Cronaca

Canapa, indizi di retromarcia sul divieto delle infiorescenze. Prandini, Coldiretti: “Parleremo con Mantovano, arriveremo in tribunale”

Timidi segnali di retromarcia sulla canapa, da parte della maggioranza. L’articolo 18 del ddl Sicurezza, con gli emendamenti in discussione nella Commissione agricoltura del Senato, metterebbe al bando la pianta trattandola come uno stupefacente. Il disegno di legge è già stato approvato alla Camera dei deputati, il via libera di Palazzo Madama manderebbe in fumo un mercato in forte crescita, da circa tre mila imprese e 30mila lavoratori. Perciò le associazioni e gli addetti ai lavori sono sul piede di guerra, con molte aziende pronte a volare fuori dai confini. Anche Coldiretti, l’organizzazione degli agricoltori molto ascoltata a palazzo Chigi, oggi ha alzato la voce con il presidente Ettore Prandini.

“In tempi brevi potrà esserci un’interlocuzione col sottosegretario Alfredo Mantovano, proprio perché ci sia la possibilità di fare un approfondimento rispetto a quello che la filiera della canapa rappresenta come opportunità per il Paese Italia in termini di volumi d’affari”, ha dichiarato il numero uno di Coldiretti. Uno spiraglio di dialogo, dunque, che taglierà fuori il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. La palla ora è nelle mani di Mantovano, sottosegretario con la delega al Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. Un dettaglio indicativo: il divieto di “lavorazione e vendita” delle infiorescenze della canapa è giustificato dai presunti rischi per la sicurezza, secondo il governo. Eppure, nessuna ricerca scientifica avalla l’ipotesi degli effetti psicotropi della canapa, quando il Thc è al di sotto dello 0,5%. Prandini ha avvisato il governo: “Chiudere le attività produttive e soprattutto il futuro di migliaia di giovani noi lo riteniamo assolutamente inconcepibile”. Poi ha indicato le normative europee, ricordando l’obbligo di rispettarle.

Sarebbe una violazione delle regole comunitarie, impedire la vendita e l’importazione della canapa. La pianta, nelle sue varietà certificate, è classificata come prodotto agricolo dal Trattato sul funzionamento dell’Ue (Tfue), il massimo livello del diritto comunitario. Infatti consente di accedere ai fondi europei PAC. Già due sentenze della Corte di Giustizia europea hanno bocciato le limitazioni imposte dagli Stati alla produzione e circolazione di canapa. A sentir parlare Prandini, l’Italia potrebbe sollecitare la terza sentenza: “Non lasceremo soli i nostri imprenditori di canapa, a costo di arrivare nelle sedi giudiziarie”.

Il numero 1 di Coldiretti ha scandito il suo intervento dal convegno romano di palazzo Rospigliosi. Presenti anche le associazioni Filiera Italia e Ici (Imprenditori Canapa Italia), insieme al presidente della Commissione Agricoltura del Senato, Luca De Carlo di Fratelli d’Italia. L’esponente meloniano ha raccolto il grido d’allarme degli imprenditori, annunciando la disponibilità ad aprire un tavolo con gli addetti ai lavori per mediare con la maggioranza. “Il mio impegno è riuscire a capire e far capire come coniugare la posizione ferma del governo, verso chi ha abusato della legge 242 del 2016 (sulla filiera della canapa, ndr) con le legittime aspettative di chi ha investito in un settore che è parte da sempre dell’agricoltura italiana”, ha dichiarato il senatore. La prossima settimana dovrebbe tenersi un incontro tra De Carlo e alcune associazioni di categoria. Tra gli addetti ai lavori domani la prudenza: la speranza è la marcia indietro del governo, per la prima volta si apre un labile spiraglio, ma non tutti ci credono davvero.

Raffaele Desiante, presidente di Ici (Imprenditori canapa Italia), traccia il futuro della canapa industriale: “Il mercato globale dovrebbe crescere dai 6,8 miliardi di dollari nel 2022 a 18,1 miliardi di dollari entro il 2027,un tasso di crescita annuale composto del 21,6%. Se l’Italia manterrà il suo attuale tasso di crescita, il nostro settore potrebbe raggiungere un volume d’affari di oltre 1 miliardo di euro nei prossimi cinque anni”. Tradotto in posti di lavoro: almeno 10.000 nuovi occupati entro il 2029. A patto che il governo non uccida un mercato promettente, con l’articolo 18 del ddl sicurezza.