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“Ansia da evacuazione”, perché non si riesce ad andare in bagno fuori casa? Gli esperti: “Basta stigma. Sopprimere gli stimoli comporta dei rischi per la salute”

Se il momento del bisogno non è proprio quello opportuno, può capitare di doversi trattanere, ma il rischio nasce quando dei bagni estranei non se ne vuole sapere

Testo di Giuliana Lomazzi
“Ansia da evacuazione”, perché non si riesce ad andare in bagno fuori casa? Gli esperti: “Basta stigma. Sopprimere gli stimoli comporta dei rischi per la salute”

A tutti può capitare che arrivi impellente lo stimolo nel momento meno opportuno e di dover rimandare per un po’ l’evacuazione. Il vero problema nasce quando dei bagni estranei proprio non se ne vuole sapere e si aspetta di rientrare a casa. Siete fermi al semaforo o in coda al supermercato ed ecco un significativo sommovimento nella pancia. Non potendo espletare dove capita, è giocoforza rimandare a tempi migliori, preferibilmente quanto più vicini possibile. Fin qui tutto bene. Diverso è il caso quando di regola si rifiuta un bagno che non sia il proprio – treno, aereo, ufficio, bar o casa di amici. Certo, non tutte le toilette sono comode e appartate, ma quando si deve stare fuori tutto il giorno, o addirittura più giorni, qualche ragionevole compromesso ci vuole.

Eppure ci sono persone che proprio non cedono e reprimono lo stimolo fino al ritorno a casa, anche molte ore dopo. Intanto, devono sopportarsi dolori di pancia e gonfiori addominali, oltre che trattenere flatulenze che cercano insidiosamente di farsi strada verso l’uscita. Ma perché resistere a ogni costo? Lo spiega al Fatto Quotidiano la dott. Francesca Bergamo, psicologa e psicodiagnosta dello studio associato Arp di Milano.

Dal tabù alla fobia
“Non c’è una risposta univoca a questa domanda. Può dipendere da una forma di imbarazzo e di vergogna per il fatto di provare uno stimolo fisico in mezzo ad altra gente, la paura di fare una brutta figura”. Si passa dal timore di segnalarsi in bagno con rumori forti e cattivi odori, alla vergogna di mostrarsi agli altri “dopo”, con l’idea che tutti abbiano capito e che guardino strano la persona rea di… essersi scaricata! Un po’ come i bambini, si continua a pensare alla cacca come a qualcosa di sporco (o di cui ridere sotto i baffi).

“Ancora oggi andare in bagno è tabù, è associato a qualcosa di sporco da tenere nascosto. Benché sia una funzione naturalissima che svolgono tutti gli esseri viventi, non se ne può parlare, provoca imbarazzo – osserva l’esperta -. Ne può derivare un’ansia fortissima che blocca l’evacuazione”. Non va dimenticato che l’intestino è il secondo cervello e reagisce emotivamente agli stimoli indotti da situazioni di ansia e angoscia: si può allora bloccare, o esprimersi con dolorosi episodi di colon irritabile. “Inoltre l’intestino è abitudinario e risente anche di piccoli cambiamenti di routine o di luogo”. Non è insolito infatti che in vacanza faccia le bizze: incidono senz’altro il cambiamento di abitudini e di alimentazione, ma spesso colpisce pure il “blocco” davanti a toilette nuove. “All’origine di queste problematiche può esserci anche una monofobia, una fobia specifica per un determinato ambito: la paura di non riuscire a trattenersi, di fare una brutta figura, la paura dei germi. Così si trattiene il più possibile e alla fine non si riesce più ad andare in bagno”, aggiunge la dott. Bergamo.

Verso una soluzione
“L’idea che questa funzione corporale sia legata allo stigma di qualcosa di sbagliato è tipica dell’essere umano. Ma dato che l’evacuazione è la cosa più naturale del mondo, è necessario cominciare a parlarne per sradicare questo tabù. Serve un’opera di sensibilizzazione in tutti i luoghi opportuni – scuole, mezzi di informazione ecc. – per far recepire il messaggio che l’evacuazione è una funzione corporale normalissima. Se invece il problema dipende da una fobia occorre rivolgersi a un professionista”, conclude la psicologa. Dal punto di vista pratico si può cercare di selezionare sul proprio percorso quotidiano delle toilette che si ritengono idonee e usarle come punto di riferimento. In situazioni nuove si può cercare un bar grande, dove si passa più inosservati. Gli odori si mascherano un po’ tirando l’acqua non appena è uscito l’ospite, e se proprio capita qualche rumore, alla fine siamo nel luogo deputato, non nel bel mezzo di un banchetto! È importante comunque cercare di assecondare l’intestino, perché a lungo andare sopprimerne gli stimoli comporta dei rischi per la salute.

A rischio il benessere
Oltre a essere il nostro secondo cervello, l’intestino è essenziale per il sistema immunitario, perciò bisogna trattarlo bene e assecondarlo. Insistendo a trattenere i bisogni corporei si aumenta il rischio di stipsi, soprattutto se lo stile di vita è scorretto. “Le feci permangono troppo a lungo nel colon e si disidratano. Questo può accadere se l’alimentazione è povera di fibre, se non è adeguato l’apporto idrico, se si conduce una vita sedentaria o se si reprime lo stimolo alla defecazione. La stitichezza ostinata può causare emorroidi, ragadi anali, fecalomi (accumuli di feci indurite), prolasso rettale e vescicale (prolassi da sforzo)”, chiarisce la dott. Marzia Rossi sul sito di Auxologico IRCCS. Come se non bastasse, la stipsi cronica è tra i fattori di rischio per la diverticolite e l’incontinenza fecale. La prima è tristemente nota, la seconda comporta il rischio di perdere feci o gas perché a forza di reprimere lo stimolo intestinale non lo si percepisce più. Se era l’imbarazzo a trattenerci dall’andare in una toilette estranea, così è ancora peggio!

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