Cultura

“Il discorso sulla pace il più rivoluzionario”: padre Turoldo e quell’appello (ancora valido) ai giovani – In un libro la vita irrequieta del frate “eretico”

di F. Q.
“Il discorso sulla pace il più rivoluzionario”: padre Turoldo e quell’appello (ancora valido) ai giovani – In un libro la vita irrequieta del frate “eretico”

Teologo, filosofo, poeta, spirito irrequieto e innovatore. Con la fama di eretico e frate scomodo. David Maria Turoldo lasciò un segno profondo nella cultura del Novecento e nella Chiesa. Ancora tanti, oggi, si accostano ai suoi versi e rileggono le sue prediche. Perché? Le risposte in David Maria Turoldo (Ts Edizioni, 368 pagg., 29 euro), ritratto intimo e commovente, firmato da Mario Lancisi, giornalista e scrittore, a lungo inviato del Tirreno, ora firma del Corriere Fiorentino, profondo conoscitore della storia ecclesiale del Novecento e in particolare delle vicende della Chiesa “ribelle” e dei suoi personaggi più carismatici, da don Lorenzo Milani a Giorgio La Pira.

Chi era davvero Turoldo, il frate servita che respirò il soffio del Concilio prima del tempo e che tanto segnò, anche dividendo, la Chiesa del suo tempo? E chi è oggi nella memoria delle tante persone che tornano alla sua figura? Partecipò alla Resistenza, fu predicatore nel Duomo di Milano, si schierò per tutta la vita dalla parte dei fragili. Gli ultimi fu anche il titolo di un film di cui curò la regia. Amico di tanti protagonisti del suo tempo – da Alda Merini a Pier Paolo Pasolini, da padre Ernesto Balducci a Carlo Maria Martini – fu uomo di fede e di poesia, capace di parlare a credenti e non credenti. Il libro ricostruisce con passione narrativa la parabola esistenziale di una delle personalità più amate e discusse della Chiesa del Novecento, svelandone i passaggi cruciali con abbondante mole di aneddoti poco noti, documenti inediti, nuove testimonianze.

Ilfattoquotidiano.it ne anticipa qui un estratto che riguarda il suo impegno decennale per la pace.

***

«Senza conversione non c’è pace» – L’appello ai giovani (1991)

1990, 2 agosto. Il presidente iracheno Saddam Hussein invade il vicino Stato del Kuwait, ricchissimo di petrolio. Contro l’Iraq si forma una coalizione di 35 Stati sotto l’egida dell’Onu, guidata dagli Stati Uniti. Scoppia la prima guerra del Golfo, che si protrarrà fino al 28 febbraio del 1991. È in questa cornice storica che si tiene lo splendido appello di padre Turoldo ai giovani sulla pace, pronunciato a Pordenone nel gennaio 1991. Eccolo qui di seguito.

Giovani, non percorrete le strade che abbiamo percorso noi. Io non faccio che vergognarmi di essere stato in guerra, anche se ho combattuto solo nella Resistenza, cioè per l’umano contro il disumano. Ma ha ragione il papa: con la guerra tutto è perduto, con la pace tutto si acquista! Fare la guerra è come suicidarsi.

Giovani, pregate per la pace; ma ricordate che pregare vuol dire sempre prendere coscienza; perché se tutta la preghiera non si trasforma in vita, se la lex orandi non diventa la lex vivendi, noi stiamo prendendo in giro Dio e noi stessi. Magari cominciasse con voi giovani questa nuova cultura della pace, come fosse una nuova aurora. Perché oggi la terra è una cosa sola, una nave sulla quale siamo tutti imbarcati e non possiamo permetterci che affondi, perché non ci sarà più un’altra arca di Noè a salvarci. Il mondo è uno, la terra è una; e tutti insieme ci salveremo o tutti insieme ci perderemo. Deve scomparire il concetto di nemico perché una civiltà fondata sul concetto di nemico non è una civiltà, ma una barbarie. La civiltà è solo quella della pace.

Il discorso della pace è il più difficile di tutti, perché rivoluzionario non è il discorso sulla guerra, ma il discorso sulla pace. Prova ne sia che finora abbiamo sempre fatto la guerra e non abbiamo mai fatto la pace. E quella che noi chiamiamo “pace”, non è che una tregua tra una guerra e l’altra; fino al punto che la guerra in realtà è la politica che cambia metodo. E invece la guerra è la sconfitta della politica; e la fine della politica!

Per costruire la pace bisogna cambiare cultura: e tutti sappiamo che i cambi di cultura sono lenti e difficili. Perché cambiare cultura significa cambiare mentalità. Nella Bibbia questo cambiamento si chiama conversione e convertirsi è l’atto supremo dell’uomo.

Spesso si discute se la guerra è giusta o è ingiusta. La guerra è impossibile! Questa è la nuova categoria che dobbiamo tutti acquistare. Oggi in caso di guerra non ci
saranno più né vinti né vincitori. E io ho imparato anche dall’ultima guerra mondiale che non ci sono liberatori, ma soltanto uomini che si liberano. Infatti, Hitler non è stato vinto, il nazismo non è stato vinto, il razzismo non è stato vinto. Tutto è stato solo emarginato, in attesa di esplodere ancora. Non ci sono liberatori. Provate a chiedere a tutta l’America latina se esistono liberatori. Non è per questa cultura di pace che tu perdi la faccia. Tu perdi la faccia facendo la guerra. Se in questo momento di guerra un uomo, di qualsiasi cultura o paese, dicesse: «Abbiamo sbagliato, torniamo indietro», questi sarebbe il più grande di tutti, chiunque egli sia. Ma per fare questo ci vuole il miracolo. Comunque noi crediamo anche nei miracoli.

Quelli che fanno la guerra dicono: «L’Iddio giusto ha scelto; è con noi!». No, Dio non è con nessuno; è anzi dalla parte dell’uomo e dalla parte dell’ultimo degli uomini. E
questo ultimo potrebbe essere anche un delinquente, potrebbe essere anche Caino, che ha ucciso Abele.

Difatti, nella Bibbia Dio dice: «Caino, cosa hai fatto di tuo fratello? Il sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. Ebbene, tu sarai maledetto come un assassino. Ma io metterò un segno su Caino, perché chi ammazzerà Caino, sarà ucciso sette volte» (Genesi 4,1-15).

Che vuol dire che Dio è perfino dalla parte di Caino e protegge anche Caino, per proteggerci tutti. Non c’è mai una violenza che possa porre fine a una violenza. Chi uccide Caino non fa che moltiplicare la violenza e la morte. Sarà ucciso sette volte, che vuol dire: se non rompete questa spirale della violenza, non farete altro che moltiplicare le morti.

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