Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca preoccupa anche la Nato. Il magnate americano è stato uno dei più convinti critici dell’attuale redistribuzione delle spese all’interno dell’Alleanza e nel corso del suo primo mandato ha minacciato di disimpegnarsi dal Patto Atlantico se gli altri Stati membri non si fossero allineati. Così, il nuovo segretario […]
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca preoccupa anche la Nato. Il magnate americano è stato uno dei più convinti critici dell’attuale redistribuzione delle spese all’interno dell’Alleanza e nel corso del suo primo mandato ha minacciato di disimpegnarsi dal Patto Atlantico se gli altri Stati membri non si fossero allineati. Così, il nuovo segretario generale, Mark Rutte, tende più di una mano in direzione di Washington e invoca una Nato sempre più armata, nonostante le difficoltà degli altri membri di rispettare anche gli accordi sul 2%: è “assolutamente chiaro” che i Paesi membri della Nato dovranno spendere “molto più del 2% del Pil” nella difesa, ha detto a Budapest a margine del summit della Comunità Politica Europea.
L’ex premier olandese dà comunque un colpo al cerchio e uno alla botte quando specifica che per arrivare alla realizzazione della sua proposta, che tiene conto della situazione di crisi alle porte dell’Alleanza con la guerra in Ucraina, “servirà un dibattito” per decidere se dovrà essere “un obiettivo generale”, oppure se bisognerà lavorare su “obiettivi di capacità per ciascuno degli alleati. Potrebbero esserci percentuali diverse Paese per Paese, ma è assolutamente chiaro che non arriveremo” agli obiettivi che la Nato si pone nel campo della difesa “con il 2%” del Pil dedicato alla spesa militare.
Le ambizioni del segretario Rutte si scontrano, però, con la realtà: alcuni Paesi dell’Alleanza sono ben lontani dal raggiungere il target del 2% fissato nel 2014 in Galles e che avrebbe dovuto essere soddisfatto entro il 2024. Tra questi c’è anche l’Italia che, con il ministro Guido Crosetto, ha più volte ribadito l’impegno a onorare le promesse ma di non essere disposta, almeno al momento, ad andare oltre, anche perché, ha sostenuto, le regole del nuovo patto di stabilità ostacolano la spesa militare. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lo ha confermato proprio giovedì in audizione sulla manovra alle commissioni Bilancio di Camera e Senato: “Nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l’obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea“, ha spiegato. “Alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio arriveremo alla percentuale dell’1,57% nel 2025, dell’1,58% nel 2026 e dell’1,61% nel 2027″. Il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha sostenuto invece che le nuove regole Ue incentivano gli investimenti nella Difesa, pur spiegando che non è sempre agevole distinguere tra spese e investimenti.
Per Rutte, però, l’obiettivo principale rimane quello di arginare Mosca che nell’ultimo mese ha fatto registrare un’avanzata record nel governatorato del Donetsk: se dovesse “avere successo in Ucraina, avremmo una Russia imbaldanzita, con più territorio”. Non sarebbe una “minaccia” solo per l’Europa, “ma anche per gli Stati Uniti”. Anche per questo è necessario per l’Alleanza riflettere sulle novità che emergono dal campo di battaglia: “In questo incontro parleremo di cosa sta accadendo con la Corea del Nord che, assieme alla Cina e alla Russia, lavorano assieme contro l’Ucraina. Ma l’aiuto della Corea del Nord non è una minaccia solo alla parte europea della Nato, ma anche agli Stati Uniti. Io voglio sedermi al tavolo con Trump per capire come affrontare questa minaccia collettivamente, che è una minaccia all’Alleanza Transatlantica e all’Indo Pacifico”.