Politica

Costituente M5s, un’altra falsa partenza? A Conte si è ristretto il partito

Il Movimento 5 Stelle si avvia verso questa Assemblea Costituente, ribattezzata “Nova”, che dovrebbe segnare una nuova fase e rilanciarlo come un partito strutturato. Ma i numeri raccontano un’altra storia. Alle ultime elezioni per il Consiglio nazionale, nella circoscrizione sud, hanno votato appena 4500 persone, pari al 17% di tutti gli iscritti. Quindi in tutto il sud (il bacino di voti più grande per M5s) gli iscritti non superano le 25mila persone. È un dato sorprendente, soprattutto se paragonato ai tempi d’oro della piattaforma Rousseau, quando il M5S vantava più di 100.000 iscritti su tutto il territorio. Viene da dire: stiamo assistendo alla nascita di un partito “normale”, un partito “piccolo piccolo”!

Ho notato che tra i temi in discussione per la Costituente – dalla sanità alla giustizia, dalla transizione ecologica alla scuola, fino alle modifiche del codice etico – c’è una grande lacuna: nessun riferimento a modifiche nei processi di selezione e votazione dei futuri candidati del M5S. Che secondo me è il più grande problema un po’ di tutti i partiti ma sopratutto del Movimento. Possibile che, durante la discussione, nessuno abbia avuto niente da dire su questo punto?

Negli anni, il M5S ha scelto i propri candidati attraverso le primarie online, ma questo metodo non ha mai convinto nessuno tra gli analisti, ma nemmeno gli stessi vertici e prima Luigi Di Maio e poi Giuseppe Conte aggiungevano una loro lista di candidati aggiuntivi scelti dalle loro segreterie (come accade in tutti gli altri partiti). Le cosiddette “cliccarie” si svolgono in assenza di controlli esterni, con una partecipazione limitata e poco trasparente. Spesso i candidati vengono selezionati da una piccola parte della base, risultando poco rappresentativi e vulnerabili alle logiche di opportunismo che minano la coesione del gruppo.

Io ora vado a memoria e mi perdonerete se questi numeri – che confermano le crepe a mio avviso più profonde – differiranno di qualche cifra ma a me risulta che nella scorsa legislatura quasi la metà dei parlamentari eletti con il M5S ha abbandonato il gruppo, una percentuale altissima rispetto agli altri partiti e anche in questa nuova legislatura le cose non vanno meglio stando ai numeri pubblicati da openpolis. Questi cambi di casacca continuano a compromettere la credibilità del M5S, che perde coerenza e fiducia agli occhi degli elettori.

Vogliono davvero continuare a candidare persone che, dopo pochi anni o mesi di aula parlamentare, staccano la spina e si siedono tra le file di altri partiti? Possibile che nessuno si sia chiesto se proprio questo non sia il vero problema? Altro che doppio mandato! E’ questo il vero dramma, irrispettoso del voto di milioni di persone che scelgono (si fa per dire con le nostre leggi elettorali) un candidato M5S e dopo un po’ se lo ritrovano che milita in Forza Italia o in un altro schieramento. Si parla tanto di rinnovamento, di “Nova,” ma quando si arriva al punto cruciale della selezione dei candidati, si ricade sempre sugli stessi meccanismi, il pericolo dei voltafaccia resta e nessuno ne sta parlando. Così facendo ill M5S rischia di diventare il “quarto incomodo” tra le forze minori del centrosinistra, buono solo per dare manforte al Partito Democratico, quando serve e se serve.

Insomma c’è di nuovo il rischio di una “falsa ripartenza”, Nova rischia di somigliare agli Stati Generali del 2020, che dovevano rappresentare una svolta, ma si sono rivelati un flop (stratravolto a dire il vero anche dalla pandemia). Nonostante i buoni propositi, gli Stati Generali non risolsero le questioni interne e non rilanciarono il Movimento (e incredibilmente non furono mai pubblicati i risultati).

Quindi sì, il M5S è vivo, magari combatte ancora, ma sembra ormai destinato a percorrere la strada verso una progressiva “riduzione in scala”. Un nuovo PRI, PLI o PSDI? Potrebbe darsi. Partitini importanti, certo, che hanno avuto il loro ruolo nei primi anni della Repubblica, ma sempre sotto il 5%, sempre pezzi di un equilibrio più ampio, mai davvero trainanti. È questo il destino del Movimento di Conte? Diventare l’ennesima tessera in un puzzle di sigle minori? Un partito “piccolo piccolo” che serve agli equilibri di coalizione ma non porta una forza reale?