Giustizia & Impunità

“Fatture false per 56 milioni”: 15 arresti a Catania. C’è pure il commissario dell’Arsai, nominato dal presidente della Calabria

“Tutti hanno avuto un ruolo fondamentale nel funzionamento del sistema”. E il sistema era quello delle fatture false per operazioni inesistenti finito al centro di una maxi-inchiesta della guardia di finanza e della Procura di Catania: 15 le persone arrestate per associazione a delinquere e frode fiscale. Tra i “tutti” c’è pure Sergio Riitano che, lo scorso aprile, il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto ha nominato commissario straordinario dell’Arsai. Si tratta dell’Agenzia regionale di sviluppo delle aree industriali che ha sostituito il Corap dove Riitano è, invece, commissario liquidatore sempre su nomina della Regione Calabria. Il governatore Occhiuto è completamente estraneo alle indagini.

Secondo la Procura di Catania, nell’associazione a delinquere Riitano aveva il compito di “procacciare, per conto dell’organizzazione, società alle quali proporre il core business del sistema criminale”. Quale fosse il core business è scritto nelle 400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Anna Maria Cristaldi. Dalle carte emerge un “meccanismo fraudolento in base al quale diversi soggetti societari, dopo aver creato fittiziamente crediti iva mediante acquisti di non precisati beni strumentali, utilizzano i relativi crediti per il pagamento di debiti erariali e contributivi dovuti in relazione a contratti di somministrazione di manodopera, mascherati da appalto”.

In sostanza l’inchiesta della Procura di Catania ha fatto luce su “sistema consorzio” che ha creato “un giro di fatture relative ad operazioni inesistenti pari a 56milioni 960mila euro”. Un sistema che, secondo gli inquirenti, “gravita attorno alle strutture riconducibili al ‘Consorzio Logatrans’ e al ‘Consorzio In&Out’”. Lo schema del consorzio era quello di “offrire alle varie committenti la possibilità di usufruire di forza lavoro senza i costi del lavoro attraverso le fatture per servizi che, in realtà, celano solo somministrazione illecita di personale”. Per farlo, il consorzio “deve necessariamente prevedere anche un parallelo sistema di sterilizzazione dei costi del personale dipendente previsti nelle buste paga dei lavoratori (per la componente afferente le ritenute erariali ed i contributi previdenziali e assistenziali) gravanti sulle società che sulla carta sono le datrici di lavoro, ossia le varie consorziate”.

Questa “sterilizzazione”, secondo i pm, “è resa possibile attraverso l’utilizzo da parte delle consorziate di falsi crediti iva generati dalla contabilizzazione e dichiarazione di acquisti imponibili iva di forniture, rese da soggetti economici costituiti al solo fine di emettere fatture relative ad operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, ossia le cartiere”. In questo modo guadagnavano tutti perché si sarebbe creato “un evidente vantaggio per il committente (utilizzatore della manodopera), in quanto nei contratti di appalto di servizi è la società affidataria dell’appalto (la consorziata) che assume l’onere di dimostrare di avere assolto agli obblighi contributivi, previdenziali e assistenziali previsti per il personale dipendente”. Personale che “prima di essere assunto da una o più delle (società, ndr) consorziate era stato alle dipendenze della società divenuta cliente dei consorzi ‘Logatrans’ e ‘In&Out’”.

In pratica, i dipendenti delle aziende che volevano risparmiare sul costo del personale venivano licenziati o non gli veniva rinnovato il contratto di lavoro a termine. E subito dopo venivano assunti dalle società consorziate che li rimettevano “a disposizione delle stesse società committenti tramite il contratti con il consorzio”. In questo modo, gli stessi dipendenti continuavano a fare le stesse mansioni per lo stesso datore di lavoro, il quale “senza soluzione di continuità, mantiene la direzione e l’organizzazione della prestazione lavorativa. Il tutto celato dietro le fatture emesse per ipotetici appalti di servizi che, in realtà, nascondono illecite somministrazioni di forza lavoro”.

Stando alle indagini della guardia di finanza, in Calabria, il consorzio poteva contare su Sergio Riitano definito, nel capo di imputazione, il “responsabile della rete commerciale per la Calabria e Lazio”. Per i pm, il commissario straordinario dell’Arsai, nominato dalla Regione, “di fatto è un dirigente dell’organizzazione”, un “consapevole procacciatore di clienti per le società del sistema consorzio” che gli aveva messo anche a disposizione una Mercedes Glc.

Tra i suoi clienti anche una società gestita da una cittadina cinese, tale “Alice”, che nel 2023 dopo un controllo della guardia di finanza decide interrompere il rapporto con il consorzio “In&Out”. “Non si sentono tranquilli, non si sentono sereni su queste cose… la loro preoccupazione è la genuinità dell’appalto… loro non hanno cambiato idea semplicemente vogliono in questo momento di eh…osservazione stare in una posizione diciamo…tutelata. E l’unica posizione tutelata è che se li assumono loro (i dipendenti, ndr)…due mesi tre mesi non lo so”. Alle perplessità di un collaboratore della cittadina cinese, Riitano ha risposto: “Proprio mo che prendiamo una strada corretta, mo mi dici no… si procede per bene e in modo non pulito ma di più quindi ora si fa tutto per bene…”.

Nelle intercettazioni c’è spazio anche per gli impegni istituzionali del commissario straordinario dell’Arsai alla Regione Calabria. In particolare, ne parlano Antonio Paladino e Gaetano Sanfilippo, ritenuti i capi promotori dell’associazione a delinquere e per questo finiti in carcere. I due indagati si riferiscono all’incarico di Sergio Riitano come commissario del Corap: “Il bello che quello si iscrive a Forza Italia… e dichiara che non è iscritto in nessun altro partito… tu dichiari che non sei iscritto… e di fatti… il commissario della Corap è iscritto a Italia Viva”. “Ormai è… troppo proiettato sul Corap cioè guarda avanti… non lo so avrà capito che gli incarichi pubblici sono…il tempo…ora se lo tira Roberto Occhiuto appena Roberto cade buonanotte…quello si è innamorato del posto… diecimila euro al mese Tony ma appena cade sono finite tutte cose…. si è troppo convinto che deve fare la vita del…dirigente pubblico…gli è piaciuto …siccome non fa un ‘cazzo’ eh…lo rispettano”.

Dalla conversazione è chiaro che, per i due indagati, alla Regione Calabria Sergio Riitano “è il numero due dopo Roberto Occhiuto… comanda lui”. “Ha un incarico veramente importante cioè Occhiuto è come… non gliene…manco lo controlla perché è amico suo…”. L’ “amico suo” per il quale, motivando l’ordinanza di arresti domiciliari, il gip scrive che “sussistono il pericolo di reiterazione di reati e di inquinamento probatorio”. Eppure, appena sei mesi fa, dopo aver “visto il curriculum vitae del dottore Sergio Riitano”, il governatore Occhiuto non ha avuto dubbi e lo ha nominato “Commissario straordinario dell’Agenzia regionale di sviluppo delle aree industriali e per l’attrazione di investimenti produttivi”.

In senso lato, all’Arsai Riitano sarebbe stato una sorta di procacciatore d’affari per conto della Regione Calabria che, in cambio, gli ha pagato fino a ieri “una retribuzione onnicomprensiva pari a quella prevista per i dirigenti generali”. Il decreto di nomina Occhiuto lo ha firmato l’8 aprile 2024. Sei giorni prima, il 2 aprile, la Procura di Catania aveva fatto la stessa cosa con la richiesta di arresto.