Pensieri in libertà (con libertà di pensiero) sulla settimana NBA
Le grandi aspettative su Doncic
A livello tecnico, Luka Doncic ha iniziato la stagione da dove aveva lasciato lo scorso anno. Tiri da tre in step-back. Incursioni in palleggio dopo aver sfruttato un blocco centrale. Penetrazioni con alley-oop al tagliante sulla linea di fondo. Canestri di tabella su un piede senza nemmeno saltare. Finta, passo a incrocio e appoggio, sbilanciando anche i difensori con la migliore mobilità laterale della lega. Il tutto, con una velocità di base modesta. Uno stacco da terrà lontano dall’essere clamoroso. Un atletismo non da primo della classe. Il tutto, grazie a fondamentali che rasentano la perfezione. Un vero spot per il basket. Da far vedere a chi si sta approcciando al gioco, per far capire che non serve saper toccare il bordo alto del tabellone per dominare. Ha anche dei difetti, Doncic. Difesa a intermittenza. Si muove poco quando non ha la palla in mano. Si lamenta troppo spesso con gli arbitri. Le cifre attuali, poi, possono migliorare. Sta segnando 28,6 punti di media (lo scorso anno chiuse a 33,9), comunque di altissimo livello. Ma le percentuali sia dal campo (40,2%) che da tre (32,9%) non sono stratosferiche. È solo l’inizio, c’è spazio per recuperare. Il tema della sua stagione, però, è un altro: dopo le finali perse lo scorso anno contro Boston, qualsiasi risultato che non sia l’anello farà storcere il naso agli osservatori. Le aspettative si sono elevate enormemente. La NBA ha sempre funzionato così. Ah, Dallas è a 6 vittorie e 3 sconfitte al momento.
Kevin Durant “American beauty”
Tutte le volte che rilascia la palla dopo un arresto e tiro, da qualche parte negli States sboccia una rosa. American Beauty. Macchina offensiva tra le più micidiali della storia. Attaccante – da anni ormai – nella stessa categoria di gente come Wilt Chamberlain, Michael Jordan, George Gervin, Allen Iverson o Larry Bird. Una guardia-tiratrice lunga come un centro. Che esce dai blocchi come se avesse il dono dell’invisibilità. In grado di tirare in testa a chiunque da qualunque distanza. Ha l’unico (non banale) difetto di essersi sempre unito a “super team” per vincere. Mai nessuno si è unito a lui. Chissà perché. Detto ciò, Kevin Durant ha deciso di partire di scatto nella sua 18sima stagione NBA. A 36 anni, l’ex Nets rimane imprendibile, immarcabile, inarrestabile. Qualche sera fa, ne ha messi 32 con 4 triple nella vittoria su Miami, segnando a piacimento in tutte le situazioni di gioco, anche spalle a canestro. Definitivo. Per lui, sono 27,8 punti di media con il 42% dal perimetro. E i Phoenix Suns sono a 7 vinte e 1 persa.
Super Cavs, Super Garland
Cleveland è partita con 9 vittorie e 0 sconfitte. È record per la franchigia. Siamo solo all’inizio, ma il lavoro che sta facendo il neo-coach Kenny Atkinson (ex Brooklyn) non è per nulla banale. L’attacco sembra più fluido. I ritmi più alti. La ricerca del contropiede più frequente. Mobley, fenomeno difensivo e un po’ indietro in attacco, tocca molto di più la palla rispetto al passato, è più coinvolto, più dentro al gioco. Ma una delle chiavi, rimane la capacità di creare di Darius Garland. Tornato, si spera, nella sua versione All-Star (2021). L’ex Vanderbilt, alla sua sesta stagione NBA, sta giocando un gran basket, molto preciso, molto coraggioso, molto efficiente. Sembra (quasi) sempre in controllo della situazione quando palleggia, dove può concludere da oltre l’arco, dal centro area con arcobaleni o runner (movimento di cui è maestro), e scaricare ai compagni. Nella vittoria sui Bucks ha segnato ben 39 punti. Ne sta producendo quasi 20 di media, con circa 7 assist e il 46,9% da tre. Niente male.
L’inizio del rookie Risacher
L’impatto iniziale è stato duro. Adesso, la prima scelta assoluta dello scorso Draft sembra stia iniziando a carburare. Attenzione, al momento, non ci sono segnali che facciano pensare a una futura stella di prima grandezza. Nemmeno dopo la partita da 33 punti (con 6 triple) contro i Knicks. Tuttavia, c’è del materiale per immaginare la costruzione di un buon giocatore. In difesa, probabilmente, anche qualcosa di più, perché si applica bene sul proprio uomo ed è assatanato sulle linee di passaggio. In attacco, Risacher rimane potenzialmente un bel tiratore in spot-up, perché ha un movimento molto compatto, mano morbida e buon rilascio della sfera. Non tratta la palla a livelli eccelsi, però riempie bene le corsie in transizione ed è atletico. Sta viaggiando sui 12 punti di media con il 29,2% da tre. La giuria è ancora riunita.
That’s all Folks!
Alla prossima settimana.