Il nuovo presidente ha ricevuto ingenti finanziamenti dagli istituti di ricerca schierati su posizioni molto conservatrici sui diritti civili, scettiche sul riscaldamento globale. Lo rivela un'inchiesta pubblicata alla vigilia delle elezioni USA
C’è un filo diretto fra la campagna elettorale di Donald Trump e gli ambienti della neo-destra inglese, e parte da un indirizzo molto noto ai giornalisti investigativi britannici: Tufton Street, la strada a 5 minuti dal parlamento britannico che ospita think tank e istituzioni della destra conservatrice. La palazzina al numero civico 55 è sede […]
C’è un filo diretto fra la campagna elettorale di Donald Trump e gli ambienti della neo-destra inglese, e parte da un indirizzo molto noto ai giornalisti investigativi britannici: Tufton Street, la strada a 5 minuti dal parlamento britannico che ospita think tank e istituzioni della destra conservatrice. La palazzina al numero civico 55 è sede di organizzazioni neoliberiste e pro-Brexit, lobby pro petrolio che producono documenti negazionisti del cambiamento climatico, gruppi che criminalizzano le persone transgender e finanziatori di politici dell’ala più a destra del partito conservatore britannico: fra questi l’Institute of Economic Affairs (IEA), Policy Exchange, the Global Warming Policy Foundation.
Da questo indirizzo, come rivela una inchiesta congiunta di Peter Geoghegan e Max Colbert per “Democracy for Sale “e “Byline Times” pubblicata alla vigilia delle elezioni USA, sono partiti finanziamenti per almeno 45 milioni di dollari, finiti nelle casse della campagna per Donald Trump e del partito repubblicano.
Lavorando su fonti aperte come database elettorali e bilanci societari i giornalisti hanno ricostruito donazioni da parte di 15 individui e società. British American Tobacco è un’azienda registrata nel Regno Unito che ha donato 17.2 milioni di dollari ai Repubblicani in questo ciclo elettorale, attraverso due sussidiarie statunitensi. Le donazioni includono $8,5 milioni al PAC “Make America Great Again Inc” di Trump. La società è fra i maggiori finanziatori di Tufton Street: quest’anno è emerso che i Tory hanno abbandonato un piano per vietare il fumo alle generazioni future dopo aver subito pressioni da think tank di destra a quell’indirizzo, dove ha sede anche il neoliberista IEA, che British American Tobacco finanzia dagli anni Sessanta.
Poi c’è Len Blavatnik, milardario di origine ucraina, naturalizzato americano e soggetto a sanzioni da parte del governo di Kiev, che ha finanziato con oltre 208.000 dollari il think tank conservatore Policy Exchange e ha donato più di un milione di dollari ai Repubblicani USA tramite la sua azienda Access Industries. Nel 2016 aveva fatto una donazione da un milione di dollari al fondo per la inaugurazione della prima presidenza Trump. Gesto che aveva portato, come ricorda l’inchiesta, un professore della “Blavatnik School of Government” dell’Università di Oxford, finanziata con 75 milioni di sterline – a dimettersi in segno di protesta, definendo il sostegno “incomprensibile e irresponsabile”. Di recente il miliardario ha sostenuto con 25mila sterline la candidatura poi fallita di Robert Jendrick alla guida del partito conservatore britannico. Per completezza di informazione va ricordato che Blavatnik in passato ha fatto donazioni anche al partito democratico e alla campagna per la presidenza di Joe Biden.
Altri finanziatori con profonde radici nel network conservatore americano sono: Thomas D. Klingenstein, presidente dell’influente Claremont Institute, think tank conservatore USA, che ha donato oltre 9 milioni di dollari (7,26 milioni di sterline) ai Repubblicani dall’inizio del 2023. Fra i membri di Claremont spicca John Eastman, coinvolto nel tentativo di Trump di sovvertire l’esito delle elezioni del 2020. Klingenstein sostiene anche think tank che negano il climate change, altro tema portante della visione trumpiana.
Un ulteriore collegamento fra i trumpiani e la politica britannica è il leader di Reform Uk Nigel Farage, che con Trump intrattiene rapporti stretti da anni e che era con il neo presidente nel giorno delle elezioni. Nei sondaggi Reform è alle calcagna dei Tories, e sembra essere il naturale interlocutore politico di una presidenza Trump, anche perché i leader del partito laburista oggi al governo, compresi il primo ministro Keir Starmer, la vice Angela Rayner, il ministro degli Esteri David Lammy e quello della Salute Wes Streeting, quando erano all’opposizione, hanno riservato a Trump commenti particolarmente sprezzanti, che ora si affrettano a ritrattare.
Per il momento Farage, raggiante per la vittoria dell’amico americano, sta lanciando una grande offensiva per guadagnare terreno nel parlamento gallese, una tappa per il piano di conquista di Westminster. Oggi inaugura la conferenza di Reform in Galles, a Newport. Secondo il più recenti sondaggio di Survation (su un campione di 2.006 adulti in Galles tra metà ottobre e lunedì) Reform sarebbe al 20%, solo un punto dietro il partito nazionalista gallese Plaid Cymru ma davanti ai Tories locali, al 17%, con il Labour saldamente in testa al 30 percento.