Nei primi giorni di mandato, un presidente concentra alcuni atti che devono dare il senso delle priorità e della direzione del suo mandato. Mentre comincia il processo di selezione della futura squadra di governo – il tycoon è scaramantico, dicono fonti del suo entourage, non ha voluto pensare a quello che dovrà fare alla Casa Bianca, prima di essere sicuro della vittoria elettorale – Donald Trump pensa anche a una serie di ordini esecutivi che possano segnare la discontinuità con l’amministrazione Biden e dare quel segnale di presidenza “forte”, secondo alcuni autoritaria, che ha promesso in campagna elettorale. Gli ordini esecutivi verranno firmati già il 20 gennaio 2025, giorno dell’inaugurazione del secondo mandato di Trump. Il suo “Day 1”. Ecco quello che, al momento, sappiamo.
DITTATORE PER UN GIORNO – Un paio di mesi fa, alla domanda di un giornalista di Fox News, Sean Hannity, che gli chiedeva di promettere “di non abusare del potere, vendicandosi di qualcuno”, Trump rispondeva: “Eccetto il Day 1”. Difficile interpretare le parole del futuro presidente. Alcuni vi hanno visto una minaccia, nemmeno troppo velata, a chi in questi anni ha gestito dal Dipartimento alla Giustizia i procedimenti penali a suo carico. Lo stesso Trump, ancora il 24 ottobre allo “Hugh Hewitt Show”, spiegava peraltro di voler licenziare “nel giro di due secondi” Jack Smith, lo special counsel che ha guidato i casi federali per sovversione e manipolazione delle elezioni. Difficile, comunque, che Trump parta il primo giorno di mandato con una serie di epurazioni nell’amministrazione della giustizia americana. Sarebbe atto troppo eversivo, tale da scatenare immediate preoccupazioni interne e internazionali sullo stato della democrazia americana. Trump non ha poi nemmeno bisogno di fare partire le epurazioni con un gesto clamoroso. Jack Smith sta già chiedendo che il procedimento giudiziario venga sospeso (un presidente in carica non può essere inquisito).
E, comunque, lo special counsel si dimetterà sicuramente prima che sia Trump a licenziarlo. Non che una qualche forma di “vendetta”, da parte di Trump, non sia destinata ad arrivare. Prepariamoci, nei prossimi mesi, ad assistere all’esodo di decine di funzionari del Dipartimento alla Giustizia, sostituiti con un personale politico e amministrativo su cui Trump ripone totale fiducia. Considerate le cause a suo carico – che sono sì sospese, ma che potrebbero tornare in un prossimo futuro – e considerati i suoi interessi finanziari e imprenditoriali, il controllo del Dipartimento alla Giustizia si rivela cosa per lui essenziale. Ma, appunto, la cosa avverrà nello spazio di mesi, e non con un atto di governo, annunciato urbi et orbi il primo giorno di mandato. Resta dunque la domanda: a cosa si riferiva Trump, parlando di voler essere “dittatore il Day 1”? È stato lui stesso in seguito a chiarire in parte la cosa, spiegando: “Voglio chiudere il confine e voglio drill drill drill”, quindi trivellare. In effetti, è probabile che i suoi primi ordini esecutivi, quelli firmati già il 20 gennaio, si concentrino su questioni che hanno un alto valore simbolico e ideologico: per il suo elettorato e per la visione che Trump vuole imporre all’America.
