È scontro politico dopo i cortei contrapposti a Bologna, tra tensione e contatti con le forze dell’ordine. Se il sindaco Matteo Lepore – che aveva da subito espresso contrarietà alla manifestazione di CasaPound e dei gruppi di estrema destra nei pressi della stazione – punta il dito contro il governo che ha “mandato 300 camicie nere“, il vicepremier Matteo Salvini attacca e torna a chiedere la chiusura dei centri sociali “occupati dai comunisti” e “covo di delinquenti”. Mentre Giorgia Meloni – che proprio lunedì sarà a Bologna per il rush finale della campagna elettorale delle regionali – è intervenuta per esprime solidarietà alle forze di polizia e chiedere a “certa sinistra” di “condannare apertamente questi episodi”.
I cortei e la tensione – I rischi di scontri e tensioni in vista del corteo di CasaPound e Rete dei patrioti, erano nell’aria da giorni. I collettivi antifascisti e gli antagonisti hanno organizzato un contro-corteo non autorizzato che dopo aver percorso le vie del centro ha tentato di raggiungere la zona dove si trovava la manifestazione dell’estrema destra. Entrati in contatto con lo schieramento di forze dell’ordine gli scontri sono durati alcuni minuti, tra lancio di fumogeni e petardi, poi la situazione è tornata alla normalità. La manifestazione della destra estrema a pochi passi dalla stazione di Bologna era stata interpretata come “una provocazione” da Anpi, Cgil e partiti del centrosinistra che hanno anche organizzato un presidio in città sabato mattina.
Il sindaco: “Qualcuno da Roma ha chiamato” – E il sindaco Lepore – che nei giorni precedenti aveva chiesto aveva chiesto più volte lo spostamento della manifestazione – oggi non usa giri di parole facendo riferimento anche a pressioni romane. “Nel comitato per l’ordine pubblico, parlandone con il prefetto, il vice questore e tutti i rappresentanti le forze dell’ordine, c’era contrarietà a svolgere questa manifestazione dei patrioti a pochi passi dalla stazione di Bologna. Poi evidentemente qualcuno da Roma ha chiamato e le cose sono cambiate“, ha detto oggi Matteo Lepore. “Io mi chiedo – ha aggiunto – come sia possibile ancora una volta che Bologna non venga rispettata: domani ci sarà la presidente Meloni in città, ci hanno mandato 300 camicie nere, noi invece vorremmo ancora chiedere i fondi per l’alluvione”. Per il sindaco “non andava gestito così l’ordine pubblico, credo che il Ministero degli Interni su questo debba dare spiegazioni alla città di Bologna”. “Io credo che sia grave – ha ribadito – che chi ha la responsabilità di gestire l’ordine pubblico abbia permesso a 300 persone vestite in camicia nera di entrare nella nostra città e sfilare di fronte alla stazione del 2 agosto. Noi eravamo contrari e abbiamo chiesto che questa cosa non si facesse anche perché avrebbe creato problemi di ordine pubblico, avrebbe messo a rischio l’incolumità di tante persone, come si è visto ieri. Purtroppo questo è accaduto”.
Salvini: “Chiudere i centri sociali” – Di tutt’altro tenore il commento del leader leghista Matteo Salvini che, anche lui si rivolge al ministro dell’Interno – non certo per chiedere di sciogliere le organizzazioni neofasciste, come detto ieri dalla segretaria del Pd Elly Schlein – ma per effettuare “una ricognizione di tutti i centri sociali di sinistra occupati abusivamente perché sono covi di delinquenti“. Definendo le immagini di Bologna e del corteo pro-Palestina di Milano “vergognose e inaccettabili”, per il vicepremier adesso “bisogna chiudere questi centri sociali occupati dai comunisti e lo chiederò oggi stesso al ministro Piantedosi“. “A Bologna – ha aggiunto Salvini – la caccia al poliziotto con i bastoni, a Milano l’istigazione per la caccia all’ebreo come accaduto in Olanda e questo è inaccettabile in un Paese come l’Italia”. “Quindi da ministro, da vicepresidente del Consiglio, da genitore e da segretario della Lega – ha concluso – chiederò di intervenire immediatamente per chiudere questi covi di delinquenti che sono i centri sociali comunisti”. Nei giorni precedenti lo stesso Salvini aveva replicato alle richieste di spostamento del corteo del sindaco Lepore affermando di essere a favore del “diritto a manifestare di chiunque, sinistra, destra, sopra e sotto, sovranisti o pacifisti: basta che venga fatto a volto scoperto e senza armi, senza offendere o attaccare nessuno”.
