Sono serviti due anni di denunce e diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo affinché Laura Santi, cinquantenne di Perugia affetta dal 2014 da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, ottenesse l’autorizzazione ad accedere al suicidio medicalmente assistito. Giovedì 14 novembre, infatti, la commissione medica dell’azienda sanitaria Ausl Umbria 1 ha attestato la sussistenza di tutti e quattro i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato/Dj Fabo: la donna è capace di autodeterminarsi, affetta da una patologia irreversibile, provata da sofferenze fisiche e psicologiche ritenute intollerabili e dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Quest’ultimo requisito inizialmente non le era stato riconosciuto, ma l’orientamento della commissione è cambiato grazie all’interpretazione estensiva adottata dalla Corte costituzionale nella sentenza 135 del luglio 2024, secondo cui devono essere considerate “trattamenti di sostegno vitale” tutte quelle procedure “necessarie in concreto a assicurare l’espletamento di funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte in un breve lasso di tempo”.
Laura Santi, consigliera dell’Associazione Luca Coscioni, è la prima cittadina umbra e la nona in Italia a ottenere il via libera. Dopo aver chiesto per la prima volta la verifica dei requisiti nel 2022, la donna ha dovuto agire contro l’Ausl Umbria 1 in sede sia civile che penale per ottenere l’applicazione delle sentenze della Consulta. “Sono anni che lotto per difendere la libertà di scelta alla fine della vita. Una battaglia che porto avanti, per me e per tutte le persone che si trovano si troveranno in situazioni simili, da molto prima che la mia malattia si aggravasse e mi rendesse completamente tetraplegica, preda di dolori, spasmi e sofferenze quotidiane“, afferma. “Ora sono felice di sentirmi veramente libera di scegliere. I tempi di risposta del Servizio sanitario regionale, così come sono ora, sono intollerabili perché aggiungono sofferenza a sofferenza. Per questo, se ci fosse stata una legge regionale che stabilisce tempi certi di verifica, avrei evitato circa due anni di attesa. Mi auguro che il prossimo Consiglio regionale voglia finalmente discutere e approvare la legge “Liberi subito“, come chiediamo insieme all’Associazione Luca Coscioni da due anni”.