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Usa, il ritorno dei Proud Boys che assaltarono Capitol Hill: “Trump ha promesso la grazia”

Mercoledì, l’America stava per conoscere il nome del suo nuovo presidente. Nelle stesse ore, nel tribunale di Washington, l’avvocato di Christopher Carnell, imputato di aver fatto irruzione il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill assieme ad altre centinaia di ultras repubblicani – in seguito al discorso di Donald Trump che accusava i democratici di aver “rubato le elezioni” – chiedeva al giudice di posticipare l’udienza. Motivo: le “promesse” del tycoon sulla grazia da concedere ai rivoltosi. Oggi, Trump è prossimo 47° presidente e il signor Carnell, come molti altri, tira un sospiro di sollievo. Qualsiasi cosa abbia combinato, potrebbe passarla liscia. Sono circa 1.500 le persone che si trovano nella stessa condizione: accusate di vari reati per aver preso parte all’assalto al Congresso, incrociano le dita e sperano che il loro leader mantenga la parola. Lo scorso luglio, durante un confronto con la stampa, la giornalista Rachel Scott della Abc aveva posto una domanda diretta su questo tema al candidato repubblicano: “Lei si è definito il candidato della legge e dell’ordine. Quando la rivista Time le ha chiesto se avrebbe preso in considerazione la grazia per i rivoltosi di Capitol Hill, hai detto di ‘sì, assolutamente’. Quel giorno sono stati aggrediti centoquaranta poliziotti riportando ossa rotte, un agente ha perso un occhio, uno ha avuto due costole incrinate, due dischi spinali rotti, un altro ha avuto un ictus. Le persone che hanno aggredito quei 140 agenti, compresi quelli che ho appena menzionato, erano patrioti che meritano la grazia?”.

Trump ha prima tergiversato, cercando paragoni con altre manifestazioni violente tra cui quelle che contestavano la presenza del primo ministro israeliano Netanyahu a Washington e la guerra a Gaza; all’insistenza della giornalista ha risposto: “Certamente, se fossero innocenti, li perdonerei”. Sono frasi come queste che fanno ben sperare l’avvocato del signor Carnell, il quale descrive così il suo assistito: “All’epoca dei fatti era un diciottenne non violento; è entrato nel Campidoglio il 6 gennaio, ma si aspetta di essere sollevato dall’azione penale che sta attualmente affrontando quando la nuova amministrazione entrerà in carica”.

Non ci sono elementi per non credere nella non violenza di Carnell; ma ci sono altri personaggi senz’altro meno pacifisti, che sperano nella grazia del “loro” presidente. Uno di questi è Enrique Tarrio, che era a capo del gruppo di estrema destra Proud Boys e per i fatti di Capitol Hill è stato condannato a 22 anni di carcere. Altro personaggio della galassia trumpiana è Stewart Rhodes, capo degli Oath Keepers; a lui, l’anno scorso, hanno rifilato 18 anni di galera, per essere stato uno di quelli che hanno guidato l’attacco al palazzo delle istituzioni americane.

La lista potrebbe proseguire, includendo Steve Bannon, ex consigliere e ideologo del Maga (Make America Great Again), che era stato condannato a 4 mesi per oltraggio al Congresso, avendo ignorato le convocazioni da parte della Commissione che ha indagato sui fatti del 6 gennaio 2021. E poi, su tutti, c’è proprio lui, Donald Trump, il 47° presidente; appena ieri la Nbc ha anticipato che “i funzionari del Dipartimento di Giustizia stanno valutando come concludere i due procedimenti penali federali contro il presidente eletto Donald Trump prima che entri in carica, per rispettare la consolidata politica del Dipartimento secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito”. In fondo, è The Donald il primo “ragazzo orgoglioso” della nuova età dell’oro americana: non merita la grazia?