La premier Giorgia Meloni può essere un ponte tra America e Europa “se resta fedele alle sue convinzioni fondamentali”, cioè se torna indietro rispetto all’atlantismo dimostrato nella prima fase di mandato, mentre alla Casa Bianca sedeva il democratico Joe Biden. Lo ha detto il teorico dell’internazionale sovranista Steve Bannon, stratega della campagna elettorale di Donald […]
La premier Giorgia Meloni può essere un ponte tra America e Europa “se resta fedele alle sue convinzioni fondamentali”, cioè se torna indietro rispetto all’atlantismo dimostrato nella prima fase di mandato, mentre alla Casa Bianca sedeva il democratico Joe Biden.
Lo ha detto il teorico dell’internazionale sovranista Steve Bannon, stratega della campagna elettorale di Donald Trump nel 2016, in una intervista al Corriere della Sera. Oggi, dopo aver trascorso quattro mesi in un carcere federale di bassa sicurezza per oltraggio alla corte nell’ambito dell’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, Bannon guida il braccio mediatico del movimento trumpiano Make America Great Again (Maga) ed è animatore di un podcast chiamato War room.
Nell’intervista, Bannon ribadisce i principi isolazionisti del movimento Maga: “Non abbiamo bisogno di aiuto da nessuno in Europa. I populisti hanno preso questo Paese, Trump è un grande leader e sono certo che sarà magnanimo, ma il movimento Maga, che è più a destra di Trump, dirà che l’Europa non ha fatto nulla per gli Stati Uniti. Vi abbiamo salvati nella Prima e Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda e in Ucraina. Basta”.
Interrogato sul ruolo di Giorgia Meloni e del governo di destra italiano, il teorico sovranista si mostra piuttosto critico con la premier “Abbiamo un modello, America First: riportare la sicurezza economica e lavorativa nel Paese. Se volete un partner, ok, sennò va bene uguale. Al movimento Maga non serve un ponte, perché Le Pen, Farage e Orbán sono con noi. Raccomanderei a Meloni: sii ciò che eri quando i Fratelli d’Italia erano al 3%”. Per Bannon, la svolta “atlantista” in politica estera della leader di Fratelli d’Italia è troppo moderata e vicina alla realpolitik democratica. Per questo motivo l’ex stratega di Trump scarta senza dubbi l’ipotesi di Roma come “ponte” tra Washington e l’Europa.
Bannon dice che “molti, nel movimento Maga, pensano che Meloni si è quasi trasformata in una Nikki Haley. È stata tra i più grandi sostenitori della continuazione della guerra in Ucraina. Però l’Italia non ha fatto abbastanza per tenere il canale di Suez aperto per il commercio: tra i gruppi tattici di portaerei là, credo che ci sia solo una corvetta italiana. Comunque penso che il suo atteggiamento cambierà con l’arrivo del presidente Trump, che la convincerà”. Ma, assicura Bannon, “penso che il suo atteggiamento cambierà con l’arrivo del presidente Trump, che la convincerà” a cambiare posizione sullo scenario ucraino.
“Trump dirà che vuole la pace in Ucraina. È evidente che vuole porre fine a questa semi-ossessione di spingere la Nato quasi in territorio russo. Lui non l’appoggerà, ma Meloni l’ha fatto, è stata al gioco”, ha detto ancora Bannon. “È piuttosto ovvio che aveva scommesso che Trump non sarebbe più tornato. La scommessa era sbagliata, non ha pagato. Ora che Trump è tornato, il movimento Maga è più forte che mai e ci prenderemo l’apparato della sicurezza nazionale e della politica estera.
Parlando di politica economica, Bannon conferma le preoccupazioni europee sulla politica dei dazi che il neo-eletto presidente vuole introdurre. “Sì, gli europei fanno bene a essere preoccupati. Non pagheremo per la vostra difesa mentre lasciamo che ci colpiate con accordi commerciali sbilanciati. Sì, i dazi stanno arrivando, dovrete pagare per avere accesso al mercato Usa. Non è più gratis, il libero mercato è finito, perché l’Europa ha abusato di noi, come hanno fatto gli altri alleati”.
Bannon fa sapere di non aver avuto contatti con Salvini: “Sono stato schierato al 100% nell’assistere Trump a tornare alla Casa Bianca: 20 ore al giorno per 4 anni, senza un giorno libero tranne quand’ero in prigione”. Per lui, la battaglia per la presa del potere di Trump è già cominciata e non può aspettare l’insediamento ufficiale il 20 gennaio 2025. “Non possiamo aspettare l’insediamento di Trump: la battaglia per il controllo del governo avviene in questo momento: alla Camera, al Senato, nello Stato amministrativo, alla Difesa, i giudici”, ha dichiarato al Corriere. La priorità del Maga è la “decostruzione dello Stato amministrativo” e il debito pubblico, “la principale minaccia alla sicurezza nazionale”.