Il capo ultras dell’Inter Andrea Beretta ha deciso di pentirsi, di collaborare con la giustizia e dunque entrerà nel programma di protezione. La scelta è arrivata dopo un lungo incontro nel carcere di San Vittore con presenti il pm Paolo Storari, l’aggiunto Alessandra Dolci e i vertici della squadra Mobile e dopo settimane di pensieri […]
Il capo ultras dell’Inter Andrea Beretta ha deciso di pentirsi, di collaborare con la giustizia e dunque entrerà nel programma di protezione. La scelta è arrivata dopo un lungo incontro nel carcere di San Vittore con presenti il pm Paolo Storari, l’aggiunto Alessandra Dolci e i vertici della squadra Mobile e dopo settimane di pensieri contrastanti da parte di Beretta. Contemporaneamente e in modo del tutto corretto e coerente Mirko Perlino, il suo storico legale, venerdì ha rimesso il mandato.
Beretta, detto Berro, è attualmente accusato dell’omicidio di Antonio Bellocco, ex rampollo della ‘ndrangheta di Rosarno nonché suo ex socio negli affari criminali della curva Nord. Affari criminali per i quali lo stesso Beretta, assieme ad altri membri del direttivo, è indagato per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. “Vi parlerò dell’omicidio di Vittorio Boiocchi e della curva Nord”, ha dichiarato Beretta agli inquirenti. Ci sono voluti due mesi, dall’arresto del 4 settembre per l’omicidio Bellocco, dunque perché Berro prendesse questa sofferta decisione.
A convincerlo l’ultimo colloquio davanti ai magistrati milanesi titolari dell’indagine sulle curve di Inter e Milan. Un incontro a dir poco critico in cui i due magistrati hanno spiegato in sintesi che oggi come oggi l’ex capo della curva Nord ha le spalle al muro, che qui la sua vita è finita e anche la sua storia criminale legata allo stadio. Tutto questo dopo che nelle scorse settimane informalmente era stato comunicato alla Procura la decisione di Beretta invece di non collaborare. Se questa fosse stata la sua scelta avrebbe avuto davanti diversi anni di carcere e non solo per le accuse attualmente contestate.
Sulla sua testa, come ribadito più volte dagli inquirenti, pende la spada di Damocle di una vendetta mafiosa per la morte di uno dei figli prediletti delle cosche di Rosarno. E dunque questo assieme al pericolo concreto per i suoi due figli, entrambi minori, avuti dalla sua ormai ex moglie, lo ha portato alla clamorosa scelta. E dunque la collaborazione del Berro ora promette di aprire un nuovo e ancora inesplorato capitolo degli affari criminali di Milano, legati e non alle curve dello stadio Meazza. A partire, come ha spiegato lo stesso Berro, dall’omicidio di Vittorio Boiocchi, ex capo della curva, ucciso sotto casa la sera del 29 ottobre 2022 poco prima di Inter-Sampdoria.
Un caso che da allora è ancora senza colpevoli. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il movente sarebbe da cercare proprio all’interno delle dinamiche criminali dello stadio. E che Beretta sappia molto su questo fatto di sangue, lo ha già fatto intuire ai magistrati. Insomma per Beretta il piano si è fatto irrimediabilmente inclinato a partire da quel 4 settembre davanti alla palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio. La piccola auto bianca che fa marcia indietro per uscire, poi perde il controllo, avanza, sbatte contro il muro. Immagini viste ormai decine di volte. Dall’auto scende il capo ultras. Ha appena finito di uccidere con 21 coltellate Antonio Bellocco. Omicidio preventivo, ha spiegato l’inchiesta dei carabinieri. Berro uccide, dopo che Bellocco in una riunione di luglio gli aveva detto di lasciare gli affari della curva, altrimenti sarebbe stato ucciso. Per farlo, come svelato dal Fatto, si era organizzato già tutto. Anche di seppellire il cadavere del Berro sotto la calce viva. Peccato che Beretta sarà avvisato in tempo reale da chi doveva partecipare al suo omicidio. Per questo girerà armato i giorni prima del 4 settembre, per questo ucciderà Bellocco che però prima riesce a sfilargli la pistola e sparare ferendolo al fianco. E ora la storia di Beretta cambia e con buona probabilità anche quella della Milano criminale.