Mentre il centrodestra si scaglia contro i magistrati per le decisioni sui migranti, in Commissione Affari costituzionali alla Camera inizia il tour de force sul ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, varato dal Consiglio dei ministri a fine maggio. L’organo è stato convocato tutti i giorni fino a domenica dal suo presidente, il forzista Nazario Pagano: l’obiettivo è licenziare il testo in tempo per il 26 novembre, data in cui è previsto l’approdo in Aula dopo lo sprint impresso dal governo. Martedì mattina sono stati bocciati tutti gli emendamenti soppressivi dell’articolo 2, il cuore del provvedimento, la norma che modifica l’articolo 102 della Carta introducendo il principio delle “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”. Subito dopo la Commissione ha iniziato a discutere il decreto Flussi dell’11 ottobre, calendarizzato in Aula per il 21: l’esame del ddl sulla separazione delle carriere riprenderà in serata per proseguire in seduta notturna.

Parlando ai cronisti, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha confermato l’appuntamento del 26 per l’inizio della discussione generale in Aula, nonostante gli emendamenti da esaminare siano ancora moltissimi: “Resta la data 26, lo trovo necessario. È giusto che le opposizioni facciano il loro mestiere. Ogni emendamento vede interventi giustificatamente approfonditi e quindi il tempo per chiudere il provvedimento si allunga. Spero che si possa trovare un accordo e magari il numero di ore congruo per completare un dibattito che possa essere sufficientemente approfondito. Se per quella data il provvedimento non fosse completo si andrà in Aula con il testo base con tutti gli emendamenti respinti. Funziona così ma spero che non succeda”, ha spiegato.

Nel corso del dibattito sugli emendamenti in Commissione, il deputato M5s Alfonso Colucci ha ricordato che le funzioni di giudici e pm potrebbero essere separate anche con legge ordinaria, come di fatto già realizzato con la riforma Cartabia. “Perché allora”, ha chiesto, “intervenire a piedi uniti sulla Costituzione già martoriata dal Premierato? Perché il vero intento del governo Meloni e dei partiti del centrodestra è allontanare i pubblici ministeri dalla cultura della giurisdizione, che oggi è una assoluta garanzia per il diritto del cittadino di agire in giudizio e per il rispetto dell’articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza. Allontanando la pubblica accusa dalla cultura della giurisdizione li vogliono portare più vicini alla polizia giudiziaria e quindi all’influenza del governo e della politica in generale, per poi spingerli a riservare un trattamento di favore verso i reati dei potenti, dei colletti bianchi. Non a caso, accelerano su questa legge proprio nel pieno del più duro attacco che hanno voluto sferrare contro il potere giudiziario”, accusa.

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