La decisione se mettere al mondo un figlio è una scelta personale, ma in Italia è diventato un affare di Stato, perché la politica ha deciso che bisogna fare più figli. La cosa assurda è che lo Stato spinge a riprodursi chi non vuole farlo, mentre ostacola chi invece lo vuole. A chi non vuole concepire un figlio si cerca di far cambiare idea con le buone o con le cattive: con le cattive, negando la libertà di abortire senza l’autorizzazione di un medico. Con le buone, offrendo soldi, come i mille euro del bonus bebè, che dovrebbero convincere le coppie a riprodursi.

Ma in questi anni di bonus sempre più generosi, i bebè sono stati sempre meno.

Lo stesso Stato che, senza successo, spinge chi non li vuole a fare figli, impedisce alle famiglie di tipo non gradito l’accesso alla fecondazione assistita: tante Regioni non coprono i costi per accedere nel pubblico, vietiamo l’accesso a donne single e alle coppie dello stesso sesso, vietiamo la gravidanza per altri, trattando, con la legge appena approvata, le coppie che hanno bisogno di ricorrervi da criminali internazionali, come Putin.

Dovremmo tenere fuori lo Stato dalle lenzuola e dalle culle, se non per supportare le scelte che ciascuno liberamente fa. Oltre a smetterla di buttare via soldi, potremmo avere qualche gravidanza indesiderata in meno e qualche neonato desiderato in più, lasciando che ciascuno la famiglia la metta su a modo suo.

Anche di questo parlerò nel mio spettacolo Da Marco a Marco, per la prima volta e per un’unica data speciale al Teatro Arcimboldi (Viale dell’Innovazione 20, Milano). Di cosa altro parlerò? La disobbedienza civile come forma e sostanza che cambia il mondo un pezzo alla volta, tra un arresto al Pride di Mosca e per la legalizzazione della cannabis a Manchester, la legalizzazione degli psichedelici e le prime prove di democrazia digitale e di assemblee civiche estratte a sorte.

Con questo spettacolo voglio far rivivere al pubblico anche la dimensione più umana e personale di episodi che, anche quando hanno raggiunto il “grande pubblico”, lo hanno fatto magari o solamente attraverso un titolo di giornale o un’immagine che resta impressa nella mente; parlo delle storie di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby o Dj Fabo, ma anche dei referendum, delle disobbedienze civili e degli scioperi della fame.

Di quelle storie però, si dimentica col tempo la posta in gioco per le vite di ciascuno, rimane il ricordo di “eccessi” spesso giudicati scandalosi, fuorilegge e provocatori, ma in linea con quel “lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi” invocato dal poeta Arthur Rimbaud e che Marco Pannella considerava il migliore manifesto per il Partito radicale.

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