Il 2024 sarà anche stata “una lezione magistrale sulla distruzione climatica”, come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel suo discorso ai leader mondiali (quelli presenti) alla Cop29. Il rapporto pubblicato dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, nel secondo giorno di Cop29, a Baku, in Azerbaigian, potrà anche rivelare che degli […]
Il 2024 sarà anche stata “una lezione magistrale sulla distruzione climatica”, come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel suo discorso ai leader mondiali (quelli presenti) alla Cop29. Il rapporto pubblicato dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, nel secondo giorno di Cop29, a Baku, in Azerbaigian, potrà anche rivelare che degli oltre 120 milioni di persone in fuga nel mondo, tre quarti vivono in Paesi fortemente colpiti dai cambiamenti climatici. Ma per il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev sono un “dono di Dio” le risorse di petrolio e gas del suo Paese, vittima di una “campagna ben orchestrata di diffamazione e ricatto”. Un film già visto lo scorso anno, alla Cop28 di Dubai, con Sultan al-Jaber. Discorso molto duro quello pronunciato da Aliyev nel primo dei due giorni dedicato al segmento di alto livello con i discorsi dei capi di Stato e di Governo. Tra numeri della ‘crisi climatica’, appelli dell’Onu e annunci dei leader, nella Cop ormai ribattezzata ‘della finanza’ si è molto parlato dell’altro macrotema, quello della riduzione delle emissioni. Ma anche del mercato del carbonio (con un accordo lungi dall’essere definitivo e condiviso) e dei combustibili fossili, nel Paese che fornisce all’Italia il 57% del suo petrolio e il 20% del gas prodotto. Lo sa bene la premier Giorgia Meloni, che domani pronuncerà il suo discorso alla Cop29 disertata da molti leader.
Un delicato equilibrio e le critiche del presidente Aliyev – Dalla Cop29, su questo fronte, non ci si attende chissà quale risultato. Se qualcosa di buono accadrà, sarà soprattutto sul nodo dei finanziamenti e della capacità di accordarsi sul nuovo obiettivo finanziario collettivo per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione energetica, ma anche ad adattarsi agli effetti della crisi climatica e a far fronte ai danni e alle perdite che questa comporta. L’unica speranza che si proceda, però, seppur lentamente, verso contributi nazionali (Ndc) dignitosi sul fronte della riduzione delle emissioni, risiede proprio nell’accordo sulle risorse economiche, che potrebbero spingere diversi Paesi a presentare Ndc ambiziosi entro febbraio 2025 e poi alla Cop30 del Brasile. Ma il clima non sembra dei migliori. Pochi gli Ndc fin qui pervenuti. Deludenti quelli di Emirati Arabi e Brasile. Si attende anche quello del paese che ospita la Cop, ma al momento il contributo nazionale dell’Azerbaigian non è stato presentato. Sono però arrivate le critiche del presidente. “Purtroppo, i doppi standard, l’abitudine di fare la predica agli altri paesi e l’ipocrisia politica sono diventati una sorta di modus operandi per alcuni politici, ong controllate dallo Stato e media di fake news in alcuni paesi occidentali” ha dichiarato Aliyev.
Gli annunci del primo ministro britannico e del presidente turco – Il primo ministro del Regno Unito, Keir Starmer, ha confermato che il Paese punterà, nell’Ndc, a ridurre le emissioni dell’81% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2035. Va ricordato che, però, la Gran Bretagna è piuttosto lontana dal raggiungere il suo attuale impegno, ossia un taglio del 68% al 2030, sempre rispetto ai livelli del 1990. Starmer ha anche confermato che il governo laburista terrà fede all’impegno di stanziare 11,6 miliardi di sterline in finanziamenti per il clima entro il 2026. Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, ha parlato dei “progressi” della Turchia nella riduzione dell’inquinamento (compreso il progetto ‘Rifiuti Zero’, lanciato nel 2017 sotto gli auspici della first lady, Emine Erdogan), anche se un’analisi di Climate Action Tracker ha definito ‘criticamente insufficiente’ l’ultimo piano d’azione della Turchia, con politiche per ridurre l’inquinamento incoerenti con l’Accordo di Parigi. Lunedì sera la Turchia, che ha proposto di ospitare la Cop31, ha presentato la sua Strategia di sviluppo a basse emissioni a lungo termine per il 2050, che delinea un percorso per raggiungere il Net Zero entro il 2053, quadruplicando le energie rinnovabili, migliorando l’efficienza energetica e con un percorso di decarbonizzazione di settori chiave come i trasporti, l’industria e l’agricoltura.
Una bozza di accordo sul mercato delle emissioni – I negoziatori della Cop29, nel frattempo, sembrerebbero aver raggiunto un primo accordo sul mercato del carbonio, meccanismo di scambio delle emissioni e dei crediti di carbonio (ITMO, Internationally Transferred Mitigation Outcomes), previsto dall’Accordo di Parigi con l’articolo 6, simile all’Ets europeo. Ma il condizionale è d’obbligo, dato che l’intesa è stata sbandierata saltando la discussione tra le delegazioni nazionali. Sulla carta dovrebbe permettere ai paesi che inquinano di meno di scambiare crediti con quelli più in ritardo sui loro obiettivi, ma le insidie sono tante. “Le parti hanno raggiunto un’intesa sugli standard per l’articolo 6.4 e per un meccanismo dinamico per aggiornarlo” ha detto il capo negoziatore della Cop29, l’azero Yalchin Rafiyev riferendosi allo scambio di diritti di emissione fra le imprese previsto al comma 4. Il comma 2 dell’articolo 6 riguarda invece gli scambi di diritti di emissione fra gli Stati. “Questo è un passo decisivo per concludere i negoziati per l’articolo 6 – ha aggiunto Rafiyev -. Sarà uno strumento risolutivo per indirizzare risorse al mondo in via di sviluppo e per aiutarci a risparmiare fino a 250 miliardi di dollari all’anno mentre attuiamo i nostri piani climatici”. Ma sono ancora molte le perplessità. Insomma, quella del mercato del carbonio è un partita tutt’altro che chiusa.