La prima vendetta della nuova maggioranza Ursula sul ribelle Viktor Orbán si consuma sulla pelle del commissario ungherese designato Olivér Várhelyi. Che potesse essere lui una delle vittime della guerra interna all’Unione europea tra i sostenitori della riconfermata presidente della Commissione e le opposizioni lo si sapeva da settimane: Várhelyi dovrebbe ottenere le deleghe per la Salute e il Benessere degli Animali, ma le politiche del suo governo sui vaccini e i suoi voti contrari alle risoluzioni animaliste, oltre al fatto che nel 2023 definì pubblicamente degli “idioti” gli europarlamentari, lo fanno essere uno dei candidati più in bilico del nuovo team von der Leyen. Così, nel corso della sua audizione di fronte alle commissioni parlamentari congiunte per l’Ambiente e Sanità e quella Agricoltura, sono presto iniziati i veti incrociati, tanto che il Partito Popolare Europeo, da quanto risulta a Ilfattoquotidiano.it, ha proposto di ‘rimandarlo’ chiedendogli un’integrazione con risposte scritte a ulteriori domande.

È quindi lui il primo commissario designato a ricevere lo stop, seppur ancora non definitivo, da parte del Parlamento europeo. Al terzo giorno di confirmation hearings, è il suo il primo nome che non ha ottenuto i due terzi dei voti necessari per la conferma e l’accesso all’ultimo passaggio del processo di nomina, quello di fronte all’aula di Strasburgo. Il punto più critico è stato toccato sulle numerose domande riguardanti il diritto all’aborto e il rispetto e la salvaguardia dei diritti delle persone Lgbtqi. Alla domanda del coordinatore dei Socialisti, Christophe Clergeau, sullo sforzo che ha intenzione di mettere sull’accesso all’aborto, sulla salute femminile e sui contraccettivi, così come quello sullo stop ai finanziamenti alle organizzazioni pro-life che conducono attività vessatorie nei confronti delle donne che vogliono interrompere la gravidanza, la risposta dell’ungherese è stata considerata insoddisfacente. Se ha affermato che sui contraccettivi intende allinearsi alle leggi internazionali, ha tentato di svicolare, nonostante fosse incalzato dall’eurodeputato, sulla questione dell’aborto. Alla fine, ha risposto che “si tratta di un tema di competenza degli Stati e non della Commissione, sottolineando che in Ungheria è una pratica legale”. Ha poi sottolineato, però, che “entrare in conflitti di competenze può essere pericoloso”.

Posizioni, le sue, che hanno scatenato l’opposizione dei coordinatori di Socialisti, Verdi e Liberali che volevano convocare un’ulteriore audizione, il provvedimento più ‘duro’ che si può prendere nei confronti di un candidato che non conferma le aspettative della commissione parlamentare. Il Ppe è così intervenuto cercando di assumere il ruolo di mediatore e riuscendo a ottenere la possibilità per tutti di presentare nuove domande alle quali Várhelyi dovrà fornire risposta entro 48 ore. Se anche quelle non dovessero essere considerate sufficienti per almeno due terzi degli europarlamentari presenti nelle commissioni, il suo nome rischia di diventare il primo a essere depennato dal nuovo team von der Leyen. Un rischio concreto che Budapest ha già calcolato, tanto che esiste già il sostituto: l’eurodeputata di Fidesz Enikő Győri.

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