Meloni: “Sinistra condanni” – A intervenire sulla vicenda anche la presidente del Consiglio: “Ancora violenze e scontri generati dai collettivi, a Bologna, rivolti contro la Polizia di Stato. La mia totale solidarietà va agli uomini e alle donne delle Forze dell’Ordine, che con fermezza e professionalità hanno affrontato i soliti violenti, tra lanci di petardi e sassi, rischiando la loro incolumità”, ha affermato Giorgia Meloni. “Spiace constatare – ha aggiunto – che certa sinistra continui a tollerare e, talvolta, a foraggiare questi facinorosi, anziché condannare apertamente questi episodi e mostrare solidarietà a chi, ogni giorno, lavora per garantire la sicurezza di tutti”. Da Fratelli d’Italia è arrivato il commento anche del presidente del Senato Ignazio La Russa che ha espresso “condanna e sdegno” per “i gravissimi atti di violenza verificatisi a Bologna” e “vicinanza e gratitudine” alle forze dell’ordine.
La prefettura: “Nessuna indicazione dal ministero” – Le parole del sindaco provocano anche l’intervento della Prefettura. In una nota si fa riferimento a “ricostruzioni fantasiose” e viene sottolineato che il comitato per l’ordine e la sicurezza ha “preso atto della insussistenza di motivazioni che avrebbero potuto legittimare un divieto dello svolgimento” della manifestazione e “si è ritenuto, con unanime avviso di tutti i componenti e, quindi, anche del sindaco Lepore, che la stessa avrebbe potuto più opportunamente svolgersi previa mediazione con gli organizzatori”. Prefettura che “smentisce categoricamente” che “indicazioni in ordine allo svolgimento dell’evento o alle modalità di gestione dello stesso siano pervenute dal ministero dell’Interno o da chiunque altro“. La mediazione tentata dalla questura, dice ancora la prefettura “ha comunque ottenuto sia la riduzione del percorso sia quella della durata della manifestazione”. “Alla luce di tali considerazioni – conclude la nota – si può trarre ogni ulteriore più opportuna valutazione anche rispetto ad altre estemporanee affermazioni da alcuni rilasciate, al limite del diffamatorio, sull’operato delle autorità locali e del governo”.
La replica del Comune – Ma la vicenda non finisce qui. “Mi auguro la prefettura vorrà rettificare quanto scritto. Diversamente, per quanto irrituale, ma per necessità di trasparenza assoluta verso i cittadini bolognesi, dovremo divulgare il verbale della seduta“, dice Matilde Madrid, capo di gabinetto del Comune di Bologna. “La nota – sottolinea – non riporta l’esito del comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica citato che, come correttamente si afferma, è la sede nella quale vengono acquisiti e analizzati tutti gli elementi per valutare l’impatto di una manifestazione sull’ordine e la sicurezza pubblica nella città. In quella sede, alla quale il sindaco ed io eravamo presenti, si è definito – viene fatto presente – che la manifestazione della Rete dei patrioti, su disposizione del prefetto e su conforme parere degli astanti, si sarebbe dovuta svolgere fuori dall’area del centro storico, ipotizzando come luogo Piazza della Pace, e per tale finalità si sarebbe attivata la questura, che a sua volta avrebbe dovuto prendere contatto con gli organizzatori”.
Viminale: “Non c’è stata mai nessuna chiamata” – “La precisazione del Comune di Bologna di fatto conferma che il comitato provinciale ordine e sicurezza di fatto non aveva vietato la manifestazione, conferma che il sindaco non ha chiesto di vietarla e conferma che la questura doveva mediare con gli organizzatori sulla durata e l’itinerario della stessa, così come poi avvenuto ottenendo il possibile in sede di confronto”, fanno sapere fonti del Viminale all’Adnkronos. Dal ministero dell’Interno, tra l’altro, quella stessa nota del Comune “conferma indirettamente anche che non c’è stata mai nessuna chiamata dal Viminale per cancellare un divieto mai espresso dal comitato”.