Altro che spending review. Oltre ai tagli lineari ai ministeri e ai definanziamenti come quello che colpisce il fondo per l’automotive, il ddl di Bilancio per il 2025 recupera risorse anche azzerando la decontribuzione Sud, l’esonero contributivo del 30% introdotto durante la pandemia per i datori di lavoro con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Un aiuto che valeva non solo per i nuovi ingressi ma anche per i lavoratori già assunti. L’agevolazione, che Giorgia Meloni diceva di voler rendere “strutturale”, sarà abolita dal 2025 perché Bruxelles non ha rinnovato l’autorizzazione al maxi aiuto di Stato. Il ministro Raffale Fitto aveva promesso che Roma avrebbe varato al suo posto “misure analoghe“, ma la nuova agevolazione prevista in manovra costa molto meno.
Al netto dell’efficacia di quell’incentivo, discutibile visto che più di metà degli sgravi è andata a incentivare assunzioni a termine e stagionali in molti casi part time, si tratta di un’operazione di taglio mascherato che il governo ha fatto passare sotto silenzio. Complice anche il fatto che la conferenza stampa di Giorgia Meloni per illustrare la finanziaria e rispondere alle domande dei giornalisti, annunciata da Giancarlo Giorgetti per il 21 ottobre, non si è mai svolta. Senza che Palazzo Chigi abbia dato spiegazioni.
La sforbiciata comunque emerge con chiarezza dalla memoria depositata alla Camera dall’Ufficio parlamentare di bilancio durante l’audizione sul ddl. “Le spese si riducono soprattutto per effetto del definanziamento della cosiddetta decontribuzione Sud, pur tenendo conto della contestuale istituzione di un fondo per interventi volti a mitigare il divario nell’occupazione e nello sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese e della proroga per il 2025 del credito di imposta ZES“, scrive l’organismo indipendente commentando le misure dedicate alle imprese.
All’agevolazione nata nel 2020 erano infatti destinati, ricorda l’Upb, 5,9 miliardi nel 2025, 3 nel 2026 e 4,4 nel 2027 per un totale di 13,3 miliardi nel prossimo triennio. Il nuovo Fondo destinato a finanziare politiche per il Mezzogiorno, che potrà concedere agevolazioni per l’acquisizione di beni strumentali da parte di aziende del Sud, avrà in pancia invece “solo” 2,45 miliardi per l’anno prossimo, 1 nel 2026 e 3,4 nel 2027: in tutto 6,85 miliardi, poco più della metà. Sommando gli 1,6 miliardi del credito di imposta per la Zona economica speciale per il Mezzogiorno si arriva a 8,45: quasi 5 miliardi in meno rispetto alla dote della Decontribuzione. Soldi che vengono utilizzati per coprire altre uscite previste in manovra.