Giustizia & Impunità

“Ce la metto tutta, ma è difficile utilizzarli!”: l’indagata che non riusciva a spendere i soldi delle tangenti. Appalti Asl truccati a Bari, 10 arresti

L'inchiesta ha fatto emergere "un sistema di corruzione endemica e molto radicata". Durante le perquisizioni sono stati sequestrati oltre 300mila euro in contanti e 17 borse di alto valore. Il procuratore Rossi: "Impossibili indagini così con la nuova riforma delle intercettazioni"

“Sono tutta decorata Cartier, Vuitton, Hermes“: è il primo maggio e a bearsi della sua borsa e dei suoi gioielli – intercettata da una microspia della Procura – è Paola Andriani, la moglie di un dirigente dell’Asl di Bari, Nicola Iacobellis. Entrambi sono tra i 10 arrestati per un giro di tangenti legato agli appalti dell’azienda sanitaria. L’indagine ha portato alla luce, secondo la Procura di Bari, un sistema “diffuso” di corruzione con “mercificazioni seriali della funzione pubblica” come sottolineano i magistrati. In sostanza gli imprenditori coinvolti, in cambio degli appalti (tra cui quello del “gabbione” dell’ospedale San Paolo di Bari, il reparto dei detenuti ricoverati, e della “Casa della Salute” del comune di Giovinazzo) pagavano tangenti in borse di lusso, ristrutturazioni delle case, denaro. Tanto denaro, troppo denaro a sentire la conversazione della coppia di coniugi registrata in un’intercettazione ambientale: hanno la predilezione per gli oggetti di lusso, li acquistano tutti con i contanti che chiamano “ducati“, custoditi secondo le indagini nella villetta di Selva di Fasano. La coppia – come ricostruisce l’agenzia Ansa – parla anche del “cash” che non riesce a spendere, della dipendente del loro dentista che “storce il naso” quando loro le propongono di pagare in contanti 6mila euro di spese mediche. Ma gran parte delle preoccupazioni della donna sono per il danaro che hanno accumulato che è “diventato difficile utilizzare”. Dice Andriani in uno sfogo col marito: “Se mi girano i c… comincio a spendere tutto, domani mi compro l’orecchino! E cominciamo con l’orecchino”. (…). “Questo – prosegue la donna – è un ottimo sistema”. E ancora: “Aumentiamo invece di diminuire, aumentiamo! Il problema è che come ti dicevo non riesci a… ormai è diventato difficile anche… capito? Veramente è diventato difficile utilizzarli! Io ce la metto tutta… ma quest’anno è stato tosto”. Durante le perquisizioni a tutti gli indagati sono stati sequestrati contanti per 250mila euro ai pubblici ufficiali e 70mila agli imprenditori coinvolti, oltre che 17 borse di alto valore.

In carcere sono finiti Nicola Sansolini, direttore responsabile della struttura complessa area gestione tecnica della Asl di Bari (fino al gennaio 2024) e poi dirigente dell’Uoc Ingegneria clinica; Nicola Iacobellis, responsabile dell’edilizia sanitaria della Asl Bari; Concetta Sciannimanico, funzionaria dell’Uoc Area gestione tecnica della Asl Bari; Giovanni Crisanti, amministratore della Costruzioni Bioedili srl, Ignazio Gadaleta, legale rappresentante della Gadaleta Ignazio srl e Nicola Minafra, titolare della Falegnameria Moderna di Ruvo di Puglia (Bari). Il giudice ha invece firmato gli arresti domiciliari per Paola Andriani, moglie di Iacobellis, Nicola Murgolo, legale rappresentante della Costruzioni Murgolo, Cataldo Perrone, titolare della Perrone Global Service srl, e Giuseppe Rucci, agente di rappresentanza e referente della Asl Bari della società Ism impianti servizi medicali srl.

I reati contestati sono a vario titolo associazione a delinquere, corruzione, falso, turbata libertà degli incanti e subappalti illeciti. Un’indagine – condotta dalla Guardia di Finanza, che fa emergere un “quadro inquietante di collusione” e un sistema di “corruzione endemica e molto radicata” (parole dei magistrati), ma che non sarebbe stata possibile con la nuova riforma sulle intercettazioni del governo Meloni che limita a 45 giorni la possibilità di tenere sotto controllo le conversazioni degli indagati. A dirlo è stato il procuratore di Bari Roberto Rossi: “Se entrerà in vigore la nuova disciplina sulle intercettazioni, indagini di questo tipo non saranno più possibili. Qui le intercettazioni sono andate avanti per mesi”. “Occorrono maggiori strumenti repressivi – ha aggiunto Rossi – se continuano a toglierli e a ridurli queste indagini non si faranno più”.

L’effetto perverso del tornado di corruzione era quello consueto: lavori di qualità più bassa e costi lievitati. “La corruzione incide sulla qualità dei lavori, e quindi dei servizi di cui si servono i cittadini. In alcuni casi – afferma il procuratore Rossi – gli stessi che approvavano i lavori si rendevano conto che il livello era talmente basso che non bisognava esagerare”. E intanto il costo per la collettività impennava. “Io ho stimato che di quei lavori forse 5mila euro stanno (…) Come li giustifichiamo gli altri 120mila euro?” chiedono a un certo punto gli indagati mentre parlano tra loro. A un imprenditore, spiegano gli inquirenti, erano stati dati “ampi margini di discrezionalità” nella “redazione dei computi metrici” che avrebbe comportato una maggiorazione dei costi, “di cui erano perfettamente a conoscenza” i pubblici ufficiali.

Come spiega Rossi in conferenza stampa l’inchiesta è nata a ottobre 2023 da un altro filone sulla Protezione civile regionale, per le quali è già stato condannato l’ex dirigente Mario Lerario. “Uno degli imprenditori coinvolti in queste inchieste – ha precisato Rossi – faceva riferimento ad altri appalti, e per questo abbiamo aperto un nuovo filone di intercettazioni, soprattutto ambientali”. Per provare ad aggirare eventuali indagini, il gruppo attuava delle cautele: negli uffici non avveniva lo scambio di denaro (che si trovava nascosto in buste o cartelline); gli indagati parlavano solo dopo aver lasciato il cellulare in stanze diverse; i contanti venivano lasciati nelle giacche, o in borse che si trovavano in macchina, e poi altri andavano a recuperarli.

Ai fini delle indagini sono state fondamentali le intercettazioni ambientali, nonostante le varie cautele utilizzate dagli indagati. Tra queste, anche lo scambio di “pizzini” nella stessa stanza per non essere intercettati. E proprio l’idea di essere sottoposti a perquisizioni ha spinto alcuni indagati a concordare tra loro una eventuale versione da dare agli inquirenti. “Se vengo a fare una perquisizione a casa tua e ti trovo 20mila euro in contanti, tu puoi dire: “Io quei 20mila euro li ho avuti da mio padre che mi ha dato…” (…) “…mi ha dato l’eredità, ce li aveva”, dicono gli indagati, intercettati. Oppure: “Io percepisco il fitto a nero, quelli sono tutti i fitti che io ho percepito e che ho tenuto… che ho tenuto da parte”. Ma tra loro si tranquillizzavano rispetto anche a eventuali processi: “Allora il cristiano lo puoi arrestare, però poi al processo, o comunque lo puoi indagare, ma al processo se ne uscirà pulito perché quello… l’avvocato dimostrerà che quei soldi dove sta scritto che è la tangente? Mica sta scritto sopra alla banconota ‘tangente’. Quindi tu… (…) per poter arrestare, devi fare… devi avere la flagranza di reato, che è una cosa quasi impossibile da fare”.