Cronaca

Dall’India 10mila infermieri per colmare le carenze del Ssn. Sindacati: “Toppa peggiore del buco, serve aumentare gli stipendi”

Diecimila professionisti dall’India per colmare le gravi carenze di personale infermieristico negli ospedali italiani. L’idea, lanciata dal ministro della Salute Orazio Schillaci, prevede che gli infermieri di Nuova Delhi vengano reclutati direttamente dalle Regioni, come è già avvenuto in Lombardia con i professionisti sudamericani. In questo modo, ogni territorio potrà agire autonomamente, in base alle proprie necessità, mentre al ministero resterà il ruolo di tramite tra i due Paesi. Soprattutto, ha spiegato Schillaci, per verificare con le autorità consolari l’effettiva conoscenza della lingua di chi arriva in Italia per lavorare. Sulla formazione professionale degli infermieri indiani, ha assicurato il ministro, “non ci sono problemi perché è buona”. Ma se per Schillaci quella di assumere personale straniero è l’unica soluzione possibile per affrontare nel breve le carenze di organico, per i sindacati e gli ordini provinciali è l’ennesimo colpo assestato alla categoria. Un motivo in più per aderire allo sciopero nazionale di infermieri e medici del 20 novembre.

Proclamata per protestare contro la manovra, che stanzia per la sanità solo 1,3 miliardi di euro, l’agitazione del 20 novembre sarà l’occasione per gli infermieri di portare in piazza tutta la frustrazione accumulata negli anni. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up: “Al posto di intervenire per risolvere un problema strutturale, valorizzando la professione, sia da un punto di vista economico che funzionale, si preferisce mettere una toppa peggiore del buco. Potrebbe essere la spallata definitiva all’assistenza infermieristica”, commenta.

“Il contratto 2022-2024 è ancora aperto – prosegue -. Il governo ha la possibilità di intervenire subito sugli stipendi. Si potrebbe così risolvere a monte il problema della fuga in altri Paesi dei nostri infermieri, migliorando l’attrattività del nostro sistema”. Questo approccio, spiega De Palma, avrebbe effetto anche nel breve termine: “Ci sono almeno 15mila professionisti italiani all’estero, formati in Italia, che sarebbero pronti a rientrare subito. Ma devono esserci in primo luogo le premesse economiche. Conoscono già il Ssn e la lingua. Sono stati costretti a emigrare da un sistema che non dà valore all’eccellenza della loro formazione”.

In Italia sono 455mila gli infermieri iscritti agli ordini professionali, di cui 300mila dipendenti del Ssn. Significa 6,2 infermieri ogni mille abitanti, contro gli 8,2 dei Paesi Ue. Secondo le stime ne mancano circa 65mila, a cui vanno poi aggiunti gli altri 20mila che, in base al Pnrr, servirebbero per coprire le richieste della medicina territoriale. E la situazione peggiorerà nei prossimi 10 anni, a causa della gobba pensionistica: ogni anno andranno in pensione 18mila infermieri, contro la media di 9mila degli ultimi anni. A questo si aggiunge il problema che dalle università arrivano sempre meno professionisti. Secondo i dati della Fnopi, la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche, il numero di laureati è di appena 17 per centomila abitanti, contro i 43 del resto dell’Unione Europea.

Sempre meno giovani scelgono questo percorso di carriera. Oltre ai gravosi carichi di lavoro, dovuti alla carenza di personale, a demotivarli sono gli stipendi, che per gli infermieri italiani sono in media più bassi del 24% rispetto ai colleghi degli altri Stati Ocse. E, come se non bastasse, negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di violenza: nel 2023, il 40% degli infermieri ha lamentato di aver subito almeno un’aggressione verbale o fisica. Il +10% rispetto al 2022. A queste condizioni, sempre più professionisti scelgono di lasciare l’Italia. Sono almeno 30mila, secondo le stime di Fnopi, quelli che lavorano all’estero, costati allo Stato un miliardo di euro per la loro formazione.

Per colmare in parte questa lacuna, il sistema ha accolto negli anni oltre 38mila infermieri stranieri. Secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia esercitano circa 25mila professionisti provenienti dall’estero, 15.419 da Paesi Ue e 9.528 da Paesi extra Ue. A questi, che dopo aver superato le verifiche previste dalle normali procedure di legge si sono iscritti agli ordini provinciali, si sono aggiunti i circa 11.150 infermieri ammessi in via emergenziale grazie al decreto Cura Italia. Infine, al conto vanno sommati anche i circa 1.700 infermieri ucraini che esercitano la professione nel nostro Paese con gli effetti del decreto Ucraina.

“Non abbiamo nulla contro i colleghi stranieri, ma è lecito preoccuparsi per la qualità di assistenza che potremmo offrire ai pazienti. Come farà un anziano ricoverato in un reparto a comunicare i suoi sintomi? Lo dovrà fare in inglese? O dovrà sempre avere il dubbio di essere stato capito o meno dal suo interlocutore?”, si chiede De Palma. La preoccupazione degli ordini e dei sindacati è che il collega straniero necessiti di un lungo periodo di affiancamento, comportando un ulteriore aggravio del carico di lavoro per gli infermieri italiani. “È impossibile che un professionista indiano possa parlare fluentemente la nostra lingua dopo un corso di un mese, magari telematico – prosegue De Palma -. E a questo dobbiamo aggiungere il fatto che non conoscono il nostro Servizio sanitario nazionale”.

Inoltre, senza intervenire sugli stipendi, sarà difficile trattenere anche gli stessi infermieri stranieri: “Una volta arrivati in Europa, dopo qualche mese, capiranno anche loro che a pochi chilometri ci sono paesi come la Svizzera in cui vengono retribuiti generosamente. Anche loro lasceranno il nostro Ssn, e saremo punto e daccapo”. L’unica soluzione per il sindacato, nel breve e nel lungo periodo, è intervenire sulle condizioni materiali della categoria. “Dobbiamo eliminare dalla testa di professionisti e aspiranti infermieri l’idea che in Italia fare questo lavoro significhi non riuscire a sbarcare il lunario, lavorando 12 ore al giorno, con un’infinità di straordinari e turni massacranti, senza neanche la possibilità di avere una famiglia. Non vedo come attraverso l’arrivo di 10mila infermieri dall’estero si possa raggiungere questo obiettivo”, conclude De Palma.