Nel Paese che si appresta a ospitare la COP29, l’Azerbaijan, è da circa un anno in corso una repressione di oppositori ed esponenti della società civile, come purtroppo già accaduto in passato. Si vogliono così silenziare le voci critiche contro il potere.
Potere che si identifica con la famiglia Aliyev. Da quando il Paese è diventato indipendente dopo il crollo dell’Urss, la presidenza è stata una sorta di affare privato, con l’elezione prima di Heydar, ex segretario del Partito Comunista azero, poi del figlio Ilham, succeduto al padre dopo la sua morte nel 2003. Da allora, Ilham Aliyev ha consolidato il suo potere presidenziale attraverso anni di corruzione e clientelismo. Nel 2016, i Panama Papers hanno rivelato come, grazie a una rete di società segrete in paradisi fiscali offshore, la sua famiglia, i suoi consiglieri e i suoi alleati avevano costruito un impero di ricchezza, acquisendo costose case all’estero e ingenti quote nelle industrie del Paese. Tra queste ultime spiccava la Socar, l’azienda che gestisce l’oil gas azero, di cui è direttamente il presidente a decidere i vertici.

Non sorprende sapere che Socar, la più grande azienda statale dell’Azerbaijan, sia stata accusata di violazioni dei diritti umani e di abusi. Nel 2022, l’Organizzazione per la protezione dei diritti dei lavoratori del settore petrolifero ha riscontrato numerose violazioni in tutto il settore petrolifero dell’Azerbaijan, tra cui ritardi nei salari, discriminazioni sul posto di lavoro, rescissioni illegali di contratti, violazioni della salute e della sicurezza e inquinamento ambientale. Ma nessuno sembra farci troppo caso, soprattutto tra i fedeli alleati dei governi europei, grandi importatori di gas e petrolio azero. L’influenza dell’Azerbaijan sui governi europei si è manifestata anche in un caso di corruzione, come quello che ha visto protagonista l’ex deputato dell’Udc Luca Volontè, condannato a quattro anni di reclusione per aver ricevuto 500mila euro nel 2012-2013 dall’allora rappresentante dell’Azerbaijan all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Elkhan Suleymanov. In cambio Volontè, allora presidente del gruppo Popolari-Cristiano Democratici, doveva orientare il voto del proprio gruppo parlamentare contro l’approvazione del rapporto del socialdemocratico tedesco Straesser sulle condizioni di 85 prigionieri politici a Baku. Ora il reato è andato in prescrizione. Intanto l’Azerbaijan continua a essere un “caro amico” del nostro governo, visto che è rispettivamente primo per import di petrolio e secondo per quello del gas. Eppure le riserve azere non sarebbero così cospicue. Come denunciato da tempo da ReCommon, l’ampliamento della portata del Corridoio Sud del Gas, che parte dall’Azerbaijan e arriva in Italiatramite il Tap fortemente voluto dalla Snam e dal nostro governo, sarebbe fattibile solo con l’uso del gas russo. Per aggirare le sanzioni, anche una quantità del valore di oltre un miliardo di dollari di petrolio russo sarebbe stata raffinata in Turchia tramite una società controllata dal governo azero, come riporta un recente rapporto della rete dell’Est Europa CEE Bankwatch e della Ong tedesca Urgewald. Proprio in Germania, per la precisione a Berlino, c’è una cospicua comunità di azeri costretti a fuggire dal proprio Paese, come testimoniato in questa videoinchiesta.

video e testo di ReCommon

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