Il vento della politica interna spagnola spira fino a Bruxelles. È un vento che viene da sud-ovest, un Libeccio caldo e potente che nella capitale dell’Europa si è trasformato in un tornado abbattutosi sui Palazzi dell’Ue. La guerra lanciata da Vox e soprattutto dal Partito Popular alla candidatura di Teresa Ribera sta minando alle basi il progetto di Ursula von der Leyen sulla squadra di nuovi commissari, con il rischio di un effetto domino in grado di far crollare tutta la struttura sulla quale si regge la nuova squadra del Berlaymont. Le nomine dei sei vicepresidenti esecutivi, tra cui c’è anche l’italiano Raffaele Fitto, rimangono in standby a tempo indeterminato, con i Socialisti che rispondono all’imboscata dei Popolari minacciando di far saltare proprio l’esponente di Fratelli d’Italia. Toccherà di nuovo alla presidente della Commissione mediare e mettere pace all’interno della sua maggioranza. Se non dovesse riuscirci, a Bruxelles si aprirebbe una crisi politica che potrebbe rimettere in discussione tutte le cariche all’interno della nuova Commissione.
Ribera la ‘pasdaran’ del clima che non piace agli imprenditori
Le audizioni dei commissari Ue erano filate lisce fino all’ultimo giorno, salvo qualche richiesta di ulteriori chiarimenti, come nel caso dell’ungherese Olivér Várhelyi, commissario designato da Viktor Orbán che, anche in caso di bocciatura, non provocherà scossoni nella maggioranza europea, dato che intorno ai Patrioti è stato creato un cordone sanitario. Anche l’audizione di Fitto, salvo qualche domanda più incalzante della coordinatrice di The Left, la pentastellata Valentina Palmisano, è filata liscia. Ma nella serata di martedì, quando al banco della commissione Ambiente si è seduta Teresa Ribera, è iniziato un attacco senza esclusione di colpi da parte di Ppe e Patrioti che hanno tentato di attribuire alla ministra per la Transizione Ecologica la responsabilità della strage climatica di Valencia. Le opposizioni spagnole sono arrivate a dire, con il coordinatore dei Patrioti e membro di Vox, Jorge Buxadé, che la ministra socialista vorrebbe “nascondersi” a Bruxelles e che “non dovrebbe far parte del collegio dei commissari”, ma che dovrebbe invece “essere seduta in tribunale” in attesa del giudizio per le sue azioni. Parole ripetute dalla vicepresidente del Ppe, l’esponente del Partido Popular Dolors Montserrat, secondo cui Ribera dovrà rispondere “in tribunale del suo ruolo nel disastro”.
Il tutto, secondo quanto apprende Ilfattoquotidiano.it da fonti parlamentari, ha un’origine ancora più profonda. Non si tratterebbe solo di pura opposizione politica al governo di Pedro Sanchez sfruttando il disastro climatico di Valencia, bensì una strategia legata a pressioni di una certa parte dell’imprenditoria spagnola che vede nell’ascesa a Bruxelles della ‘pasdaran’ del clima Teresa Ribera un rischio per i loro business in termini di nuove norme green imposte dall’Ue. Inoltre, il 20 novembre, Ribera tornerà di fronte all’Assemblea spagnola, altra occasione per le opposizioni che sperano di poterla attaccare nuovamente.
Bocciano Ribera? I Socialisti minacciano di far saltare il banco
Come è chiaro fin dal giorno successivo alle elezioni, far cadere anche una sola tessera del domino europeo significa innescare una reazione a catena che rischia di trascinare l’Ue in una crisi politica senza precedenti. Da mesi i Socialisti si oppongono al conferimento di una vicepresidenza esecutiva per l’esponente di Fratelli d’Italia, dato che il suo gruppo politico, i Conservatori, non fanno parte della maggioranza Ursula che ha permesso alla tedesca di ottenere il via libera alla riconferma sia in Consiglio Ue sia in Parlamento. Un’opposizione che è rimasta ma che S&D, in nome della buona riuscita delle trattative e della preservazione proprio della figura di Ribera, ha lasciato fino a oggi a decantare. Adesso che la spagnola viene messa in discussione da esponenti del Ppe, con il quale era stato siglato informalmente un accordo di non belligeranza sui rispettivi candidati, i socialisti che più di tutti osteggiano il conferimento dell’incarico a Fitto, i francesi, sono tornati a minacciarne la bocciatura.