IMMIGRAZIONE – È uno dei due temi, l’altro è l’economia, che hanno assicurato a Trump la vittoria elettorale. È stato sicuramente il tema che ha più spesso affrontato in comizi, interviste, discorsi pubblici, con accenti sempre più violenti e minacciosi. Nel corso dell’ormai celebre rally al Madison Square Garden – quello della frase pronunciata da un comico su Puerto Rico “isola fluttuante sulla spazzatura” – Trump ha spiegato. “Dal Day 1, lancerò il più ampio programma di deportazione nella storia americana, per liberare l’America dai criminali. Libererò città e villaggi invasi e conquistati, e sbatterò fuori dal Paese, il più presto possibile, questi criminali viziosi e assetati di sangue”. Come si svolgerà quest’opera di deportazione di massa, Trump non l’ha mai spiegato davvero. L’unico accenno è quello relativo all’uso di polizie locali e Guardia Nazionale per identificare, arrestare, espellere gli illegali. Il piano resta comunque avvolto nella nebbia. Chi vuole espellere Trump? Gli illegali? O anche quelli in attesa di un processo, che consideri il loro status di rifugiati? O gli immigrati cui ha spesso fatto riferimento, gli haitiani di Springfield, che però vivono legalmente sul suolo americano. E come procederanno le operazioni? Come verranno superate le protezioni giuridiche che uno Stato di diritto riserva anche a chi si è reso responsabile di un crimine? C’è peraltro un dato. Negli Stati Uniti ci sono circa 11 milioni di migranti. Espellerne anche un solo milione, costerebbe al contribuente 88 miliardi all’anno. Insomma, la questione della deportazione di massa è stata soprattutto uno slogan elettorale, e se salterà fuori negli ordini esecutivi firmati il Day 1, lo farà, ancora, a scopo propagandistico. Molto più probabile che il 20 gennaio Trump apponga la propria firma su atti che prevedono la chiusura del confine meridionale – che peraltro già oggi viene chiuso, quando gli arrivi eccedono un certo numero – e la reintroduzione di qualche forma di bando all’entrata negli Stati Uniti da certi Paesi.
LE ATROCITA’ DEL GREEN NEW DEAL – In un video preparato per la campagna elettorale, Trump affermava di voler mettere la parola fine alle “atrocità del Green New Deal”, dal primo giorno di mandato. Quindi, sostanzialmente, lacci e lacciuoli cui i democratici hanno costretto gli americani, in nome di un modello di sviluppo costoso e inefficace. Anche qui, si tratta soprattutto di propaganda. Il Green New Deal è un’iniziativa di regolamentazione ambientale che due democratici, Alexandria Ocasio-Cortez e Ed Markey cercarono invano di far approvare dal Congresso nel 2019. Trump non può quindi cancellare niente, perché niente è diventato legge. Sicuramente, misure di deregolamentazione ambientale fanno parte del suo programma e uno dei possibili ordini esecutivi è quello che mette fuori legge le turbine eoliche al largo della costa americana (Trump sostiene che uccidono le balene). Ordini esecutivi su trivellazioni, petrolio, rifiuto di energie alternative che costano troppo agli americani e che favoriscono la concorrenza cinese, sono comunque un atto praticamente sicuro delle prime ore di mandato di Trump. Sono tra le richieste più decise che vengono dalla sua base e rimandano al capitalismo aggressivo, entusiasta, incurante delle regole che Trump ha sempre rappresentato. Vale per gli ordini esecutivi in tema di regolamentazione ambientale quello che è stato detto sull’immigrazione. Dalle misure scelte, dal loro valore simbolico o dalle loro ricadute pratiche, sarà possibile valutare meglio cosa hanno in testa Donald Trump e i suoi per l’America.
IL 6 GENNAIO – Un’altra misura assunta da Trump il 20 gennaio potrebbe riguardare alcuni dei condannati del 6 gennaio. Trump li ha sempre definiti “dei patrioti”, degli “ostaggi”, “ingiustamente imprigionati” e ha spiegato che uno dei primi atti del suo eventuale secondo termine sarebbe il perdono presidenziale per alcuni di questi. Non si sa quanti Trump potrebbe perdonarne – forse, come ha spiegato diverse volte, quelli che “sono andati un po’ fuori controllo” – ma sarebbe comunque ancora una volta una misura accolta con entusiasmo dalla sua base. Perdonando alcuni dei condannati per l’assalto al Congresso, Trump avrebbe anche modo di riscrivere a modo suo la storia del 6 gennaio. Non più evento tragico per la democrazia, bensì operazione di qualche “patriota, un po’ fuori di testa”.