut Kohl nel 1983, e ancora Gerhard Schröder nell’autunno 2005. I primi due rafforzarono con le nuove elezioni i loro gruppi parlamentari, al contrario Schröder perse dando il via ai 16 anni di cancellierato di Angela Merkel (CDU). Scholz ha annunciato poi di voler portare all’approvazione entro Natale tutte le leggi che “non tollerano ritardi”. Tra queste l’attuazione del sistema europeo comune di asilo, la stabilizzazione delle pensioni e le misure immediate per il rilancio industriale, che dovranno passare in entrambi i rami del Parlamento. Il calcolo di Scholz è di guadagnare tempo fino a marzo sperando che rafforzando il suo ruolo di leadership, alla fine la SPD possa sovvertire i sondaggi e superare la AfD. Per questo ha però anche bisogno di CDU/CSU, pur mettendo in conto che essa intervenga nelle leggi da approvare.

L’ultimatum – Più voci dall’opposizione si sono però levate perché Scholz eviti tatticismi e ponga subito la questione di fiducia. Friedrich Merz (CDU) gli ha chiesto di procedervi entro la settimana prossima, accelerando i tempi per nuove elezioni già a gennaio. Lo stesso ha fatto anche Sahra Wagenknecht (BSW): “Il caos personale nel governo mostra che nuove elezioni non possono essere rinviate”. Sulla stessa linea Alice Weidel (AfD). I Linke hanno registrato il totale fallimento del Governo, irridendo però alla richiesta di nuove elezioni immediate da parte della CDU, registrando che se volesse fare una nuova grande coalizione non ne avrebbe bisogno. Steinmeier potrebbe infatti in via teorica anche non seguire la richiesta di sciogliere il Bundestag, il Parlamento può alternativamente proporre un nuovo Cancelliere che abbia una maggioranza. È un’ipotesi irrealistica adesso perché CDU/CSU e FDP non ce l’hanno ed è escluso che accettino, se mai ci fossero, i voti della AfD. Il Parlamento stesso altrimenti, ai sensi dell’art 67 della Costituzione, avrebbe potuto anche sfiduciare di propria iniziativa Scholz. Una soluzione alla crisi fuori dalle urne potrebbe dunque essere plausibile solo se CDU, SPD e Verdi intessessero un accordo. Steinmeier sarebbe allora tenuto a nominare il nuovo Cancelliere indicatogli dal Bundestag.

Alle urne – Nelle proiezioni elettorali la CDU è data al 34%, seguita dalla AfD al 17% ed a ruota la SPD col 16%. I verdi arriverebbero all‘11% e BSW al 6%. La FDP avrebbe solo il 4% e resterebbe fuori dal nuovo Bundestag. Da un esperimento per l’arte di compromesso si passerebbe ad un altro perché la CDU dovrebbe allearsi con SPD e Verdi, essendosi già dimostrata impraticabile un’alleanza con BSW in Sassonia. La Germania è dunque governabile solo a condizione di compromessi.

Le ragioni della crisi – La coalizione tra SPD, Verdi e FDP saltata ieri era stata una novità a livello nazionale, ma aveva un precedente in Renania Palatinato. Il 7 dicembre 2021 i tre partiti sottoscrissero il contratto di Governo dal titolo “Osare più progresso”. Emblematico era stato un selfie su Instagram con Annalena Baerbock, Robert Habeck, Volker Wissing e Christian Lindner col commento “nella ricerca di un nuovo governo esploriamo i punti in comune e i ponti per superare le divisioni. E trovarne anche qualcuno. Tempi emozionanti”. La FDP cercava nuove opzioni oltre un’alleanza con la CDU e Christian Lindner alla presentazione della “coalizione per il futuro” lodò: “Abbiamo conosciuto Olaf Scholz durante le trattative. Lo abbiamo sperimentato come un leder forte”. Di tanta fascinazione non c’era più traccia mercoledì sera, quando Lindner ha accusato Scholz di “rottura calcolata” della coalizione semaforo (detta così dai colori dei partiti). “È dimostrato dalla sua dichiarazione attentamente preparata”, ha lamentato ed ha rincarato oggi parlando di “delusione umana” e di scelta decisiva di direzione anche nella cultura politica. Finché ci sono stati soldi si erano potute superare le differenze programmatiche all’interno della maggioranza, il suo riassunto. Effettivamente Scholz ha annunciato di aver cacciato Lindner con un discorso che non poteva essere stato improvvisato, accusandolo di ripetuta “violazione di fiducia” e dicendo “non voglio più sottoporre il Paese a questo tipo di comportamento”. Lindner, pretendendo di dettare le regole ai partner, ha scelto di cercare di salvare il partito, sacrificando la partecipazione al Governo.

