Horacio Pagani racconta al Fatto Quotidiano il viaggio di una vita nella creazione di automobili, che sono molto più di semplici mezzi: sono manifestazioni di una visione e della continua ricerca di bellezza e innovazione. Pagani ci parla di Utopia, il nuovo capitolo che raccoglie l’eredità della Zonda e della Huayra, intrecciando il desiderio dei […]
Horacio Pagani racconta al Fatto Quotidiano il viaggio di una vita nella creazione di automobili, che sono molto più di semplici mezzi: sono manifestazioni di una visione e della continua ricerca di bellezza e innovazione. Pagani ci parla di Utopia, il nuovo capitolo che raccoglie l’eredità della Zonda e della Huayra, intrecciando il desiderio dei clienti con la sua personale idea di perfezione. In questo scambio, emergono l’anima artigianale e l’ambizione instancabile di un marchio, tra sfide tecniche e sogni che spingono sempre oltre il limite dell’ordinario. E sull’elettrico ci confida…
l’Utopia rappresenta il terzo atto della sua carriera, dopo la Zonda e la Huayra. Con questo modello è riuscito finalmente a realizzare “l’auto più bella del mondo”, come diceva un tempo?
“L’Utopia è un sogno. È la realizzazione di un percorso iniziato tanti anni fa. Quando in Pagani iniziammo a realizzare auto, cercavamo di concentrarci su quello che avrebbe voluto il cliente. Con la Zonda, abbiamo ricercato il concetto di leggerezza e precisione; con la Huayra, è stato tutto incentrato sull’aerodinamica. Utopia è qualcosa di diverso. Quel “costruirò l’auto più bella del mondo” lo dissi all’ingegner Alfieri: “Mi faccia pulire per terra, ma si ricordi che sono venuto per fare la macchina più bella del mondo.” Avevo poco più di vent’anni e volevo assolutamente lavorare nel suo team. Solo in quel momento della vita puoi dire una cosa del genere. Oggi non avrei il coraggio nemmeno di pensarlo. Utopia è un’auto che unisce le idee dei clienti e le mie passioni. È una macchina nata a quattro mani, frutto di tante conversazioni, una ricerca condivisa di stile e bellezza”
Sono già state realizzate due versioni di Utopia. Sono previste ulteriori declinazioni in futuro?
“Beh, guardando al nostro passato si può intuire cosa ci aspetta. Con la Zonda abbiamo iniziato con la versione S, poi la F, e da lì sono nate diverse edizioni speciali. Con la Huayra, abbiamo seguito un percorso simile. Credo che anche Utopia si evolverà allo stesso modo. Abbiamo clienti che sognano versioni ancora più performanti, altrettanto esclusive e uniche. Non è solo un’idea nostra, è una richiesta che arriva da loro. E in Pagani ascoltiamo sempre i clienti”
Utopia, come le sue precedenti creazioni, è fatta in fibra di carbonio. Quanto conta la scelta dei materiali?
“La fibra di carbonio è come una tela per un pittore. La ricerca sui materiali è iniziata in Lamborghini, e da allora non si è mai fermata. Abbiamo sviluppato oltre 40 materiali compositi esclusivi, come il carbotitanio e tessuti specifici. In quasi 40 anni, abbiamo raddoppiato la rigidità strutturale dei nostri materiali. Ogni anno creiamo qualcosa di nuovo. Dobbiamo farlo perché vogliamo mantenere le nostre auto leggere, sicure, e sempre un passo avanti. È nel nostro DNA, è un continuo evolvere, ma sempre con rispetto per la loro essenza”
Il mondo dell’auto si muove sempre più verso l’elettrificazione. Pagani ha preso in considerazione questa possibilità?
“Il discorso è molto complesso. Abbiamo avviato il nostro progetto elettrico già sette anni fa. Abbiamo creato un team dedicato e investito tempo e risorse esplorando diverse soluzioni, cercando di comprendere fino in fondo le potenzialità dell’elettrico. A quel punto abbiamo sottoposto il nostro progetto a Mercedes-AMG, nostro storico partner tecnico, e loro ci hanno messi in contatto con la divisione delle power unit ad alte prestazioni per la Formula 1. Successivamente, quando il fondo sovrano dell’Arabia Saudita, il Public Investment Fund (PIF), è entrato nel capitale di Pagani, abbiamo avuto accesso anche alle tecnologie di Lucid, un produttore di auto elettriche estremamente avanzate. È stato affascinante approfondire queste nuove aree tecnologiche, ma c’è stato un ostacolo: i nostri clienti non sono interessati all’elettrico.
