Cellulari vietati a scuola, ma non solo. All’istituto comprensivo “Marco Polo” di Prato la dirigente Giuliana Pirone non ne vuole sapere di chat tra insegnati; tra docenti e genitori e tantomeno tra ragazzi. Per comunicare si utilizza il registro elettronico o la mail. Quello della preside non è uno slogan, ma una vera e propria campagna contro quella che lei chiama “pandemia sociale”: la mancanza di relazioni autentiche, l’empatia, il dialogo.
Impossibile sanzionare o obbligare mamma e papà o gli studenti ad usare WhatsApp o altri social per comunicare, ma per maestri e professori non c’è scampo: “Possono scattare sanzioni disciplinari come previsto dal nostro regolamento”, ci spiega la dirigente. Pirone è decisa a fare sul serio. Per lei le chat, anche se sono adoperate ormai da tutti, sono un veicolo sbagliato, sono un’occasione per gli studenti e a volte anche per i genitori per insultarsi, per offendersi, per creare equivoci. Nessun “controllo”: se gli studenti o i genitori nel loro privato organizzano un gruppo non è nelle facoltà della scuola vietarli, ma la capo d’istituto è persuasa a convincere tutti a condividere le scelte della scuola decisamente orientate dalla dirigente.
“Credo che il governo – spiega Pirone – dovrebbe darci una mano in questo impegno regolamentando l’accesso ai social e alle chat. Bene ha fatto il ministro ad intervenire sull’uso dei cellulari che sono vietati in qualsiasi luogo di lavoro, ma è necessario disciplinare anche le piattaforme di scambio di messaggi. Se un genitore ha bisogno di parlare con un altro papà o un’altra mamma lo potrebbe fare tornando a una telefonata”. La preside ha sempre vietato l’uso dei cellulari a scuola perché impediscono di fare amicizie: “Ho visto bambini all’infanzia con profili TikTok personali, è un vero problema quindi all’ingresso di scuola, la mattina, gli studenti posano gli smartphone che poi riprendono solo a fine mattinata. Sono rigida sull’uso dei cellulari perché sono convinta che rappresentino un vero problema per le nuove generazioni. Noi adulti dobbiamo assumerci delle responsabilità”.
Il vertice del “Marco Polo” è persino stupita che la sua decisione possa essere una notizia, una novità perché – a detta sua – la decisione presa è comune ad altre scuole. In realtà, il divieto di uso dei cellulari è comune a tanti, ma quello delle chat è raro anche perché non è così semplice attuarlo. Al comprensivo di Prato hanno attivato corsi di teatro, scacchi, musica per favorire la relazione dei ragazzi. La volontà è quella di mettere in campo un’educazione al digitale a 360 gradi accompagnando i genitori a comprendere i pericoli della Rete per i figli. Una posizione che fa discutere e che ha creato anche qualche polemica tra chi non è d’accordo con la preside. D’altro canto in queste ore anche il ministro dell’Istruzione e del Merito dopo la circolare dei mesi scorsi contro l’uso dei cellulari è tornato a tuonare contro i social che – secondo l’inquilino di viale Trastevere – andrebbero vietati prima dei quindici anni.