La chiave della rottura d’altronde è proprio il bilancio, non solo integrativo per il 2024, ma soprattutto quello preventivo per il 2025 che il Bundestag avrebbe dovuto votare il 29 novembre. La FDP si opponeva decisamente ad un alleggerimento al freno del debito, mentre SPD e Verdi lo ritengono preferibile per coniugare le esigenze di coesione sociale, rilanciare l’economia e continuare a supportare l’Ucraina. Si tratta in buona sostanza di calmierare i prezzi energetici dell’industria, assicurare posti di lavoro in quella automobilistica e dei suoi fornitori, introdurre il premio agli investimenti proposto da Robert Habeck e aumentare l’aiuto all’Ucraina. È lo stesso Cancelliere che lo ha fatto trasparire dichiarando che la Germania è il Paese europeo meno indebitato, ma che l’articolo 115 della Costituzione ammette uno sforamento straordinario in situazioni di necessità. Ha esplicitato ancora giovedì che non si possono contrapporre le spese per l’Ucraina -già circa 30 miliardi- alle altre. Un colloquio giovedì col capo dell’opposizione Friedrich Merz per assicurarsi l’appoggio ad un finanziamento solido di provvedimenti per rafforzare economia e difesa si è però concluso dopo 25 minuti con aperture solo in caso chiedesse subito la fiducia.

Le reazioni – La Presidente del parlamento europeo Roberta Metsola ha manifestato preoccupazione: “L’Europa non è forte senza una Germania forte”. Il Segretario Generale della NATO Mark Rutte ha dato fiducia a Scholz: “Lo conosco molto bene; nei prossimi mesi farà in modo che la Germania continui a svolgere il suo ruolo sulla scena politica globale”. La presidentessa del sindacato DGB Yasmin Fahimi, ex politica della SPD, ha pienamente appoggiato l’operato di Scholz: “Christian Lindner si è reso da solo un rischio nazionale per uno stabile e buono sviluppo”.

Il mondo economico chiede elezioni rapide. Il presidente dell’Istituto economico Ifo, Clemens Fuest, che aveva già lodato il documento programmatico con cui Lindner spronava a mantenere il freno al debito, si è rammaricato della fine della coalizione tra accuse vicendevoli, ma ha auspicato nuove elezioni rapide. Analogamente il presidente della Confindustria Siegfried Russwurm “ora abbiamo bisogno di un nuovo Governo efficace con una propria maggioranza parlamentare il più rapidamente possibile”; il Presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) Manuel Fratzscher ha definito “arrischiata” la fine del Governo adesso, ma “probabilmente il minore dei mali rispetto al protrarsi della paralisi politica ed economica”. Nei social sono già apparsi i primi meme. Un sondaggio ARD registrato mercoledì prima del crac registra già una maggioranza del 53% favorevole ad elezioni anticipate, anche se un 40% avrebbe auspicato la fine regolare della legislatura. Per il ritorno alle urne il 60% all’est ed il 52% all’ovest. L’85% del campione insoddisfatto del lavoro del Governo e solo un 14% dà una pagella positiva. Singolarmente valutati, Scholz e Lindner nella statistica appaiono a parimerito, insieme a Alice Weidel (AfD), solo al quinto posto col 19%.

Il rendiconto – Un giudizio inclemente se si considera che il semaforo ha saputo confrontarsi con lo scoppio della guerra in Ucraina e la crisi energetica, stabilizzando i prezzi della corrente e recuperando lo shock inflazionistico, avviando poi con successo la riconversione energetica. Il Governo Scholz ha effettivamente realizzato molti dei suoi impegni come l’innalzamento del salario minimo, la parziale liberalizzazione della cannabis e la legge sulla autodeterminazione anagrafica del sesso, è riuscito ad avere anche i voti dell’opposizione per un fondo straordinario di 100 miliardi per l’esercito. Ha però subito una dura perdita di immagine con l’indiscrezione anzitempo del progetto di legge sul passaggio a riscaldamenti più favorevoli all’ambiente e la bocciatura del bilancio nel 2023 da parte della Corte costituzionale. La perdita della sua popolarità è stata drastica, tuttavia, per due anni di fila di recessione economica; accompagnati dalla litigiosità interna che ne hanno determinato il disgregamento. Un’occorrenza già capitata in passato due volte sempre a causa della FDP, il 27 ottobre 1966 ritirandosi dal governo di Ludwig Erhard (CDU) che dovette cedere il comando al compagno di partito Kurt Georg Kiesinger e nel 1982 quando Otto Graf Lambsdorff provocò la caduta di Helmut Schmidt (SPD) e la FDP appoggiò quindi la sfiducia costruttiva in favore del cancellierato di Helmut Kohl.

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