Economia

Meno tasse ai ricchi e alle aziende e dazi universali: le ricette economiche di Trump costeranno caro alle famiglie meno abbienti

Meno tasse, più dazi: si può riassumere così la ricetta economica di Donald Trump. Per il 32% degli elettori, e in stragrande maggioranza per gli elettori repubblicani, è stata l’economia a indirizzare la decisione di voto, secondo i dati raccolti da Nbc durante gli exit poll. L’estensione dei vantaggi fiscali già introdotti con la riforma […]

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Meno tasse, più dazi: si può riassumere così la ricetta economica di Donald Trump. Per il 32% degli elettori, e in stragrande maggioranza per gli elettori repubblicani, è stata l’economia a indirizzare la decisione di voto, secondo i dati raccolti da Nbc durante gli exit poll. L’estensione dei vantaggi fiscali già introdotti con la riforma del 2017 andrà a vantaggio soprattutto dei più ricchi. Così come il costo dei dazi potrebbe riversarsi appieno sulle tasche dei cittadini. E il risultato del combinato disposto potrebbe essere molto negativo per le entrate federali, secondo quanto anticipano gli esperti. Che si aspettano un aumento monstre del deficit.

Maxi regalo per lo 0,1% più ricco – Durante la campagna elettorale, il tycoon ha proposto l’estensione delle disposizioni del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) in scadenza nel 2025 o nel 2028. Il TCJA aveva mantenuto la struttura a sette scaglioni, abbassando l’aliquota più alta dal 39,6% al 37% e confermando l’aliquota massima del 20% su plusvalenze a lungo termine e dividendi qualificati. La detrazione standard rimarrebbe circa il doppio di quella precedente al TCJA e resterebbero abrogate le esenzioni personali. Sul piano societario la proposta del tycoon è quella di abbassare ulteriormente l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società. Il TCJA del 2017 aveva ridotto in modo permanente l’aliquota dell’imposta sulle società dal 35% del reddito imponibile al 21 per cento. La proposta di Trump, per alcune società, è di ridurla ancora portandola al 15%.

Ad avere maggiori vantaggi dalla conferma di quelle disposizioni sarà chi guadagna di più. Lo Urban-Brookings Tax Policy Center (TPC) stima che le famiglie che superano i 450.000 dollari potrebbero ottenere più del 45% dei benefici derivanti dall’estensione delle disposizioni in scadenza. Renderle permanenti ridurrebbe le tasse del 3,2% per l’1% delle famiglie con il reddito più alto, quelle che guadagnano 1 milione di dollari o più: in media circa 70.000 dollari nel 2027. Lo 0,1% più ricco, con un reddito di oltre 5 milioni di dollari, riceverebbe un taglio fiscale medio di quasi 280.000 dollari, cioè il 3% del reddito al netto delle imposte. Viceversa, le famiglie a medio reddito vedrebbero le loro tasse ridursi solo di circa 1.000 dollari, vale a dire l’1,3% del reddito netto. L’estensione della riforma fiscale, segnala il TPC su dati dell’Ufficio di bilancio del Congresso, incrementerebbe il debito americano di 4 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni.

“Dazio è la parola più bella” – “Per me dazio è la parola più bella del dizionario”, ha detto Trump all’Economic Club di Chicago a ottobre. “È la mia parola preferita. Ha bisogno di un’agenzia di pubbliche relazioni”. L’altro fronte su cui intende intervenire, non a caso, è quello delle politiche doganali. Il presidente eletto ha avanzato in campagna elettorale diverse proposte di nuove tasse sui beni e i servizi importati, tra cui dazi universali del 10% o 20% su tutte le merci provenienti dall’estero e del 60% su quelle importate dalla Cina. Percentuali che potrebbero spingersi perfino al 100% per i beni provenienti dai Paesi che stanno riducendo l’uso del dollaro e al 200% o più sui veicoli importati dal Messico. Tuttavia, nessun dettaglio è stato fornito fino ad ora rispetto all’implementazione. “Mentre nuove tasse e dazi sulle importazioni potrebbero generare diversi trilioni di dollari di nuove entrate nel prossimo decennio, allo stesso tempo potrebbero portare anche a ridurre le entrate a causa di potenziali azioni di ritorsione da parte di altri governi e di altre dinamiche economiche”, segnala il Penn Wharton Budget Model, istituto di ricerca dell’Università della Pennsylvania.

Pagano le famiglie meno abbienti – Il costo dei dazi, secondo il Peterson Institute for International Economics, si riverserebbe sui cittadini. Una stima al ribasso dei costi proposta dal think tank indipendente indica che i dazi ridurrebbero i redditi al netto delle imposte di circa il 3,5% per coloro che si trovano nella metà inferiore della distribuzione dei redditi; i dazi costerebbero a una famiglia in posizione mediana nella distribuzione dei redditi almeno 1.700 dollari in più ogni anno. “La portata delle barriere commerciali proposte dal candidato Trump non ha precedenti, ma i costi per l’economia statunitense sono suggeriti dalle prove empiriche degli studi sui dazi del 2017 su pannelli solari, lavatrici, alluminio, acciaio e ferro e importazioni cinesi”, scrive l’istituto. “È importante notare che questi studi non riscontrano alcuna prova convincente di benefici commerciali derivanti da questi dazi per gli Stati Uniti. Piuttosto, i dati mostrano che i dazi più elevati si riflettono pienamente in prezzi più alti per i consumatori statunitensi”.

Secondo la Tax Foundation, il risultato netto per gli Stati Uniti potrebbe essere negativo. Tra i tagli fiscali, gli aumenti delle tasse e gli aumenti dei dazi “stimiamo una riduzione delle entrate fiscali nette di 3 trilioni di dollari dal 2025 al 2034, una diminuzione media dello 0,8% del Pil. Ciò include una combinazione di 7,8 trilioni di dollari di tagli fiscali (-2,2% del Pil), 921 miliardi di dollari di maggiori entrate derivanti dall’abrogazione dei crediti d’imposta per l’energia verde (0,3% del Pil) e 3,8 trilioni di dollari di maggiori entrate dai dazi (1,1% del Pil)”.