Alla fine, se manca l’interesse da parte loro, non ha senso proseguire su questa strada”
Con Pirelli avete sviluppato un nuovo pneumatico dedicato, il Cyber Tyre, che potrebbe avviare una vera rivoluzione nel mondo dell’auto. Come funziona e cosa rappresenta per voi?
“È un progetto incredibile. Abbiamo il privilegio di collaborare con Pirelli fin dal 2008 su progetti speciali, come la tecnologia MIRS e gli pneumatici sviluppati con l’ausilio delle più avanzate tecniche di intelligenza artificiale. E il Cyber Tyre è l’ultima frontiera: stiamo lavorando insieme da otto anni sullo sviluppo di questo pneumatico. E’ dotato di un sistema di sensori avanzati che può comunicare con una centralina di bordo, la quale la riconosce (estiva, invernale, Trofeo RS) e analizza vari parametri in tempo reale: dalla pressione alla temperatura, fino al tipo di fondo stradale. La centralina, sulla base di queste informazioni, imposta una mappatura personalizzata che ottimizza l’esperienza di guida e aumenta la sicurezza. Ma non ci siamo fermati. Stiamo lavorando su ulteriori sviluppi che permetteranno una comunicazione ancora più sofisticata tra il pneumatico e la vettura, rendendo possibile l’interazione con elementi come gli ammortizzatori e i sistemi di dinamica attiva del veicolo. Questa innovazione è davvero rivoluzionaria: la consideriamo al pari della cintura di sicurezza o dell’ABS. Quando sarà adottata su larga scala, porterà a un enorme passo avanti in termini di sicurezza stradale, contribuendo a salvare vite”
Dopo la sua esperienza in Lamborghini, nel 1991 decise di fondare la sua azienda, Modena Design. Cosa la spinse a intraprendere questo percorso imprenditoriale?
“Dopo anni di collaborazione con Lamborghini, sentivo l’esigenza di esprimere appieno la mia visione nel campo dei materiali compositi e del design automobilistico. Fondare Modena Design mi ha permesso di sviluppare tecnologie avanzate e di lavorare su progetti che riflettevano la mia passione e creatività. È stato un passo naturale per realizzare il sogno di costruire l’automobile più bella del mondo”
C’è qualcuno che ha lavorato in Pagani e poi ha lasciato l’azienda per fondare una propria impresa? Cosa pensa di questa scelta?
“In realtà sì, alcuni ragazzi che hanno lavorato in Pagani hanno poi scelto di intraprendere la propria strada. È una cosa che, da imprenditore, mi fa piacere vedere. Vorrei che ogni anno una o due persone lasciassero l’azienda per avviare un’attività propria, perché penso che questa crescita trasversale sia importante, anche a livello sociale. Ogni volta che un giovane sceglie di mettersi in proprio, genera un impatto positivo, crea posti di lavoro e fa crescere l’economia. Certo, oggi è difficile lanciarsi in proprio, soprattutto in Italia, dove la burocrazia è pesante e le regole sono spesso difficili da rispettare. Ma chi riesce a superare questi ostacoli ha davanti grandi possibilità”
Parlando di heritage, lei ha lanciato il programma “Rinascimento” per il restauro delle sue auto storiche. Ce ne parla?
“Questo programma è un pezzo di cuore. Ogni auto che esce dalla Pagani ha una storia unica, e noi conserviamo ogni dettaglio, come una cronaca meticolosa. Con il progetto Rinascimento, restauriamo ogni vettura riportandola alla perfezione originale, esattamente come era al momento della sua creazione. Prendiamo la prima Zonda, ad esempio: era quasi un prototipo, ha fatto crash test, esposizioni, chilometri su chilometri. Eppure, è stata riportata a nuovo per il ventesimo anniversario. È un lavoro di precisione, come riportare in vita un capolavoro. È il nostro tributo alla storia stessa di Pagani, ma anche ai clienti che credono in noi e ci accompagnano nel tempo”
Un’ultima domanda, personale. Lei è appena diventato nonno: questo nuovo “ruolo” sta influenzando in qualche modo il suo lavoro o la sua visione del futuro?
(Sorride, ndr) “In un certo senso sì, anche se forse in modo diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Essere nonno è meraviglioso, ma per quanto riguarda il lavoro, il mondo va avanti come sempre. Però, diciamo che c’è un po’ di “forza lavoro” in più in famiglia. Come si diceva una volta, i contadini facevano tanti figli per avere aiuto nei campi… ecco, magari un giorno le mie nipotine vorranno far parte del futuro di Pagani”.