Economia

A settembre ventesimo calo della produzione industriale italiana. Istat: “Nel terzo trimestre pil fermo, risultato peggiore della media Ue”

Nuovi dati Istat, nuove delusioni per il governo Meloni che dovrà rassegnarsi a smettere di descrivere l’Italia come locomotiva economica della Ue. A settembre, comunica l’Istat, l’indice destagionalizzato della produzione industriale è calato dello 0,4% rispetto ad agosto. Si tratta del ventesimo calo consecutivo del dato corretto per gli effetti del calendario, a conferma di una crisi che inizia a farsi sentire pesantemente sul pil e sull’occupazione. La nota sull’andamento dell’economia italiana diffusa dall’istituto di statistica ricorda infatti che nel terzo trimestre “il livello del Pil italiano, in base alla stima preliminare, è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei”. E aggiunge che “nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6% in termini tendenziali, riflettendo in particolare l’andamento negativo delle vendite verso i mercati Ue”. Pessime notizie per la maggioranza, abituata a leggere e rivendicare i dati positivi come risultato dell’azione di governo.

L’attività economica in Italia “ha rallentato rispetto ai primi sei mesi dell’anno, segnando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei e alla media dell’area euro”, scrive l’Istat. Nella media del terzo trimestre, la produzione ha mostrato un calo dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. In particolare, la variazione congiunturale della produzione di beni intermedi e strumentali nel terzo trimestre è rimasta negativa (-2% e -1,1%) nonostante l’incremento di settembre. Nello stesso periodo, la produzione di beni di consumo ha registrato una flessione dell’1%. A settembre le flessioni maggiori si rilevano nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-15,4%), effetto della nota crisi dell’industria dell’auto, seguita dalle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-10,7%) e dalla fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-8,1%).

A ottobre, poi, è peggiorato il clima di fiducia delle famiglie, con un deterioramento delle opinioni sulla situazione economica generale e su quella futura. In calo anche il sentiment delle imprese, in particolare nella manifattura e nei servizi di mercato. “Il clima di fiducia delle imprese a ottobre raggiunge il valore minimo da aprile 2021, come sintesi di un aumento nel settore delle costruzioni e delle vendite al dettaglio e del forte calo nel settore dei servizi di mercato, soprattutto nel comparto del trasporto e magazzinaggio”, rileva Istat.

Venendo al fiore all’occhiello dell’export di prodotti made in Italy, “le esportazioni di beni in valore nel trimestre giugno-agosto sono risultate in calo (-1,5% rispetto ai tre mesi precedenti)” e “nei primi otto mesi del 2024 hanno registrato una riduzione dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2023, riflettendo in particolare un calo delle vendite di prodotti italiani verso i mercati Ue (-1,9% in valore -2,6%in volume)”. Un ridimensionamento che si inserisce in un contesto di “rallentamento degli scambi europei“: -3,2% con flessioni del 5,5% in Francia, del 2% in Spagna, e dell’1,2 % in Germania. A pesare è soprattutto il calo delle vendite italiane in Francia e Germania (rispettivamente -2,2% e -5,6% nei primi otto mesi dell’anno) che assorbono circa il 40% del totale dell’export nell’Ue, solo parzialmente compensato dall’aumento verso Paesi Bassi (+4,7%), Spagna (+3,4%) e Polonia (+1,4%).

La performance negativa dell’economia tedesca – che sta continuando quest’anno – ha costituito già nel 2023 un fattore di freno per la crescita italiana, stimato “in 1 punto percentuale di export e 0,2 punti percentuali di Pil. Si tratta di un impatto significativo, poiché rappresenta un quarto dell’effetto negativo sul pil italiano complessivamente attribuibile al rallentamento del ciclo internazionale (stimato in -0,8 punti percentuali)”. Un elemento che dovrebbe preoccupare non poco l’esecutivo.

Le vendite extra Ue in valore sono invece cresciute dello 0,8%, ma è l’effetto di un aumento dei valori medi unitari (+3,6%) dei beni esportati e di un calo dei volumi (-2,7%). Non solo: all’incremento verso il Regno Unito (+2,8%), la Turchia (+23,8%) e il Giappone (+5,9%) si è contrapposto un calo verso gli Stati Uniti (-0,2%), Svizzera (-4,8%), Cina (-24,7) e Russia (-9,2%). Il tutto in attesa dei possibili dazi che verranno introdotti dal nuovo presidente Usa.