“Un vino rosso è un vino rosso”, non si può avere “un accordo a luglio” e una “maggioranza con l’estrema destra a novembre”, ha dichiarato il leader dei socialisti francesi, Raphael Glucksmann. La capogruppo di S&D a Bruxelles, la spagnola Iratxe García Pérez, attacca l’omologo del Ppe, Manfred Weber, accusandolo di tradimento: “Abbiamo visto che la leadership del Ppe è disposta a mettere a rischio la stabilità delle istituzioni Ue in un clima geopolitico difficile, rompendo l’accordo politico delle forze democratiche filo-europee nel Parlamento europeo per amore di un’agenda distruttiva del Pp spagnolo che attacca la vicepresidente esecutiva designata Teresa Ribera cercando di farne un capro espiatorio per la propria incapacità di gestire le inondazioni di Valencia. Di fatto ha preso in ostaggio il Ppe, spingendo l’intera Unione europea sull’orlo del baratro nel modo più irresponsabile. Il Ppe dovrà spiegare ai cittadini europei perché hanno rotto la storica maggioranza europeista e se vogliono davvero schierarsi con i populisti di estrema destra. Il futuro dell’Europa è nelle nostre mani. Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità e ad agire nell’interesse europeista dei cittadini che ripongono in noi la loro fiducia alle elezioni. Spetta al Ppe spiegare la propria posizione”.
Parole, quelle di Iratxe García Pérez, che riflettono il pensiero di tutto il Partito Socialista spagnolo, disposto a chiudere più di un occhio sull’incarico a Raffaele Fitto per poter mettere all’Ambiente una figura come Ribera. Il Pd, invece, sul tema è spaccato. C’è chi, per non complicare la vita agli spagnoli e non venire accusato di anti-italianità, non condivide la guerra sulla vicepresidenza a Fitto. Altri, però, come l’europarlamentare Brando Benifei, ritengono che l’incarico di vicepresidente esecutivo per l’esponente di un partito fuori dalla maggioranza Ursula sia inaccettabile, sancendo così la divisione interna ai Dem. E questa posizione, dopo lo sgarbo dei Popolari, sta prendendo campo nel gruppo S&D che adesso chiede una riduzione a cinque del numero dei vicepresidenti esecutivi, con l’esclusione proprio di Fitto, e la revisione delle deleghe di Varhelyi. In caso contrario, i Socialisti si tireranno fuori dalla maggioranza, con von der Leyen costretta a cercare voti a destra.
Vicepresidenti in standby: ora tutto è in mano a von der Leyen
La strategia della destra spagnola ha iniziato a far agitare le acque a Bruxelles già dalla serata di lunedì, quando è circolata per la prima volta la notizia di un possibile accorpamento delle valutazioni sui vicepresidenti nella tarda serata di martedì. L’indiscrezione ha trovato conferma a mezzogiorno del 12 novembre, al termine del primo slot di audizioni, ma si è presto capito che il rinvio non aveva una data e che la situazione rimaneva congelata. Sembrava solo un problema di tempistiche, con i Socialisti timorosi di subire imboscate dalla destra, dato che proprio Ribera era stata collocata nell’ultimo slot utile. Invece c’era qualcosa di più: l’azione dei Populares per boicottare la nomina della ministra spagnola era già iniziata e ha trovato conferma durante e dopo la sua audizione.
La rottura nella maggioranza brussellese è quindi un dato di fatto e adesso da più parti si invoca l’intervento di una silenziosa Ursula von der Leyen, l’unica in grado di prendere in mano la situazione per cercare di ricomporre tutti i cocci di un vaso ormai in mille pezzi. Ci ha già provato alle 13, quando si è riunita con i capigruppo di Socialisti, Ppe e Liberali per cercare una mediazione che sembra ancora molto lontana. Tutte le forze in campo dovrebbero “evitare” che il processo di nomina della nuova Commissione europea finisca in uno “stallo” che sarebbe “dannoso per tutti – ha cercato di mediare la capogruppo di Renew Europe Valérie Hayer – Denunciamo e deploriamo l’azione irresponsabile di tutte le forze politiche che non contribuiscono a una soluzione responsabile, praticabile e affidabile. Denunciamo e ci rammarichiamo che i contenuti siano presi in ostaggio da giochi e interessi politici che non contribuiscono ad alcun lavoro costruttivo. Ad essere danneggiata è la vera natura delle audizioni. Rinnoviamo ora, come attori responsabili e costruttivi che cercano una forte unità in un’Ue efficace, l’appello a tutte le parti a tornare al tavolo per avere un esito responsabile, per evitare un collasso politico, per evitare uno stallo politico ingovernabile e disfunzionale che danneggerebbe l’interesse di tutti”. Adesso, concludono, “la presidente della Commissione europea deve agire e assumersi la responsabilità adesso, per superare questa situazione di stallo e costruire ponti per tornare al tavolo e lavorare come una piattaforma forte, centrista, responsabile”. Anche perché in gioco c’è anzitutto il futuro della sua nuova Commissione.